Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

La questione meridionale e t partiti politici Ionici. Le riforme, che potranno compiersi su questo terreno, saranno senza dubbio utilissime, se subordinate e coordinate a un nuovo e organico si– stema doganale e ferroviario; rappresenteranno un inutile sperpero di ric– chezza, o un regalo concesso a cuor leggero alle classi parassitarie del Mez– zogiorno, o cadranno nel vuoto, se saranno avulse da quello che è il vero tronco del problema meridionale, cioè dalla necessità di creare per via di un acconcio ordinamento doganale e ferroviario condizioni, che consentano lo sviluppo della ricchezza agricola del Mezzogiorno. A che serve rinno– vare - anche ammesso che ciò avvenga con ottimi criteri - i patti colonici, se il coltivatore non troverà da smerciare i suoi prodotti? nessuno si pre– senterà a coltivare la terra, quali che .sieno le condizioni· con cui sarà of– ferta, e le plebi rurali continueranno ad emigrare in America. Ottima cosa il credito agrario! ma quando non esiste nessuna convenienza a iniziare nuove imprese produttive, e nessuna trasformazione e intensificazione agricola può riescire vantaggiosa, perché le mancherebbe al momento del– la vendita il mercato assorbitore, prendere. dei capitali a debito per inve– stirli nella terra è come volerli buttare in fondo al mare. 2 A che scopo costruir ferrovie e strade rptabili, se non è possibile la produzione fruttifera delle merci che dovrebbero circolare, e se, quand'anche le merci esistessero, le ferrovie le respingerebbero con- le loro tariffe strangolatorie? Quando si riducesse alle proporzioni anteriori al 1887 il protezionismo industriale, concedendo in compenso l'abolizione di quel dazio sul grano che prima del 1887 esisteva solo in misura insensibile, e si adoperassero queste riforme doganali come strumento per ottenere nei prossimi trattati 2 È questa la ragione fondamentale di quello che Leonida Bissolati ha giustamente definito gigantesco della legge 7 febbraio 1902 sul credito agrario del Mezzodi ("Tempo," 12 luglio 1903). A determinare questo insuccesso hanno senza dubbio contribuito le circostanze dal Bissolati enu– merate: "Scarsità deplorevole di spirito di associazione, avversione al credito quando il creditore esige la garanzia' dell'impiego di produzione, tendenza degli istituti intermediari a osteggiare il credito agrario per conservarsi i lucri del credito ordinario su cui quegli istituti esercitano la speculazione; il che in altri termini vuol dire difetto di attitudini sociali, difetto del senso della responsabilità, incapacità o impotenza degli interessati a difendersi contro le formazioni parassi– tarie." A questa diagnosi spietata io sottoscrivo pienamente, e aggiungo qualcos'altro; gli ammi– nistratori degli istituti intermediari sono quasi sempre strozzini che prendono per mezzo di presta– nomi i capitali dell'istituto che essi amministrano, e li dànno per conto proprio alla povera gente ad interessi favolosi, escludendola naturalmente con mille gherminelle dal prestito diretto: costoro saranno sempre i piu spietati nemici della legge sul credito agrario. Ma questi fenomeni, che sa– rebbe vano negare per stupida boria regionale, sono effetto alla loro volta del soffocamento eco– nomico, a cui la tariffa doganale del 1887 ha assoggettati i nostri sventurati paesi: nelle presenti condizioni del Mezzodf la legge del 7 febbraio 1902 è inapplicabile, perché i coltivatori meridio– nali non possono concepire il credito come strumento per intensificare la produzione - che oggi come oggi sarebbe pazzia - ma come un mezzuccio per campare alla, giornata aprendo un buco per tapparne un altro. Se ci fosse convenienza a produrre di piu, l'avversione a dare ai cre– ditori la garanzia che i capitali mutuati saranno impiegati nella produzione sparirebbe d'incanto; e i coltivatori sospinti dall'attrattiva di sicuri guadagni, sentirebbero naturalmente il bisogno di associarsi in banche cooperative e di rompere le camorre usurarie locali, le quali sono onnipotenti appunto perché manca nella produzione lo stimolo a muoversi contro di esse. Io spero che prima o poi il mio amico Bissolati vorrà venire in Puglia non a redimerci con una conferenza sull'evo– luzione universale, ma, da quell'uomo intelligente che è, a conoscere le vere condizioni dei nostri paesi: vedrà con i suoi occhi in che modo prima del 1887 noi, pugliesi poltroni, avevamo comin– ciato a risolvere il nostro problema senza bisogno di aiuti governativi, solo in grazia dell'" oro straniero" che la Francia c'inviava in compenso del nostro vino. Le tariffe del 1887 ci rovinarono arricchendo la Lombardia. E ora, mentre da tutti si chiacchiera di questione meridionale, ci si prepara coi nuovi trattati di commercio una piu spaventosa rovina. 285 BibliotecaGino Bianco

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