Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

La fine del laissez-faire teresse della nazione. L'iniziativa privata deve essere rispettata. Perciò la gestione diretta rimane imbalsamata nella Carta del lavoro insieme al prin– cipio che il lavoro è un dovere sociale. 7 La legge 15 maggio 1933, che dava al Comitato corporativo centrale la facoltà di proibire la creazione di nuove fabbriche o lo sviluppo degli impian– ti esistenti, può essere considerata come il non plus ultra dell'intervento governativo negli affari. Di tanto in tanto, qualche comunicato ufficiale annuncia che un certo numero di permessi sono stati concessi o rifiutati. Ma essi non spiegano mai a quale genere di fabbrica sia stato permesso o proibito di essere creata o sviluppata. Neppure essi ci dicono per quali ragioni i permessi siano stati concessi o rifiutati. I grandi magnati dell'indu– stria possono esser certi che non verrà concesso nessun permesso a una società che desideri costruire un nuovo tipo di automobile, a un nuovo zuccherifi– cio, a una nuova impresa idroelettrica o per la produzione del rayon, o a nuovi stabilimenti chimici, senza il loro consenso. Come osservava nell'Eco– nomist, 5 gennaio 1935, un bene informato collaboratore, ogni volta che il sistema corporativo ha funzionato, "esso non ha prodotto altro che il piu . . ,, comune protez1on1smo. Ma se si prendono sul serio le affermazioni di Bottai, si è portati a credere che negli Stati Uniti il risultato delle leggi sul lavoro "sembra essere il trionfo dell'interesse dei singoli gruppi industriali piuttosto che il trionfo dell'interesse della comunità," mentre in Italia le corporazioni "sono in una posizione molto migliore di quella di ciascun gruppo industriale isolato al fine di regolare non soltanto gli interessi di gruppi particolari, ma anche gli interessi della comunità nel suo insieme." Negli Stati Uniti "un controllo corporativo della produzione nel senso italiano potrebbe ottenersi soltanto se, nelle presenti leggi si z·ntroducessero sostanziali cambi"amenti· tali da per– mettere una ben piu larga parteci·pazi·one dei lavoratori. " 8 7 Eccellenti analisi della politica economica della dittatura fascista dal 1926 in poi sono quelle di PE.R.RoUD, L' économie corporative et le système capitaliste, cit., e di RosENSTOCK-FRANCK, op. cit., pp. 331 sgg. Questa fase dell'attività fascista si è sviluppata del tutto al di fuori delle cosiddette istituzioni sindacali create dalla dittatura, e anche al di fuori del Consiglio nazionale delle corporazioni e delle corporazioni stesse. La storia dei rapporti tra capitale e lavoro sotto la dittatura fascista rappresenta solo un capitolo nella storia dell'intervento della dittatura nella vita economica del paese; essa non è l'intera storia. Nostro proposito è stato di scrivere questo solo capitolo. s Bo1TAI, Corporate State and N.R.A., cit., p. 623. 341 Bibloteca Gino Bianco

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