Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Mussolini storico di se stesso che si trattava di una rivoltella a sei cartucce; il ragazzo cercò di sparare, ma la prima cartuccia si incantò. Il padre non ne parlò mai, né durante l'istruttoria, né nel pubblico dlbattimento, perché avrebbe c;reato un terribile argomento di accusa contro la propria famiglia. · Con tutta la pietà che si deve a un uomo colpito da tante sventure, non so sgom– brare la mente dal sospetto che egli, col passare degli anni, abbia inventato quella rivol– tella a sei colpi, per fare di suo figlio un eroe anarchico autentico, anziché una vittima inconsapevole. Se il ragazzo avesse portato con sé la rivoltella, questa sarebbe stata tro– vata su di lui, o in vicinanza del suo cadavere, dopo il linciaggio. E se una rivoltella fu trovata, apparteneva al ragazzo o fu lasciata presso il ragazzo da altri? E come poté sapere il padre che la rivoltella si era incantata? Un fratello di Mammolo Zamboni, a nome Sisto, scrivendo del suo povero nipote, nel settimanale Squilla, di Bologna, 22 settembre 1945, non parlò di quella rivoltella inesplosa: il ragazzo era stato "vittima innocente." In una commemorazione di Anteo, tenuta il 18 novembre 1945 dall'avvocato Roberto Vighi che aveva difeso gli Zamboni (Squilla, 24 novembre 1945), Anteo Zamboni fu presentato come "innocente" e niente altro. Nel 1945 nessuno correva alcun pericolo se quel particolare fosse stato rivelato, e avesse fatto del ragazzo un eroe anarchico veramente eccezionale. Vi sono debolezze umane, colle quali non si ha il diritto di essere severi, ma su esse deve prevalere il rispetto della verità. In Bologna circolò la voce che l'attentato fosse stato opera di fascisti dissidenti, i quali volevano sbarazzarsi di Mussolini e prendere il suo posto. Si fecero i nomi di Arpinati e di Farinacci. Ma Arpinati non diventò fascista dissidente che alcuni anni dopo. Nel giorno dell'attentato faceva parte del seguito di Mussolini, e poco dopo fu assunto da Mussolini al posto di sottosegretario al Ministero degli interni. Non si comprende quale ragione mai avrebbe potuto avere nel 1926 per volere la morte del Duce. Di Farinacci si disse che era stato visto a Bologna nel giorno stesso dell'attentato. Ma neanche lui era allora fascista dissidente, sebbene fosse di tanto in tanto incaricato da Mussolini di fare la parte del frondista, e non mancassero, qua e là estremisti scerveHati che volevano sostituirlo . a Mussolini. La organizzazione di un attentato simulato gli si potrebbe assai piu facilmente attribuire che un attentato autentico. Per non lasciare nel buio nessuno fra i sentieri che potrebbero condurre a qualche luce in questo losco affare, riproduco una lettera, in data 28 novembre 1933, inviatami da Max Salvadori, uomo di serietà e probità insospettabile, che quale antifascista provò le carceri del regime: • "A Napoli, a Poggioreale [il carcere di Napoli], incontrai un ergastolano proveniente da Ni~ida ~ diretto a Civitavecchia. I suoi compagni mi dissero che era stato condanna– to a trenta anni di carcere nel 1927 dal Troounale Speciale di Bologna, in seguito al preteso attentato Zamboni. Da me interrogato, mi disse che Zamboni nell'attentato non c'entrava niente; che un gruppo di estremisti antifascisti (comunisti? anarchici?) di cui lui pure faceva parte, vollero fare l'attentato; che uno di loro sparò contro Mussolini, e un altro pugnalò Zamboni. Poi il rimorso prese quello che aveva pugnalato Zamboni (era un amico del padre del ragazzo) ~ i suoi compagni lo spensero per paura che parlasse. La moglie di lui raccontò la cosa a un'amica, e .cosi la questura riesci a mettere la mano su tutto il gruppo. Il Tribunale Speciale si trasferi a Bologna; il processo venne tenuto segreto; 21 persone furono condannate a 30 anni, e una a 18. È vero? È falso? È il racconto che mi è stato fatto mentre attendevamo di andare all'ufficio matricola. Quello che mi parlò era un artigiano, un fabbro ferraio, 'un vero artista' mi dichiararono i suoi compagni. Potrebbe darsi che il racconto sia il risultato di un cervello sconvolto da 7 anni di carcere e 11 mesi d'isolamento trascorsi in una cella di punizione di Nisida, dalla quale era uscito la mattina della partenza e dove era stato messo per ave.r rifiutato di salutare 'romanamente' il direttore del carcere." Per veder chiaro anche in questa informazione, bisognerebbe c;saminare metodica– mente gli atti del Tribunale Speciale per la difesa dello Stato. 739 BiblotecaGino Bianco

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