Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

Lezioni di Harvard: L'Italia dal 1919 al 1929 Non era necessario applicare tali sistemi in tutti i collegi elettorali; di essi c'era bisogno soltanto dove c'era il pericolo che potesse venire eletto un candidato dell'opposizione. Ma anche in tali collegi elettorali non era neces– sario sottomettere tutti gli oppositori, bastava concentrare l'apparato bellico in alcuni dei centri del collegio elettorale, dove raccogliere i voti sufficienti alla vittoria. Se ad esempio in quattro paesi di un collegio elettorale si preve– deva che il governo potesse raccogliere r .ooo voti e l'opposizione r .500 voti, il prefetto si prendeva cura soltanto di una città, in modo da sottrarre all'op– posizione soltanto 500 voti da aggiungere a quelli del candidato protetto. In tutte le altre località si permetteva che le votazioni si svolgessero liberamente, purché l'opposizione si guardasse bene dal preparare dei trucchi. Se il partito che era stato in tal modo soffocato si appellava alla Camera, la commissione parlamentare per le elezioni, che nella grande maggioranza era formata da sostenitori del governo, sapeva bene in che modo ritardare ogni indagine. Il caso veniva portato davanti alla Camera uno, due, tre anni dopo che si erano svolte le elezioni, quando gli spiriti si erano calmati e nessuno aveva piu interesse in eventi preistorici. Di solito la relazione respingeva le accuse di-corruzione. Qualche protesta si levava dall'estrema sinistra. Il gabi◄ netto annunciava solennemente che non avrebbe preso parte alcuna alla di• scussione del caso, lasciando la Camera libera di decidere, e una maggioranza schiacciante appoggiava la commissione per le elezioni. Qualche volta lo scan– dalo era stato tanto clamoroso e tanto manifesti i reati di cui si erano resi responsabili seguaci del governo e polizia, che doveva i.J;1tervenirela· magi– stratura e infliggere delle condanne. Ma prima o poi con una ben calcolata amnistia tutte le condanne venivano cancellate, e la volta dopo si ricomin– ciava da capo. Giolitti non fu il primo ministro degli Interni a "manipolare " le ele– zioni, ma nessuno aveva mai "manipolato" una dopo l'altra tre elezioni ge– nerali (r904, r909, 1913), ed egli sorpassò tutti nella chiarezza dei propositi e nella sistematica mancanza di scrupoli. In questo modo Giolitti otteneva dal Mezzogiorno circa r50 fedeli sostenitori, che dovevano a lui il loro posto e che se non si fossero mostrati docili sarebbero stati mandati a spasso. Soste– nuto da questo blocco compatto, Giolitti poteva dettare le sue condizioni ai deputati eletti nell'Italia settentrionale e centrale, sia che fossero "piu con– servatori" o "piu democratici." Quando uno di questi due gruppi si faceva rumoroso e difficile da trattare, egli lo minacciava di rappresaglie e assicurava all'altro gruppo il suo favore. In tal modo Giolitti dava scacco ai suoi opposi– tori mettendoli gli uni contro gli altri, e nessuno osava abbandonare l'ovile ministeriale. · La sua eloquenza era semplice, concisa, nemica degli artifici retorici, rav– vivata di tanto in tanto da qualche discreto motto di spirito, pronta a servirsi di cavilli, piu che a fare uso di argomenti solidi, attenta ad assopire le passioni piuttosto che ad eccitarle. Uno spettacolo teatrale che nel r913 ·ebbe molto successo mostrava clericali e anticlericali, monarchici e repubblicani, corrser- BiblotecaGino Bianco

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