Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

L'Italia vista dall'America fra i piccoli proprietari sarebbe non solo tecnicamente impossibile ma sa– rebbe altresf un errore economico. La proprietà di queste terre dovrebbe venir trasferita a delle cooperative agricole, alle stesse condizioni che val– gono per le altre terre. La direzione tecnica dovrebbe rimanere affidata ad esperti. Prima che l'uragano fascista distruggesse le organizzazioni sindacali italiane, esisteva in Italia un fiorente movimento cooperativo. Vi erano molte associazioni ·formate da lavoratori agricoli che coltivavano tenute di notevole importanza, prese in fitto. Questo sistema cooperativo può essere richiamato in vita con le modificazioni richieste dal trasferimento di pro– prietà, ed esteso a varie parti d'Italia, e per mezzo di esso può facilmente risolversi il problema della terra che ha bisogno di investimento di capitali per il suo sfruttamento. Contro questo tipo di riforma agraria i socialisti ed i comunisti' faranno l'obiezione che essa conserva la proprietà privata della terra e aumenta il numero dei piccoli proprietari. Questi partiti hanno sempre dimostrato una scarsa conoscenza dei problemi agrari. Chiunque possegga l'esperienza dell'agricoltura che manca a molti socialisti e comunisti, sa che la terra non sopporta regole uniformi. Nella stessa zona, i terreni di collina. richiedono un trattamento affatto diverso di quello che occorre a quelli di pianura. Nella stessa pianura basta che vi sia una leggera dif– ferenza di livello perché sia necessaria l'adozione di metodi differenti, a seconda che vi sia possibile o meno l'irrigazione. L'agricoltura può essere socializzata su terreni adatti a metodi industriali intensivi (come sono chiamati dai tecnici), quali per esempio le aziende irrigue della bassa Lombardia. Ma laddove la qualità della terra non permette l'applica– zione di tali metodi, la socializzazione dell'agricoltura può condurre al disa– stro economico e provocare delle acute crisi sociali. Frutteti, vigneti, orti irrigui, fiori, esigono una fUra individuale. Tentare di socializzare l'agri– coltura là dove ogni pianta richiede una cura speciale e dove la macchina non può prendere il posto della mano dell'uomo, vuol dire uccidere la pro– duzione. È un fatto che non appen'a le condizioni delle classi agricole miglio– rano, e danno loro la possibilità di acquistare terreni, i piccoli proprie– tari rurali non solo non scompaiono ma si moltiplicano. La ragione è evi– dente. Nella maggioranza dei casi è il piccolo proprietario che riesce a strappare alla terra la massima produzione possibile. È un fatto ben no– to che il coltivatore esaurisce la terra se prevede di possederla soltanto per un breve periodo di tempo. Senza pensare all'avvenire egli ne spreme tutto quanto può dare. La vigna non dà frutto entro pochi mesi, ma entro un periodo di quattro o cinque anni; l'olivo deve aspettare da dieci a quindici anni. Il coltivatore pianta la vite e l'olivo soltanto se è pro– prietario della terra. Se prende in fitto la terra solo per alcuni anni, pianta il .grano o sfrutta gli alberi che sono già H, senza piantarne dei nuovi. In Italia si può predire con sufficiente sicurezza che, se la proprietà della 350 BibliotecaGino Bianco

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