Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

Movimento socialista e questione meridionale do i gruppi lontani e magari gli stessi vicini, considerando il partito e la rappresentanza parlamentare del partito come strumenti delle sole rivendi– cazioni e preoccupazioni proprie, sforzandosi di far passare le esigenze pro– prie innanzi a quelle degli altri, graduando le riforme non secondo il cri– terio della utilità generale, ma secondo quello della utilità del gruppo. Ne sono conseguiti progressi notevolissimi, qua e là, nell'azione economica e nell'azione amministrativa locale. E occorre tener conto di questi progressi per apprezzare con equità nel suo insieme tutta l'opera del partito, ed evi– tare un pessimismo universale che sarebbe ingiustificato. Ma nella a.zione politica generale si è rotta ogni unità di indirizzo. Ognuno pensa solo per sé, ed è indifferente alle' necessità degli altri. Non abbiamo piu una vo– lontà generale. Abbiamo tentativi ora fatti da questo ora da quel gruppo per sequestrare a proprio vantaggio gli organi centrali del partito. E questi seguono ora questo ora quell'impulso, volgendosi di qua e di là, sperduti nel buio, senza bussola, senza sentir fortemente nulla, senza_ sapere quello che devono volere. Perciò ogni quindici giorni noi vogliamo una cosa di nuovo: l'abqlizione delle spese militari, la riforma tributaria, il divorzio, la lotta contro le congregazioni, la fine del duello, la resurre~ione di Ferrer, 2 la municipalizzazione dei servizi pubblici, l'avocazione della scuola allo Stato, l'abolizione dell'insegnamento religioso, le università popolari, i sa– natori per i tubercolosi, le pensioni per la vecchiaia, il suffragio universale - già anche il suffragio universale - tutto noi desideriamo per turno, ogni quindici giorni: e mentre l'agitazione nuova spunta sul tronco della nostra attività incoordinata e inconcludente, l'agitazione precedente marcisce e ca– de dimenticata. Molte cose chiediamb, senza neanche domandarci prima se meritano davvero di essere chieste: i nostri desideri sono cosf volubili e su– perficiali che non è il caso di ragionarli troppo. Di molte nostre agitazioni la spinta non parte da noi, ma viene dalle Logge massoniche, le quali, via via che si attenua in noi la luce delle idee nostre, della fede nostra, si assu– mono esse la cura di pensare per noi, e di darci belli e fatti i nostri desi– der1, e prendono sotto tutela le sezioni del nostro partito. * È moda fra i riformisti attribuire alle difficoltà create ad essi dal con– vulsionarismo dei rivoluzionari la sterilità della propria opera negli anni passati. "Potevamo essere i padroni della situazione - esclama spesso e volentieri l'on. Turati - e hon abbiamo saputo": e vuol dire che l'on. Gio– litti non ha mai desiderato di meglio che procedere d'accordo con noi, ma i rivoluzionad hanno sempre disturbato l'idillio, e finalmente, con lo scio– pero generale del 1904, hanno costretto l'on. Giolitti a navigare verso i clericali. E certo le turbolenze incoordinate e sconclusionate della frazione 2 Cfr. supra nota 10 a p. 371. [N.d.C.] 394 BibliotecaGino Bianco

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