Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Memorie_e soliloqui e Mussolini; ma certamente vi erano scambi di idee, liste di futuri ministri in circolazione. Quando Sforza andò a trovare Giolitti a Bardonecchia in settembre, parlarono del ·futuro ministero, e disse a Giolitti che lo consi– gliava a prendere come ministro degli Esteri un altro che non fosse lui, che avrebbe suscitato troppe ostilità, mentre la sua politica, fatta da altri, sarebbe passata senza difficoltà. Giolitti gli rispose: "Hai ragione, ma chi?" Gli parlò con stima di Amendola, come di uomo d'avvenire (questo concor– da con quanto mi disse Amendola delle avances da lui fatte per una crisi a favore di Giolitti). Gli parlò con disprezzo di Mussolini (ma questo non esclude che avesse scambi di idee anche con Mussolini). Sforza pensa che Giolitti abbia voluto aspettare la designazione parlamentare, non solo per– ché la riteneva necessaria al suo prestigio, ma anche perché voleva... finire la villeggiatura. Sforza spiega l'atteggiamento di Lusignoli come glielo spie– gai io: Lusignoli era con Giolitti, e lavorava all'intesa Giolitti-Mussolini; la sera della crisi, avendo l'impressione che Mussolini, chiamato al telefono da Roma, fosse il piu forte, si buttò con Mussolini: è un funzionario che tira a mantenere la posizione. Sforza spiega la simpatia che Giolitti dimo– stra oggi per Mussolini, non solo col fatto che Giolitti si rende conto che Mussolini, nel precipizio degli eventi, non poté piu fare il Ministero con lui, Giolitti, ma sopratutto col fatto che Mussolini ha fatto le sue vendette su don Sturzo. Di don Sturzo Sforza ha stima. Dice che è uno dei pochissimi ita– liani, che non pretendono di saper tutto e sappiano stare ad ascoltare. Ma il partito popolare è, oramai, liquidato per un pezzo. Negli ultimi giorni che fu a Parigi, quando aveva già fatte le conse– gne a Romano Avezzana, Sforza assisté ad un incidente caratteristico. Era a Parigi Lord Curzon. Si discuteva della questione d'Oriente. Romano non aveva istruzioni. A un certo punto occorreva decidere se aderire a una deli– berazione franco-inglese o tacere: tacere era mettere fuori gioco l'Italia; aderire era agire senza l'autorizzazione di Mussolini. Su consiglio di Sfor.– za, Romano aderL Ma ebbe subito un rimprovero solenne di Mussolini: il quale, poi, riconobbe che Romano non poteva fare altrimenti. Sforza pensa che l'Italia, nell'ultima conferenza di Parigi, non doveva mettersi con Poincaré contro Bonar Law; ma proporre che la proposta di Bonar Law fosse discussa ed emendata; in questa maniera evitava che Po!n– caré, rimasto solo, fosse costretto a precipitarsi nella Ruhr, non avendo niente altro da fare. L'appoggio dato da Mussolini a Poincaré contro Bonar Law è riuscito funesto a Poincaré; e questi non ne serberà gratitudine a Mussolini. Sforza pensa che l'Italia deve fare oggi meno politica estera che sia possibile: dichiararsi pronta a collaborare a qualunque politica di pacifi– cazione, di ricostruzione economica dell'Europa, ma riconoscere di non essere in condizione di assumere essa l'iniziativa di questa politica e di– chiararsi neutrale fra i contrasti franco-tedeschi finché questi contrasti si 89 · BiblotecaGino Bianco

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