Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

La politica estera dell'lta/,ia e il pacifismo sono paci piu orribili e piu odiose della guerra: sono le paci che consumano a fuoco lento i popoli; le paci, di cui una nazione approfitta, mentre la nazione vicina vede soffocata in essa tut~e le proprie energie etonomiche e morali; le paci, in cui i lavoratori muoiono, non tutti in un giorno sul campo di battaglia, ma estenuati giorno per giorno dalla fame, massacrati nei tumulti civili, abbrutiti dalla miseria e dall'ignoranza; le paci, da cui i paesi non sono devastati in un giorno solo, salvo a rifarsi in un paio d'anni, ma sono impoveriti ed esauriti ora per ora, minuto per minuto, e resi incapaci per secoli di rialzarsi. A queste paci la guerra è preferibile mille volte per una nazione, quando vi sia una sufficiente sicurezza che la guerra riesca vittoriosa. E vi sono pure casi, in cui una nazione deve fare la guerra, anche con la sicurezza della sconfitta, solo per salvare il suo onore e per lanciare un grido di vendetta e di riscossa verso l'avvenire. Garibaldi non è stato mai cos1 grande, come al Congresso della pace del 1867, dove andò a parlare di guerra e ne usd per correre a Monterotondo e a Mentana. Come nelle lotte sociali è pazzo chi sbraita ad ogni passo di barricate e di rivoluzione, ma è ingannatore o vile chi abdica incondizionatamente al diritto della violenza; cos1, nei rapporti internazionali, il desiderio energico, ardente sincero della pace deve essere subordinato sem-pre al desiderio piu energico, piu ardente, piu sincero del bene del proprio paese: cioè - per noi socialisti - dei lavoratori del nostro paese, i cui interessi dobbiamo cercare sempre di coordinare con quelli dei lavoratori vicini, ma non dobbiamo subordinarli . . . mai, mai, mai. La pace, di cui ha goduto l'Europa dal 1882 ad oggi, è stata bene utile ai lavoratori tedeschi, che, per mezzo della Triplice Alleanza, hanno visto scaricata sui lavoratori italiani una buona dose di quelle spese militari che avrebbero ·dovuto pagare essi per difendersi contro la Francia. Noi abbiamo fatto per venti anni gli scherani della Germania contro la Francia; e abbiamo fat~o gli scherani a nostre spese. E, mentre la ricchezza dell~ Germania cresceva in grazia del nostro aiuto e dei nostri sacrifiz1, e i lavoratori tedeschi si dividevano con la borghesia tedesca i profitti della loro meravigliosa prosperità nazionale, lo sviluppo economico dell'Italia rimaneva dalle troppe spese militari inceppato e paralizzato. Quanti lavoratori sono stati uccisi in Italia nei tumulti di fame dal 1882 ad oggi? Quanti lavoratori italiani, costretti dalla miseria ad emigrare, hanno seminato delle loro ossa le cinque parti del mondo? Quanti lavoratori italiani sono morti in patria di malattie incubate dalla indigenza? Quante terre sono rimaste incolte, che avrebbero potuto essere rese fruttifere, se le spese militari utili alla Germania non avessero distrutta tanta parte del nostro capitale? Quante fabbriche hanno mancato di nascere? E, se nel 1882, una guerra fosse stata possibile, che ci avesse risparmiato tanti clan.o.i e tante vergogne, questa guerra, o pacifisti dal cuoricino tenero, non sarebbe stata preferibile alla vostra cara pace? 51 BibliotecaGino Bianco , I

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