Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

Riforme sociali e riforme polùiche blicani, come se altri partiti da combattere non esistessero. Basta che un par– tito offra ai socialisti la sua collaborazione, perché costoro divengano i suoi piu inconciliabili nemici. Costoro non hanno mai detestato Giolitti come in quella estate del 1901 in _cui l'opera di Giolitti, assicurando la libertà d'organizzazione e di scio– pero, era indubbiamente buona. Un uomo, che fa qualcosa di utile senza appartenere al popolo eletto del socialismo, non può essere che un impo– store, un insidiatore, e chi si allea con lui non può essere che un traditore e un rinnegato. Conseguenza di questo modo di pensare, è l'intransigenza assoluta. E conseguenza della intransigenza assoluta, è il passaggio anche di costoro nell'esercito della rivoluzfone. Vi sono poi i "riformisti delusi." Il riformismo ha il maledetto incon– veniente di essere un esercizio assai difficile e pericoloso: organizzare soli– damente una lega, dirigere con buon successo uno sciopero, contrarre una alleanza amministrativa, studiare ed applicare una riforma tributaria comu– nale, sostenere un ministero strappandogli utili concessioni e abbandonarlo al momento opportuno, sono tutte operazioni molto piu complicate e com– promettenti, che scrivere un articolo rivoluzionario o riformista, fare una conferenza sulla socializzazione delle miniere in un paese dove non ci son miniere, trovar da ridire su tutto e su tutti, dimostrare che tutto quanto fan– no gli altri è poco mentre cosf lunga è la via. Ora, un socialista che voglia fare il riformista mancando della preparazione e della esperienza necessa– rie si trova ben presto avviluppato da un ginepraio di difficoltà insormonta– bili; prende mille cantonate solennissime; e quanto meno è preparato ed e– sperto, tanto piu accuratamente si guarda dall'attribuire alla propria inca– pacità i propri errori, e scarica tutta la responsabilità dei suoi insuccessi sul metodo riformista, e diventa rivoluzionario. Io conosco moltissimi "compagni coscienti," che in occasione della cam– pagna ostruzionista passarono a un tratto dalla intransigenza piu rigida alla transigenza piu molle: in quella generale infatuazione popolarista, si al– learono con i peggiori elementi della nostra vita pubblica, ribattezzati per l'occasione a democqttici; rinunziarono a quella funzione di selezione e di propulsione sui partiti affini, che dovrebbe essere lo scopo, fondamentale della tattica affinista; promisero mari e monti al corpo elettorale nelle lotte amministrative; s'immaginarono che la sconfitta dei reazionari dovesse pro– curare ad ogni lavoratore ogni giorno Ùn pollo in pentola; e vinsero clamo– rosamente. Ma dopo la vittoria, si trovarono a dover amministrare i co– muni senza saper leggere le cifre dei bilanci, in compagnia di democratici e repubblicani equivoci, pressati da una torma di compagni dell'ultim'ora non meno equivoci degli affini, incapaci a discernere nella caligine la punta del loro stesso naso. Naturalmente hanno accumulato spropositi su spropo– siti. ·E ora sono come ubriach·i, che dopo la sbornia non possono sentire per un pezzo l'odore del vino. E tempestano che il riformismo e l'affinismo sono la rovina del socialismo. E in fondo non hanno torto: quando non si 311 BibliotecaGino Bianco

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