Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

.. • Movimento socialista e questione meridionale 5. Piccola borghesia cittadina La piccola borghesia cittadina, sebbene sia adatta a ricevere il seme socialista quanto gli operai, è quella dalla quale, secondo me, il nostro par– tito ha piu da temere. Questa classe, prima del 1860, era in floride condizioni: la vita molto a buon mercato e i bisogni limitati facevan sf che chiunque avesse un po' di rendite er~ un "signore." Il piccolo proprietario, che non lavorava di– rettamente il suo fondo, lo dava in fitto, apriva una botteghina di merciaio o di generi alimentari, o una piccola manifattura domestica, e fra la ren– dita del podere avito e il guadagno dello sgabuzzino, vivacchiava alla meno peggio. Tutta la sua ambizione era di aver un figlio prete; e appena i ge– nitori si trovavano ad aver fabbricato un marmocchio non del tutto cre– tino, fin dai dieci anni lo tingevano di nero, gli mettevano il nicchio in testa e via al Seminario. Il rampollo veniva su come Dio voleva, si faceva prete e diventava il sostegno e il lustro maggiore della famiglia. I preti allora stavano benone; perciò l'avito fondicello ritrovava ben presto qualche fratellino; le rendite crescevano geometricamente; la famiglia del prete si rimpulizziva, si elevava lentamente e se la seconda generazione riesciva a produrre un altro prete, entrava addirittura fra le case notabili e per bene della città. Dopo il 1860 la piccola borghesia continuò naturalmènte a seguire la stessa via. Senonché le idee liberali erano arrivate fino a noi e non tutti avevano piacere a veqere un figlio prete; d'altra parte anche i ragazzi la chierica la pigliavano malvolentieri. Che cosa fare? La proprietà fami– gliare divisa fra i figliuoli si riduceva a nulla, specie se si considera che la vita diventava sempre piu cara. Dunque tutti i figli di rendita non potevan vivere; mandare al lavoro manuale un "figlio di buona famiglia" sarebbe stato disonore; dedicarlo al commercio era, impossibile perché i capitali non bastavano. Non c'era che una via: non potendone fare un prete, farne un impiegato o un professionista. Quindi sacrifizi enormi. per mantenere il figlio agli studi, nella speranza di rifarsi appena lo studente trovasse un impiego o ritornasse laureato in paese. Però le cose cambiavano. Prima del '60 i preti, anche se erano molti, se la cavavan bene, perché le rendite delle chiese eran grandi e ce n'era per tutti. Ma lo stesso non era dei medici, degl'ingegneri e degli avvocati: le case che crollano, gli uomini che si ammalano, gli affari contestati non sono senza limiti. Cosf i professionisti sovrabbondanti cominciarono ben presto a trovarsi a disagio. Venuto il delirio degli affari, anche i professio– nisti e i piccoli bottegai e i proprietari cittadini vi si gettaron dentro. E la débacle travolse essi come tutti gli altri e peggio degli altri, perché, non coltivando direttamente la terra, dovevano portare maggiori spese. I pochi, che si erano astenuti dagli affari, 'furono rovinati lo stesso dalle raccolte pessime e dai fittaioli, che non pagarono nessuno. Quelli che salvarono 20 BibliotecaGino Bianco

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