Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

La politica estera dell'Italia e il pacifismo Questi due avversari si trovano, però, in una situazione strana: . l'uno è fortissimo per mare e quasi nullo per terra; l'altro è fortissimo per terra e relativamente debole per mare: gl'inglesi non possono arrivare a Berlino, e i tedeschi non possono andare a dettare la pace a Londra : possono darsi noia e paralizzarsi ovunque negli organi non vitali: l'uno non riescirà mai con le sue sole forze a sopraffare l'altro. Ed ecco l'Inghilterra cercare le forze di terra che le mancano. E si unisce alla Francia e alla Russia. E lavora affannosamente a stringere a sé la Turchia costituzionale, la Serbia, il Montenegro, e possibilmente anche la Bulgaria; e ogni suo successo nei Balcani è uno scacco della politica germanica. Alleata o amica, insieme alla Francia, della Spagna e del Portogallo, assicura la Francia da ogni sorpresa· sulle frontiere meridionali e le permette di concentrarsi verso l'est e verso il nord. Nello stesso tempo si allea col Giappone, si stringe con accordi intimi agli Stati Uniti, e può cosI raccogliere tutte le sue forze marittime nel Mare del Nord, di fronte ad Amburgo e al Canale di Kiel, pronta a distruggere da un momento all'altro ìa flotta militare e commerciale della Germania. Tutto questo lavorio Edoardo VII lo fa, secondo E. T. Moneta, perché desidera la pace. Ed è indubitabile che Edoardo VII desidera la pace. E altro era la pace, di gui godé la Germania fra il 1870 e il 1900, prepotendo in tutto il mondo; altro è la pace, con cui l'Inghilterra la va da otto anni accerchiando. Oggi la guerra non si fa: si minaccia. E gli accordi internazionali sono dettati non dal male avvenuto, ma dalla paura del male. Lo stato piu debole preferisce cedere senza lotta, guadagnando la differenza fra quanto avrebbe perduto dopo una guerra disgraziata, e il meno che abban_ dona senza una lotta disperata. E lo stato piu forte si contenta di ottenere questo meno, senza colpo ferire, piuttosto che ottenere il piu con una guerra che non coprirebbe neanche per lui i sacrifizi ·di questo piu. E tutto questo si fa da tutti salmodiando: "Pace, pace, pace." Ma, in questo genere di pac<l,i deboli sono minacciati di rovina e di morte non meno che i vinti di una grande battaglia. E nulla esclude che, alla fine, la matassa dei contrasti e delle difficoltà si avviluppi in modo che non si possa districare e riordinare se non facendo lavorare la spada. * A tener lontana la eventualità di una guerra non contribuiscono se non in minima parte i pacifistici belati. Essi non servono che a raffinare nei diplomatici una vecchia abilità: quella di far apparire il proprio paese non provocatore ma provocato, e assicurargli cosI le simpatie degl'ingenui e dei disinteressati fuori, e il consenso di tutti i partiti entro i confini dello Stato. Da questo punto di vista, i diplomatici inglesi non hanno, per loro fortuna, bisogno di nessuna abilità per trovarsi in una posizione privilegiata 53 BibliotecaGino Bianco

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