Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

\ La Conferenztl di Stresa tualc espansione italiana a spese dell'Abissinia, queito fatto non ,arebbe affatto sor– prendente. Anzi spiegherebbe la calma che esute a Ginevra in questa situazione piut– tosto sensazionale. La calma celestiale a Ginevra non fu turbata neppure quando in Italia la Commissione suprema per la difesa, presieduta dal Duce, annunciò di aver adempiuto il suo compito "di preparare in tempo tutti i mezzi indi– spensabili ad assicurare la vittorìa nell'eventualità di una guerra" (20 feb– braio). Mussolini sapeva che il Negus non voleva la guerra. Per conseguenza scrisse a De Bono (26 febbraio) che se il Negus non avesse fatto cenno di attaccare, egli, De Bono, doveva "prendere l'iniziativa." Già il 3 marzo era sua "profonda ·convinzione" che le operazioni sarebbero cominciate tra la fine di settembre e la fine di ottobre. 2 Con tutto questo, Mussolini faceva dire che Hailé Selassié minacciava il territorio italiano I Cortesi informò il New York Times che "arrivavano a Roma notizie di truppe in notevoli masse raccolte in Abissinia in vicinanza. della Somalia Italiana": Secondo questi dispacci, 90.000 Etiopici completamente armati stanno di fronte agl'Italiani sul confine. Si ritiene qui che forze anche maggiori stiano per essere mo– bilitate. Inoltre, secondo rapporti ricevuti qui, sono in corso notevoli ordinazioni di materiali bellici, compresi aeroplani, da parte del Governo abissino in vari paesi europei (1 0-III-1935). Cet anitnal est fort méchant. Quand on l'attaque il se défend. Il lettore deve tenere a mente che, secondo Mussolini e i suoi consiglieri militari e diplomatici, ora che Hailé Selassié stava tentando di organizzare un'amministrazione centralizzata segueµdo lo stile europeo, la sola esistenza dell'impero etiopico rappresentava una minaccia alla sicurezza delle colonie italiane. Perciò la guerra imminente era una di quelle guerre "preventive" contro un aggressore "potenziale" che sono chiamate guerre difensive da quelli che ne prendono l'iniziativa. Ma Mussolini non poteva, senza susci– tare universali proteste, giustificare in questo modo la sua avventura. Per– ciò accusava Hailé Selassié non di cercare di organizzare il suo impero in modo che potesse diventare una minaccia per l'Italia, ma di minacciare un attacco improvviso contro il territorio italiano. Anche questo era un vero insulto all'intelligenza umana e non poteva suscitare che sdegno. Il 17 marzo Hailé Selassié invocò l'intervento del Consiglio della Società delle Nazioni in base all'art. 15 del Patto. In quello stesso giorno fu costi– tuito a Londra un Comitato inter-ministeriale "per studiare gl'interessi bri– tannici in Etiopia," tenendo presente che "il fine ultimo" della politica del Governo italiano in Etiopia tendesse "non ad un puro e -semplice predomi– nio economico, ma all'assorbimento virtuale di tanta parte del territorio etio- 2 DE BONO, La conquista, pp. 80-81. Naturalmente Villari ignora questi documenti. 343 Bibloteca Gino Bianco

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