Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

Lezioni di Harvard: L'Italia dal 1919 al 1929 Il mm1stro della Guerra, quello stesso generale Caviglia che nell'aprile doveva condurre la "esauriente inchiesta" per l'incendio dell'Avanti! a Mi– lano, non negò nessuno di questi fatti, ma si limitò a dire che anche lui "seguiva con molta attenzione ,tutti questi problemi. " Le pensioni agli inva– lidi e alle famiglie dei caduti, e le visite mediche a coloro che accusavano infermità, venivano concesse solo dopo ritardi esasperanti. Questo in parte era dovuto allo stato di disordine in cui si trovavano le carte personali, ma per lo piu la ragione era che gli addetti ai comandi tiravano le cose il piu a lungo possibile per evitare di essere smobilitati. Un funzionario addetto alle pensioni che in un giorno sbrigò piu di dodici pratiche venne considerato dai - suoi colleghi un crumiro, e la loro ostilità fu tale che gli resero la vita im- • possibile. Eppure, lavorando sul serio, un solo funzionario avrebbe potuto sbrigare almeno quindici pratiche al giorno. I reduci e le famiglie dei caduti si sentivano defraudati dei loro diritti, da un "governo" che dava prova di cattiva volontà e da una "borghesia" malvagia. Per molti generali e colonnelli, il modo piu .sicuro per rendersi indi– spensabili era una nuova guerra. Nel 1919 il comando supremo dell'esercito e della marina ·aveva allo studio piani per non meno di altre quattro guerre: una guerra in Georgia contro i bolscevichi russi; una guerra in Asia Mi– nore contro i turchi; una guerra in Albania contro gli albanesi, la Grecia e la Yugoslavia; e una guerra in Dalmazia e in Slovenia contro la Yugoslavia. Nel giugno del 1919 cominciarono a circolare voci di un complotto per un colpo di stato militare; si sarebbe dovuto sciogliere la Camera dei depu– tati, e arrestare " i responsabili dei disastri del paese," dichiarare illegali le organizzazioni operaie e iniziare una guerra contro la Yugoslavia. Il Duca d'Aosta (cugino del Re), il generale Giardino, D'Annunzio, Federzoni e Mussolini avrebbero fatto parte del complotto; gli "arditi" e gli ufficiali avrebbero costituito le forze di combattimento. Giardino, Federzoni, D'An– nunzio e Mussolini smentirono quella "stupida chiacchiera," quella "favola idiota "; ma, intervistato dal Corriere della Sera, Giardino ammise che in conversazioni private al Senato coi suoi colleghi, egli aveva sostenuto la ne– cessità di " sentire libera e genuina la voce del popolo, " per " prevenire qua– lunque moto inconsulto," e dare "a questo popolo affidamenti precisi che ·avrà facoltà e modo di esprimere il suo volere mediante la nomina legale della sua rappresentanza politica." "È chiaro? E non ho altro da dire." 16 Non era chiaro affatto, dato che non aveva spiegato se tutte queste misure dovevano venir prese da un gabinetto di normale nomina regia secondo le regole costituzionali, o da un gabinetto creato da quel colpo di stato mili– tare, di cui era stato fatto il nome di Giardino come di uno dei capi. Il suo silenzio su questo punto invece di allontanare il sospetto lo confermò. D'An– nunzio annunciava di non intessere complotti, ma "nel nome del popolo 16 " Corriere della Sera, " r 2 giugno 19 t 9. 454 BiblotecaGinoBianco

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