Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

Mentre Giosuè suona la tromba ... 1 II pessimista ha suonato due volte la tromba di guerra, e le mura di Gerico... non sono cadute. Probabilmente non cadranno neppure quando avrà suonato altre cinque volte. · Pessimistes, alarmistes; les agités de l' opinion: ecco una definizione, che mi viene suggerita in buon punto da uno scrittore francese. Ma il nostro, del resto, non è un pessimista; anzi non ho mai veduto ottimista piu ottimista di lui. Fa la politica come se giuocasse a scacchi. Ha tutte sottomano le pedine democratiche, la cavalleria repubblicana, gli alfieri socialisti; e, per essere piu sicuro di dare a chi vuole lo scaccomatto, giuoca egli solo la partita. Come faceva il buon Morgari in quella sua finissima Partita a scacchi al cellulare! Ma il buon Morgari ci metteva tanta coscienza nel fare la parte dell'auto-avversario; il pessimista non fa complimenti, da un lato e dall'altro della scacchi.era. Non avete inteso? _Quelli che non la pensano come lui, cercano un alibi morale. Non è gentile, non è delicato per i dis– senzienti e pel partito; ma, dall'alto trono della sua filosofia e della sua cortesia, il pessimista ha sentenziato cosi ed è inutile stare a discutere con lui. Parleremo per gli altri a cui i furori belligeri non hanno tolto in tutto la serenità di spirito e che non vedono nella politica una partita a scacchi giuocata con i metodi del pessimista, né vedono cosi semplice la partita. Perché, se tutto potesse compiersi con un colpo di bacchetta, come accade negli articoli del pessimista, si può ben ritenere che nessuno starebbe a disputar con lui per un sentimento d'idolatria, per cui tra noi non vi è posto. Ma nella politica si guarda alla possibilità concreta di ciò che si vuol fare; ed è semplicemente un matto chi, pretendendo di gettare giu un muro, non viene che a rompersi la testa. È questa la sana e pratica filosofia che faceva dire dal vecchio Engels finita l'èra dei colpi di testa e delle impazienze. Certo la verità ci dev'essere piu amica di Platone; e anche ad Engels bisogna naturalmente dar torto se ha torto. Ma ha poi torto? L'Engels era passato attraverso vere rivoluzioni: le aveva viste momentaneamente trionfanti, poi battute e sopraffatte da reazioni che dovevano sembrare eterne. La sua parola era il frutto di una lunga, ripetuta, dolorosa esperienza; ed era questa esperienza, piu che l'autorità personale di chi parlava, che s'imponeva a tutto. un partito e diveniva coscienza comune. Che cosa è avvenuto perché dobbiamo rinnegare una verità provata e riprovata, e come tale da noi stessi bandita fin su da' tetti? Deve una reazione piu livida che consistente poterci sviare dal nostro cammino, con nessun'altra prospettiva che di for– nire un'occasione e un alimento, capace di essere sfruttati anche meglio di quel simu– lacro di sommossa, che furono i tumulti di Milano da noi non voluti e nemmeno preveduti? Nella sua foga di voli pindarici, il pessimista ha dimenticato semplicemente di assicurarsi se aveva le ali, e se non erano per caso fatte di cera; ma non è male che 1 Il precedente articolo di Salvemini provocò un intervento di Ettore Ciccotti, i cui articoli ci è parso ,opportuno riprodurre, per presentare nella sua integrità la polemica. Su di essa lo stesso Salvemini, in una lettera del 29 aprile 1956, indirizzata al curatore della pre– sente raccolta, esprimeva il seguente· giudizio: "Ebbi nel 1899 una polemica con Ciccotti. Io firmavo Il pessimista. Lui era ultralegalitario. Aveva ragione lui, che non c'erano le condizioni per una rivoluzione. Ed avevamo ragione anche noi, perché facevamo un baccano del diavolo per una rivoluzione repubblicana, e i monarchici erano dei vigliacchi che si arresero al nostro clamore. Se tutti avessimo parlato legalitario come Ciccotti ed Enrico Ferri ( !), i monarchici ci avrebbero messo i piedi sul collo. Bisogna sempre fare assegnamento sulla imbecillità dei nostri avversari." [N.d.C.] 9 105 BibliotecaGino Bianco

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