Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Alla "Giordano Bruno " 1 Molfetta, 18 ottobre 1913 Al presidente dell'associazione "Giordan.o Bruno." Signore, rispondo alla Sua circolare in data 1O corrente. Essendo combattuto ufficialmente e aspramente dal clero nel collegio di Bitonto, e non intendendo blandire in nessun modo il clero del collegio di Molfetta, che notoriamente vota quasi tutto per il candidato massone repubblicano, posso rispondere senz'altro che l'Italia oggi ha ben altro da fare che perdere il tempo con le piacevolezze della Giord : . Bruno : . Condivido pienamente, a proposito dei rapporti fra Stato e Chiesa, le opinioni espresse dal deputato radicale onorevole Antonio De Viti de Marco, nel discorso di Firenze, pubblicato dalla Unità (anno II, n. 30). 2 1 Pubblicata su "L'unità," a. II, 31 ottobre 1913, p. 413, con la seguente nota redazionale: "In risposta ad un questionario inviato dalla 'Giordano Bruno' a tutti i candidati [alle elezioni generali politiche del 26 ottobre 1913] il nostro direttore inviò, in data 18 ottobre, la risposta seguente." Cfr. anche Il diversivo anticlericale, in Il ministro della mala vita e altri scritti sul– l' ltalia giolittiana, cit., pp. 351-55. [N.d.C.] 2 In una conferenza tenuta alla Pro cultura di Firenze il 2 giugno 1913, per invito del Co– mitato fiorentino dell'Associazione per il Mezzogiorno e pubblicata sull"'Unità" del 25 luglio 1913 (Per un programma d'azione democratica), De Viti de Marco aveva dichiarato: "Per la democrazia liberale [ ... ] il credo religioso è patrimonio inviolabile di ogni individuo, e lo stato deve assicu– rare a tutti la stessa libertà di pratica e di propaganda, e nessun partito deve pretendere di asser– vire lo stato alle esigenze di una particolare fede religiosa. È con questo spirito di neutralità e di separazione e non di persecuzione, che bisogna affrontare i problemi di politica ecclesiastica e tutti quegli altri problemi in cui la Chiesa cattolica ritiene di avere uno speciale interesse: il divorzio; l'insegnamento dogmatico nelle scuole di stato; la cosi detta scuola libera o privata; la precedenza del matrimonio civile; il regime della proprietà ecclesiastica; il problema delle corporazioni reli– giose; la legge delle guarentigie e via dicendo. Noi sappiamo, e non abbiamo ragione di celare, che in molti casi la nostra legislazione ecclesiastica racchiude disposizioni limitatrici della libertà individuale e del diritto comune; e noi per primi dovremmo volerne la correzione, per rientrare nel regime della libertà e del diritto comune. Ma noi pur sappiamo che si tratta di leggi transito• rie e di compromesso, che sono state imposte allo stato dalla necessità della difesa contro il peri– colo, sempre _ritornante, che la Chiesa invada la competenza politica dello stato. E finché questo pericolo esiste, noi dobbiamo difendere le posizioni attuali, per mantenere lo statu quo legislativo contro gli attacchi clericali. Dobbiamo difenderci, se saremo attaccati, e difenderci nella misura in cui saremo attaccati. Ma la democrazia commetterebbe oggi un grave errore politico se prendesse essa l'iniziativa di sollevare i problemi della politica ecclesiastica, e secondasse cosi le tendenze di coloro - e sono molti, e non soltanto clericali e conservatori! - i quali hanno interesse a creare un potente diversivo politico, scatenando nel pubblico la vecchia passione delle dispute filosofiche e ~elfgiose." [N.d.C.] 365 'bliotecaGino Bianco

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