Gaetano Salvemini - Scritti sulla scuola

Giuseppe Kirner po impiegato," perché vuole che la sua sia una "vita vissuta con coscienza di quello che fa e vuol fare," perché è suo dovere e proposito "non perdere nemmeno un minuto senza che ne possa render conto a se stesso," quei diari sono un continuo esame di coscienza, un'autocritica minuta e spietata, una serie ininterrotta di rimproveri crudeli e vivaci. E il biasimo, che a nostra somma meraviglia ritorna in ogni pagina, è quello di pigrizia, di poltroneria, di "poltronite." "Nel render conto di ciò che ho fatto," scrive per es. la sera del 1° dic. 1893 prima di andare a letto, "debbo vergognarmi di me stesso per la turpe pigrizia": dopo, infatti, tre ore di classe nella mattinata, ha lavorato solo dalle 7 e tre quarti alle 8 e tre quarti preparando lezioni pel giorno dopo, e dalle 8 e tre quarti alle 11 e mezza attendendo al Manuale storico della letteratura latina: troppo poco in verità. - Ed il 7 dicembre successivo, dopo due ore di lezione e sette ore di studio a tavolino, dall'l e mezza alle 4 e mezza e dalle 6 e mezza alle 10 e mezza: "Mi debbo accusare," scrive, "di una pigrizia inescusabile. Ho fatto qualche cosetta, ma poco: da ora innanzi però voglio fare diversamente." "Ben venga il nuovo anno!" dice a se stesso nella notte del 31 dic. 1894, "al tavolino lo sto aspettando, desideroso che mi trovi al lavoro e che al lavoro mi lasci. Oh potesse essere esso apportatore di nuova vigoria, di nuova forza, di· nuovo zelo; potessi di esso ricordarmi anche negli anni venturi come d'un tempo di pace, di felicità, di lavoro! Purtroppo quello che è tramontato fu da me non speso cos1 bene come avrei voluto; ma voglio sperare che quando se ne andrà anche questo, lasci in me un ricordo migliore di sé." Ogni giorno - scrive il 2 giugno '95 -, quasi ogni momento fo proposito di mettermi al lavoro con piu impegno; e intanto differisco all'indbmani il principiare, e cosi via. Non già che, quando rifletto a ciò che ho fatto, non trovi d'aver fatto proprio niente, ché almeno lezione la fo regolarmente, il libro del Giusti [il Manuale storico della lett. latina]3 va lentamente avanti, qualche altra occupazione mi ha distratto; ma certo è sempre troppo poco in confronto di quello che avrei dovuto e potuto fare. Ma fortunatamente è, questo, l'ultimo anno di mia dimora a Lecce; e se sarà colpa del luogo, le cose dovranno altrove migliorare: altrimenti dovrò conchiudere ch'io sono un non buono a nulla, a null'altro se non a pappare lo stipendio e per compenso a dare qualche men che mediocre lezione. Sarebbe orribile se fosse vero. La colpa, purtroppo, non era del luogo. A Palermo il malcontento diviene anche piu acuto e doloroso. Ci siano feste o no - scrive 1'11 gennaio 1898, mentre si commemora rumoros,1mente il cinquantesimo anniversario della rivoluzione siciliana del '48 - per me è quasi lo stesso. Se ne togli il rumore un po' maggiore del consueto, che nel corso della giornata sale dalla piazza fino alla mia camera, la illuminazione della sera, la folla densa che passeggia nella via, io quasi non mi accorgerei che vi è festa. Tanto vivo cretinamente ritirato, a sgobbare senza conclusione su libri di storia! Mentre la città 3 Per la Biblioteca degli Studenti della Casa Editrice Giusti di Livorno. [N.d.C.] 121 BibliotecaGino Bianco

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