Gaetano Salvemini - Scritti vari (1900-1957)

Prefazione nazionalt'sti'che:necessaria premessa di quella impostazione storiografica che in questi tempi' è culminata nel limpido saggz:odi Claus Gatterer. Accanto a Battz'sti, abbiamo collocato la figura del socz'alùta austriaco Wilhelm Ellenbogen, esule politz"coanche lui negli Stati Uniti. Maestro e i'nsi·eme compagno fu, per Salvemini, Antom·o De Viti De Marco, incontrato per la prima volta nel 1904. Pugliese anche lui, aveva qui"ndicz'anni piu di Salvemi·m·; e, non meno del suo pù,, giovane amico, era uomo di calde passioni, di forte carattere. "Il suo spirito era un vulcano sotto i'l ghi"accio "'; mentre Salveminz", che cosi lo aveva felicemente definito, Salveminz', "anima di fuoco" anche lui, di ghiaccio ne aveva assai poco, come tutti" sanno. Fu la questione meridionale ad avvicinarli e, in relazione ad essa, la battaglia antiprotezionista, nella quale il pt'u anzi'ano pugliese fu maestro al secondo; e la collaborazione e, per qualche tempo, la condz"rezione dell'Unità; e la campagna contro la dalmatomanz·a e la slavofobi·a.Ma li univa anche qualcosa d'altro: il "ri'fuggire dalla retorica, dalla letteratura e dalle nuvolaglie filosofiche"; l'ammirazione per Cattaneo; l'imperterrito antifascismo. Infine, i piu giovani compagni della lotta anti"af scista e del/'esilio: Si"lvio Trentt"n, Giuseppe Donati, Camilla Berneri. Nessuno di loro - dirà pi"u tardi' il vecchio Salvemini, con una frase che spesso ri"corresotto la sua penna - gi·unse a vedere l'alba del nuovo giorno. Di qui il tono di accorata mestizi·a che avvolge questi' profili. Ch1.'udiamo la prima sezione col breve ri·cordo di Pi"ero Gobetti che egli scrisse poco prima di' morire: un ricordo non disgiunto dalla preoccupazione per l'Italia degli" anni Cinquanta, e i"ntriso di pessimismo, come tanti dei suoi ultimi scritti. Ma non senza una vena di speranza. "Gobetti": non tutto è andato perduto." 2. Scritti metodologici. - Anche per le pagine che ri"petutamente Salvemini dedi'cò, e talvolta con intervalli di molti· anni, alla metodologia delle scienze storiche, dobbi'amo rifarci, pri'ma e piu che ad altri, a Pasquale Vi"llari.Non già che egli" ammirasse i"n modo superlativo le teorie storiografiche dell'amato maestro. Fi"n dal 1918 aveva scritto: "Che le sue fossero profJri·olezioni· di metodo storico, non si può dire''; e lo ripeté, quasi con le stesse parole, nella prolusione fiorentina di tanti anni dopo. Ma Vi"llari gli aveva ri·velato qualcosa che rimase sempre al centro della sua visi"onedi ciò che fosse, o dovesse essere, il lavoro dello storico: l'entusi·asmo per le grandi si'ntesi·,per le i"deegenerali, "mastice necessario" per tenere insi"eme i· fatti indivi'duali, che senza quelle si ri"durrebberoa "polvere inutile"; i"l rigore della ri'cerca scienti'fica pi·u minuziosa, non disgiunto dal gusto delle letture pi·u disparate, da Agosti.no a Bossuet e a Tocqueville; e, infine, il rapporto fra la storia e la sociologia, e fra queste "scienze umane" e le scienze naturali, secondo i dettami allora imperanti· della cultura positz"vistica,di cui, come è noto, Villari era stato uno dei· primi· rappresentanti, se non addirittura, come voleva Ardi'gò, un precursore. Salvemini aveva respirato questa cultura fin dagli anni· universitari·; 12 BiblotecaGino Bianco

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