Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

Lezioni di Harvard: L'Italia dal 1919 al 1929 In questo gruppo vi erano 70 " radicali, " che si professavano gli eredi di quei radicali che nell'Ottocento avevano sostenuto un programma di riforme politiche e sociali piu profonde di quelle che i "liberali" furono pronti a met– tere in opera. Sicuramente alcuni di questi uomini erano "radicali" davvero, e allo stesso modo dei radicali inglesi, sostenevano una politica di liberi traf– fici, decentralizzazione, riduzione delle spese, e accordi internazionali; ma era– no visti di malocchio dai loro colleghi, i quali si erano fatti saggi. Essi erano radicali come erano liberali i "liberali"; continuavano a tenere la loro eti– chetta piu per quella parte di tradizione che era ancora viva in larghi settori del corpo elettorale, che non per un vero disaccordo con la sinistra "piu democratica." In realtà non erano che una parte della coalizione governativa • e prestavano un certo numero di uomini a tutti i gabinetti. Negli anni dal 1910 al 1940 i "radicali" francesi non furono piu radicali di questi italiani. Tra la "sinistra" e la "destra" non c'era una linea di divisione netta: tra gli elementi assolutamente conservatori favorevoli a un'alleanza dichiarata con i cattolici, e gli elementi assolutamente anticlericali, che consideravano degno di anatema ogni proposito di alleanza coi cattolici, c'erano molte zone incerte, pensieri confusi o non espressi; senza contare quelli a cui non impor– tava affatto di clericalismo o anticlericalismo, ma erano preoccupati soltanto di venir rieletti in collegi in cui la maggioranza degli elettori non ne voleva sapere di litigi tra clericali e anticlericali. La figura dominante nella vita politica italiana era quella di Giovanni Giolitti. Giolitti proveniva da quell'ala sinistra "piu democratica" della coa– lizione governativa, era stato ministro del Tesoro nel 1887-89, presidente del Consiglio nel 1892-94, ministro degli Interni dal 1901 al 1903, e ancora pre– sidente del Consiglio, quasi senza interruzione, dal 1904 al 1914. Egli era stato il primo statista italiano a considerare i sindacati come associazioni legali, lo sciopero un diritto dei lavoratori e non un delitto della lotta di classe, e il primo a sostenere che nei conflitti di lavoro il governo doveva rimanere neu– trale. Giolitti amministrava con buon senso le pubbliche finanze: nessun au– mento del debito pubblico, nessun aumento di spese senza un corrispondente aumento di entrate; e, come abbiamo visto, fino al tempo della guerra italo-tur– ca del 1911-12, la quale seppur non gravemente, portò uno sconvolgimento nel– le finanze italiane, sotto il governo di Giolitti il bilancio fu sempre in avanzo. Il sogno della sua vita fu di introdurre tutti i socialisti riformisti, cioè non soltanto Bissolati ma anche Turati e i suoi seguaci, nella coalizione governa– tiva, lasciando nelle peste i rivoluzionari. Ma al fondo egli era un tenace t.:onservatore che voleva comprare l'appoggio riformista col minimo di con– cessioni possibili. Giolitti pensava che i riformisti avrebbero dovuto conten– tarsi delle libertà politiche che egli assicurava ai sindacati e ai partiti di opposizione, e del miglioramento del livello di vita delle classi lavoratrici quale si andava attuando in quegli anni. Dai suoi predecessori egli ereditò il costume di "manipolare" le elezioni, ma egli adattò tale costume alle nuove condizioni del corpo elettorale. Nelle BiblotecaGino Bianco

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