Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

· Riforme sociali e riforme politiche un periodo, in cui qualsiasi riforma era evidentemente incompatibile con le cosiddette istituzioni, cioè con la politica personale di re Umberto, e la piu cieca reazione, promossa senza veli dalla Corte, aveva provocato nei partiti democratici un orientamento repubblicano rivoluzionario. Dopo la vittoria elettorale del 1900, e per il cambiamento di monarca, è intervenu– ta una tregua. Ma questa tregua è sincera? durerà a lungo? Le riforme "politiche," le quali erano ieri incompatibili con le istituzioni, son dive– nute compatibili oggi? La differenza e lo scetticismo nessuno oserebbe dirli ingiustificati. Ed ecco che i rivoluzionari (riformisti politici), mentre, da un lato, si accostano ai liberisti antisocialisti per l'avversione alle riforme sociaii, dall'altro, si avvicinano ai repubblicani antisocialisti per l'avversio– ne alla monarchia. E nelle discussioni ardenti ed eccessive, mèntre i rifor– misti (sociali) insistono al di là di quanto non sarebbe ragionevole e op– portuno sulla scarsa importanza della forma politica per il movimento proletario, i rivoluzionari (riformisti politici) stan sempre col fucile arma– to a cogliere tutti i pretesti per far mostra delle loro opinioni antimonar– chiche, e dànno cosf alla propria agitazione un carattere repubblicano. Ma questo rivoluzionarismo, tutto politico, non ha niente da vedere col rivoluzionarismo socialista autentico. Questo nega tutta la società bor– ghese, nega ogni riforma, asp~tta la catastrofe risolutiva, la quale inghiotta anche la monarchia, dal momento che deve inghiottire tutta la società ca– pitalista. Il rivoluzionarismo ·politico nega una parte sola della società bor– ghese: la costituzione politica; e la nega perché la giudica di ostacolo a quelle riforme (politiche), le quali in Italia oggi non farebbero che facili– tare lo sviluppo della società borghese. Ma nell'arca di Noè del rivoluzionarismo ferriano tutti gli animali possono salire, purché facciano fracasso e dieno cornate ai riformisti tradi– tori del socialismo. E per i repubblicanoidi di questa fatta, in un vascello di questo genere, un posto segnalato non poteva di sicuro mancare. Avevo già scritto ,le parole, che precedono, quando ho letto sul Tempo. del 22 aprile alcuni commenti di Bonomi all'articolo precedente, in cui mi sforzai di studiare le cause della sconfitta dei riformisti a Bologna. Le osservazioni del Bonomi confermano in una maniera cosf luminosa la mia analisi, e dimostrano in maniera cosf scoraggiante la testardaggine dei capi del riformismo .negli errori passati, che mi sembra opportuno rife– rire e commentare le parole del Bonomi. Alla mia osservazione che fu grave errore concentrare dopo Imola tut– ta l'azione del partito intorno alla legislazione sociale, il Bonomi risponde: Fu errore consaputo, errore che costituisce oggi, dopo la sconfitta, il nostro con– forto e anche la nostra speranza. Sf, lo confessiamo: quel poco di riformismo, che noi abbiamo cercato di tradurre in realtà, ha avuto sempre l'impronta proletaria. Per la picçola borghesia 1 invece, noi abbiamo fatto ben poco. E per questo fummo vinti. 307 BibliotecaGino Bianco

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