Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

La rivoluzione che non et fu i prodotti agricoli venivano requisiti a prezzi fissi, troppo bassi per costituire un com– penso ai molti mesi di faticoso lavoro. Costretti ad affrontare tutte queste difficoltà, a macellare molti capi di bestiame e abbattere foreste per soddisfare il fabbisogno militare, gli agricoltori italiani se la cavarono molto bene nel superare questo difficile periodo, senza intaccare di troppo le riserve di bestiame, il patrimonio forestale, e senza una eccessiva diminuzione nella quantità dei raccolti. Tuttavia, le difficoltà maggiori sopraggiunsero nel periodo l 919-22, quando si cominciarono a far sentire gli effetti del sensibile esaurimento dei terreni, prodottosi negli anni di ·guerra; le scorte di fertilizzanti erano ancora molto scarse, e i coltivatori risentivano della instabilità dei prezzi, delle continue dispute coi salariati, e dell'alto costo dei trasporti. (...) Dopo l'Armistizio, la necessità di convertire le industrie belliche condusse ad una crisi industriale, e le difficoltà di prevedere la do– manda del mercato furono intensificate dalla mancanza di inaterie prime e da una dura lotta per il controllo di prodotti associati e sussidiari. L'aspirazione degli operai ad un " ordine nuovo, " che avrebbe dato loro il controllo delle fabbriche, provocò numerosi scioperi e conflitti. 40 Quindi gli scioperi non furono né la sola, né la principale ragione della crisi: furono soltanto uno dei numerosi elementi nella crisi. E neppure si deve vedere in essi soltanto una conseguenza delle macchinazioni " bolsceviche. " Giorgio Mortara, eminente economista, libero da preconcetti politici, cosf scrive a proposito degli scioperi nel dopoguerra: Le agitazioni dei lavoratori manuali nei primi tempi success1v1alla guerra non sono state una speciale infermità dell'Italia, anzi hanno colpito piu o meno largamente tutti i paesi che avevano partecipato alla guerra e parecchi di quelli che erano rimasti neutrali. La difficoltà di riprendere un lavoro sistematico ed ordinato, dopo anni trascorsi fra i pericoli e i disagi, ma in gran parte nell'ozio; la pigrizia derivante dall'esaurimento della volontà troppo sfruttata; la reazione contro la rigida disciplina a lungo tollerata; l'irrita· zione per il mancato adempimento delle promesse che, con grande leggerezza, si erano largite ai combattenti per indurli ai supremi sacrifizi; la ribellione davanti allo sperpero di ricchezze mal conquistate; sono stati i principali fattori di malcontento, che ha invaso gli animi del popolo. Alimentato da ambiziosi, che ne hanno fatto strumento di ascesa, ora esplodendo nelle forme violente dello sciopero e dell'occupazione delle fabbriche, ora covando nelle forme subdole del sabotaggio o della fiacca, esso ha intralciato la ripresa dell'attività produttiva, già resa difficile dalle distruzioni di ricchezza e dagli sviamenti dei traffici cagionati dalla guerra. Il continuo rialzo del costo della vita è stato un altro potentissimo fattore dell'irrequietezza delle masse. Gli effetti dell'enfiagione monetaria, prima frenati, si sono andati rapidamente manifestando; la rarità dei beni offerti alla tumultuosa domanda delle popolazioni, impazienti di compensare l'astinenza del periodo bellico, ha accelerato il rialzo dei prezzi. Il rincaro della vita, accrescendo il disagio delle classi lavoratrici, le ha spinte a continue richieste di aumenti di salari. Alla pressione eco– nomica si è aggiunta la pressione politica, diretta a preparare la dittatura del proletariato. 41 Le manovre " bolsceviche " .erano quindi soltanto uno tra i molti fattori di epidemie di scioperi. Per dare una misura dello stato di bolscevismo in cui l'Italia era preci– pitata, la propaganda sbandiera 1n faccia agli atterriti lettori le statistiche de– gli scioperi. 40 LUIGI EINAUDI, alla voce Italy nella Encyclopaedia Britannica, 1926, pp. 573-574. 41 GIORGIO MoRTAl,l.A, Prospettive economiche r924, Città di Castello, 1924, pp. 415-16. J BiblotecaGinoBianco

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