Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

"L'Unità" ed il Socialismo Diceva adunque Agricola (L'Unità, 18 aprile 1913): "Noi qui ci troviamo di fronte a due diverse concezioni del movimento politico e sociale. Il Salvemini vorrebbe susci– tare un movimento neo-democratico e crede di dover camminare sulle direttivei del socialismo (a proposito, perché continuar ad abbinare e confondere questi due termini: democrazia e socialismo?). Il Savelli rifiuta la lotta di classe ed è fuori del socialismo." Questo è il punto. Ora si tratta di vedere se il nostro giornale, non tanto nelle sue affermazioni - il solito vino nuovo nelle botti vecchie - quanto nel suo vero pensiero, in quello che germoglia dall'insieme della sua condotta, ed è quindi l'anima vera della sua azione, sia ancora socialista o fuori ed estraneo al socialismo. Vediamo. Canzone_d'altri tempi Se io domandassi al Salvemini che cosa intenda ancora per socialismo, egli mi risponderebbe press'a poco cos1: "Socialismo per me significa semplicemente che chi lavora ha diritto a godere intero il frutto del suo lavoro, e non può ottenere questo fine che con la organizzazione e la lotta economica e politica di classe. Tutto il resto è mito destinato a fallire. Il solo mito che non fallisce mai è il privilegio: e contro esso bisognerà sempre lottare." Chi lavora ha diritto a godere intero il frutto del suo lavoro... Questo è rigido marxismo; la teoria del sopravvalore diceva appunto che il profitto capitalistico è lavoro non pagato dell'operaio. A vero dire questa dottrina, co~1 semplicemente e rudemente, oggi, dopo tanto revisionismo e tanta critica, è un poco anzianotta; ad ogni modo la interpreteremo nel senso piu benigno. Il Salvemini crede, come del resto ogni persona di qualche cultura economica, che il capitalismo, e soprattutto il capitalismo industriale · moderno, sia degno di molta ammirazione, poiché proprio il capitalismo moderno ha realizzate con le sue macchine, le sue fabbriche, i suoi cantieri, le ricchezze ed i benefici della nostra civiltà contem– poranea; benefici di cui tutti, piu o meno, godiamo e cui non sapremmo rinunciare. Crede tuttavia che, salvo il dovuto rispetto al capitalismo come superiore forma econo– mica di produzione, vi sia nella nostra società, organizzata dal capitalismo, qualcosa di profondamente ingiusto, che rende iniquo tutto l'ordinamento sociale. Questa ingiu– stizia avrebbe radice nella divisione del lavoro dal capitale, dell'operaio dallo strumento di produzione, ed il socialismo, l'avvento di questo grande ideale, dovrebbe per l'ap– punto sopprimere l'iniquità e ristabilire l'equilibrio, riunendo in nuova sintesi i due elementi della produzione. Soltanto cosi si potrà colpire il privilegio, solo mito che mai non tramonti; soltanto cosi si potrà impedire l'esoso sfruttamento dell'uomo sull'uomo e, ... finalmente, chi lavora avrà diritto a godere il frutto del suo lavoro tutto intero, sottratti, si capisce, pochi centesimi per le spese di ordinaria amministrazione! Quest'ideale, poi, non sarebbe affatto destinato a restare nel sopra-mondo delle idee pure, bensi troverebbe in questo nostro mondo corpulento e sensibile il suo bravo strumento di realizzazione: l'esercito dei lavoratori ammassati dalla grande industria e resi coscienti dalla propaganda socialistica. Ora che questo possa essere ancora il pensiero di chi ha una concezione fanciul– lesca della vita, passi: capisco, ad esempio, che un bravo operaio, onesto lettore del– l'Asino, debba appunto immaginare la funzione del capitalismo come quella di un perenne vampiro del sangue operaio; cosi vede sempre rappresentati i borghesi, nelle vignette del suo giornale; ma questi pensamenti non possono piu aggirarsi nel capo non solo di un uomo che conosca la storia e lo sviluppo del capitalismo, ma nemmeno di un uomo di semplice buon senso. Oggi è risaputo che questo nO$trOmondo economico moderno è stato messo assie– me, giorno per giorno, dal genio creatore di capitalisti, industriali, · agrari, finanzieri, 557 BibliotecaGino Bianco