Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La diplomazia italiana nella guerra mondiale mandava solo di negoziare, e per giunta risparmiò a quell'avversario le diffi– coltà e i pericoli di un intervento in quella che, invece di essere la con– ferenza, doveva essere il ginepraio della pace. Nel 1919, Benedetto XV poté cantare anche lui: Salutem ex im'micis nostris, ma senza avere nes– sun obbligo di riconoscenzé:lverso i nemici che lo avevano salvato. Salandra nega che Sonnino si sia lasciato guidare da preconcetti protestanti o giudaizzanti nel volere escluso il papa dalla conferenza. Su questo punto Salandra ha certamente ragione: non vi fu in Sonnino nes– suna intenzione anticattolica. Egli si attenne, nel 1915~ al precedente del 1899. Ecco tutto. Si aggiunga che si era formata a poco a poco nei conservatori italiani la opinione che la legge delle guarentigie del 1871 conteneva la migliore possibile soluzione per il problema delle relazioni fra il Vaticano e il governo italiano. Un uomo politico che era stato repubbli– cano, anticlericale e massone in gioventu, ma aveva messo giudizio con gli anni fino a diventare primo ministro, Alessandro Fortis, aveva spiegato nel 1904 che il governo italiano non aveva nessun interesse a conciliarsi uffi– cialmente col Vaticano. Era bene che il mondo fuori d'Italia fosse convin– to che il papa, sebbene italiano, era indipendente dalle influenze italiane. Se quella convinzione fosse venuta meno, il papato non sarebbe stato piu utile all'Italia. "Noi dobbiamo rimanere in dissidio col papa, non tanto da obbligarlo a fare i bagagli e lasciare l'Italia, ma abbastanza per far credere che egli non ha nulla da vedere col governo italiano." Anche Giolitti era di questa opinione, che in fondo era stata anche l'opinione di Leone XIII. Salandra e Sonnino rimanevano ancorati nello stesso porto. Inerzia mentale e nient'altro: questa è la spiegazione della clausola da loro introdotta ne_l pro-memoria. del 16 febbraio. 563 BibliotecaGino Bianco