Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Scritti sul fascismo testa, avrebbe condannato, e nel motivare la sentenza prima ragionò, per nove pagine, colla testa sua di animale ragionevole, e poi concluse nelle ultime linee come avevano concluso le bestie irragionevoli, che avevano assolto gli imputati. A onor del vero bisogna riconoscere che quelle bestie irragionevoli fu– rono incoraggiate ad essere tali finanche dal pubblico ministero. Costui cor– minciò "col dolersi che era compito quanto mai difficile avventurarsi nel groviglio di un cos1 complesso procedimento nel quale tutto sfugge, si tra– sforma, ed anche l'evidenza dei fatti non sembra piu tale." Non c'è sordo peggiore di chi non vuol sentire. Poi sostenne, piu fiaccamente che poté, l'accusa contro Emanuele e Navale. Cos1 apd, a chi ne aveva e forse non ne aveva bisogno, la via per arrivare all'assoluzione. Chi tace innanzi a enormità di questo genere si rende complice delle altre enormità che saranno perpetrate domani. Non si tratta di mandare qualcuno in galera. Se i colpevoli fossero lasciati liberi dopo che ne fosse stata dichiarata la colpa, si potrebbe anche pensare che, mentre essi sta– rebbero in galera, i morti non risusciterebbero, e quindi si potrebbe ab– bandonare ogni idea di vendetta, dedicando il proprio pensiero al solo af– fetto per i morti. Ma qui non si tratta di questo. Qui non solo si assolvono i colpevoli, ma si getta il sospetto sul carattere morale delle vittime. Man– ca il coraggio di assolvere senz'altro gli imputati dichiarando che, secondo la dottrina fascista, certi assassint "non costituiscono reato." Ma si usa una formula dubitativa che getta un'ombra sulle personalità morali degli assassi– nati e dei loro amici politici: una formula che fa un viaggio e due servizi. Se noi rimanessimo silenziosi di fronte a queste infamie, ce ne renderemmo mallevadori col nostro silenzio. Perciò non intendiamo tacere. Perciò ripetiamo che il delitto fu com– piuto da cagoulards francesi per mandato ricevuto da un ufficiale del SIM italiano, Navale; che costui ricevé il mandato dal suo superiore, nel SIM, Emanuele; che costui lo ricevé certamente da Galeazzo Ciano; è incerto se i superiori di Emanuele nel SIM, Angioy e Pariani, si sieno lavate le ma– ni dell'affare quando ne furono informati, oppure abbiano confermato po– sitivamente il mandato; ma è assai difficile, per non dire impossibile, che Ciano e Anfuso abbiano agito di testa loro, e non per eseguire una volon– tà di Mussolini. Ed è assurdo pensare che Filippo Anfuso, fratello siamese di Galeazzo Ciano, sia rimasto all'oscuro del mandato, o l'abbia in alcun modo condannato. 632 BiblotecaGino Bianco

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