Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Preludio alla seconda guerra mondiale Non possiamo permetterci il lusso di tardare. In questo momento si uccidono, uomm1 e si distruggono case. L'azione dev'essere rapida, e dev'essere efficace, se la Società deve raggiungere lo scopo per cui è stata costituita... Ci siamo assunti obblighi solenni e da questi obblighi non rifuggiremo... L'avvenire della Società e tutto quanto essa afferma può dipendere dalla pronta ed efficace azione che essa intraprenderà in questa crisi. Posso dirvi questa sera che un pronto inizio c'è stato. Per quanto riguarda il Governo di S. M. del Regno Unito, io posso darvi questa assicurazione: come ab– biamo cominciato cosf continueremo. L'uomo appartiene a quel tipo di persone che i francesi chiamano "pin- . " ce sans nre. L'l 1 ottobre, l'Assemblea, con 50 voti, decise che Mussolini, attaccan– do l'Etiopia, aveva violato il Patto. Clausewitz è della opinione che la guerra è la continuazione della di– plomazia, come la diplomazia è la continuazione della guerra. Mussolini aveva letto Clausewitz e lo ammirava assai. Era quindi naturale che met– tesse in pratica i suoi insegnamenti. Il giorno prima che cominciassero le operazioni militari, informò de– bitamente Londra che era sempre pronto a smobilitare nel Mediterraneo purché gli inglesi facessero altrettanto: "esisteva tuttavia la possibilità di negoziare non solo sugli interessi inglesi in Africa, ma su una soluzione del conflitto italo-etiopico che fosse soddisfacente per l'Italia. 1113 E subito dopo lo scoppio delle ostilità i suoi ambasciatori comunicarono a Hoare e a Lavai un "cordialissimo messaggio," il quale spiegava che l'azione intra– presa dagli italiani non modificava in nulla la sua decisione di evitare qual– siasi passo che potesse provocare un'estensione del conflitto. Egli non chiu– deva la porta ad una discussione amichevole per ottenere la soluzione pa– cifica della divergenza in corso. Per questa ragione, benché non potesse ri– tenere che l'Italia avesse ricevuto a Ginevra un trattamento giusto, non intendeva ritirarsi dalla Società delle Nazioni, salvo che vi fosse costret– to dall'atteggiamento degli altri membri della Società (LT. 5-X-35). Aveva rifiutato per mesi ogni compromesso e suonato i tamburi della guerra. E ora che la guerra era cominciata, parlava di pace. Aveva minac– ciato cento volte di abbandonare la Società delle Nazioni, e per la cente– sima volta annunciava che non aveva intenzione di abbandonarla. È evi– dente che cercava di evitare che la Società pronunciasse una condanna e applicasse le sanzioni. Perciò mescolava proposte di amicizia a minacce d'i– n1m1c1z1a. Per dimostrare volontà di pace, pubblicò il suggerimento che si rende– rebbe un servizio alla causa della pace e si abbrevierebbero le ostilità, se la tensione nel Mediterraneo cedesse il posto ad una sincera cooperazione. Tutte le parti interessate potevano contribuire a tal fine con una simulta– nea parallela cancellazione delle misure di precauzione. Augur spiegò la· cosa nel New York Times: 13 VILLAllI, Storia diplomatica, p. 149. 490 Bibloteca Gino Bianco

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