Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

Lezioni di Ha,-vard: L'Italia dal 1919 al 1929 stro, il regime libero aveva dietro di sé un altro mezzo secolo di vita. Du– rante questo mezzo secolo, le classi dirigenti italiane dovettero affrontare il compito di costruire un sistema amministrativo ed economico capace di reg– gere. Il problema era a~sai piu arduo in Italia di quanto non lo fosse stato negli Stati Uniti d'America dopo la Rivoluzione. Sia in Italia che in America, le piu vive speranze che, una volta conseguita l'indipendenza dallo straniero, potesse sorgere quasi per incanto un periodo di immediata prosperità si mu– tarono, nel primo periodo di riassestamento del paese, in una delusione pro– fonda. Ma, a differenza dell'America, l'Italia era formata di tante parti, cia– scuna delle quali per tredici secoli era vissuta sotto sovrani diversi e con di– versi sistemi di governo. Si dovevano dimenticare tutte le tradizioni locali e i pregiudizi contrastanti. L'amministrazione civile, il sistema fiscale, le forze armate, l'educazione pubblica, tutto doveva essere creato di sana pianta o rior– ganizzato. Il paese non aveva carbone e solo scarsi giacimenti di ferro: le due materie prim~ essenziali per l'industria del secolo diciannovesimo. Ri– spetto a quelle dei paesi dell'Europa centrale e occidentale, le ferrovie erano arretrate di trent'anni; e la struttura fisica del territorio, con prevalenza di rilievi montani, ne rendeva assai costosa sia la costruzione che il manteni– mento. Di vere e proprie industrie non si poteva parlare. Nell'Italia setten– trionale, l'agricoltura non era nel complesso arretrata rispetto a quella dei paesi limitrofi. Ma nell'Italia meridionale, durante la primavera e l'estate vi è scarsità di pioggia. Tutti i fiumi del Meridione, presi insieme, non hanno una portata d'acqua che stia alla pari con il solo fiume Adda, uno dei numerosi affluenti del Po. Non vi è quindi possibilità di irrigazione, e la siccità ostacola gravemente l'agricoltura. Nei terreni montani non coltivabili, e che coprono un quarto dell'intero paese e praticamente tutto il Mezzogiorno, la pioggia, cadendo sui .declivi assolutamente privi di alberi, provoca delle frane gigan– tesche, che distruggono le case coloniche situate nelle vallate, e danno luogo ad acquitrini, che a loro volta producono zanzare portatrici di malaria. Le condizioni delle popolazioni rurali erano ovunque pessime. Nel Nord faceva scempio la pellagra, nel Sud la malaria. A Napoli, che era allora la città piu popolosa d'Italia, il cimitero per i poveri consisteva in 365 tombe, quanti erano i giorni dell'anno. I morti, in media 200 al giorno, venivano portati al cimitero su dei carretti, come si trattasse di spazzatura, e scaraven– tati alla rinfusa dentro quella che era la tomba del giorno, che veniva quindi chiusa, finché l'anno seguente non arrivava ancora il suo turno. 1 C'erano provincie, quella di Potenza ad esempio, dove praticamente i cimiteri erano sconosciuti. I poveri venivano portati a seppellire nelle chiese su barelle, sco– perti o coperti appena con un lenzuolo, e scaraventati senza tante cerimonie nella fossa comune, sotto il payimento della chiesa, dove decomponendosi appestavano l'aria. Vi erano luoghi in cui i poveri venivano buttati in vora- 1 R. FucINI, Napoli a occhio nitdo, Firenze, Le Monnier, 1878, pp. 98-101. BiblotecaGino Bianco

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