Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

"Canonico" e "civile" rebbe: 1) che, secondo noi, "il diritto canonico non rientra nel campo giu– ridico," rimanendo la sanzione giuridica associata col solo diritto civile; e 2) che, secondo noi, la "forma giuridica di una proibizione consisterebbe non nella legge che la codifica, ma in alcuni particolari mezzi di applicazione, ··'·Celere' compresa, le evoluzioni della quale, adunque, e il vuoto che esse creano ove irrompono, sarebbero 'forme giuridiche'." Con tutto il rispetto che dobbiamo all'organo di un'autorità infallibile, dobbiamo dire che secondo noi la parola "giuridico" implica il diritto di costrizione. Quando si dice che "lo stato è l'organizzazione giuridica della società," si vuol dire che chi fa le leggi impone la obbedienza alle leggi, anche per mezzo della Celere. Il diritto canonico aveva vigore giuridico, cioè serviva anche come diritto civile, nei vecchi Stati della Chiesa, e continua ad averlo tuttora nella Città del Vaticano. Ma oggi, fuori di questo recinto, non ha piu che una forza morale per chi vuole liberamente obbedirgli. Invece il diritto ci– vile, e il diritto penale, e la procedura civile, e la procedura penale hanno forza giuridica, dato che c'è sempre un usciere, un carabiniere, un poliziotto, pronto a imporne il rispetto. Il comandamento "non desiderare la donna altrui" è un precetto morale: difatti non c'è nessuna legge che condanni alla prigione chi desidera la donna altrui; invece il comandamento "non rubare l'asina del tuo vicino" è un precetto giuridico: difatti chi ruba l'asina del vicino va in prigione. Chi desidera la donna altrui commette un peccato; chi ruba l'asina del vicino commette un reato. Chi, fuori della Città del Vaticano, rifiuta obbedienza al diritto canonico commette un peccato, non commette un reato. Ben comprendiamo che il Vaticano mira a trasformare questo peccato in reato, dando al diritto canonico il valore di diritto civile. E non è detto che, con l'aiuto di Dio e del prof. Gedda, non vi arrivi. Ma per il momento la differenza esiste. Si resta, poi, senza fiato nel sentire che la forza giuridica di una proi– bizione consiste nella legge e non nei particolari mezzi per applicare la legge. Una legge che non avesse nessun mezzo per farsi obbedire, non sa– rebbe piu legge, ma una predica di Pio XII ai quaresimalisti romani o ai coltivatori diretti. La Celere è un mezzo giuridico di proibizione, e crea il vuoto dove irrompe, appunto perché è un mezzo giuridico il quale fa corpo con la legge. Provi l'Osservatore a trasformare la Celere in organo non piu giuridico, ma morale, e ne farà una confraternita della buona morte. L'Osservatore ci insegna che il Sant'Uffizio pubblica bensf l'indice dei libri proibiti, ma non ha ai suoi ordi~ nessuna Celere e nessuna cen– sura. Lo sapevamo, per quanto poco ferrati fossimo in diritto canonico. Sapevamo, cioè, che le autorità ecclesiastiche, ora come ora, non dànno ordini alla Celere e non sopprimono con la censura i libri proibiti. Queste funzioni spettano alle autorità secolari che sono investite del potere "giu– ridico." Ma non sempre le cose sono andate cosf. Una volta le autorità ecclesiastiche pronunciavano condanne morali, niente altro che morali, pro- 445 Biblioteca Gino Bianco

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