Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Stato e Chiesa in Italia da Pio IX a Pio Xl tevano scambievolmente "pace ed amicizia." Era un obbligo - chiaro per quanto generico - di non sollevare questioni, territoriali o di altro ge– nere, le quali implicassero· pericolo o disturbo per alcuno degli alleati: cioè, per quanto riguardava la questione romana, la Germania e l'Austria si impe– gnarono a non sollevarla finché rimanesse in vigore l'alleanza; cosf come il governo italiano rinunziava alle rivendicazioni irredentiste, e prometteva di non allearsi alla Francia contro la Germania nella questione dell'Alsazia.– Lorena. Non era la guarentigia scambievole positiva; era un patto negativo di astensione. E non a torto un acuto scrittore francese osservava nel 1891 sulla Revue des deux mondes (15 settembre), che l'Italia, mediante la Triplice alleanza, "neutralizzava" nella questione romana due dei suoi pos– sibili avversari: la Germania e l'Austria. Inoltre, un tentativo positivo, che fosse stato fatto dalla Francia per ristabilire il dominio temporale del papa, non avrebbe potuto avvenire sen– za una guerra d'aggressione francese contro l'Italia. Ora, l'articolo secondo del trattato di alleanza impegnava la Germania e l'Austria ad intervenire solidalmente con l'Italia, "nel caso che l'Italia fosse assalita dalla Fran– cia per qualunque motivo, senza provocazione diretta da parte sua." Nean– che questa è una esplicita guarentigia territoriale. Ma era mai possibile che la integrità territoriale di una fra le potenze alleate fosse messa in pe– ricolo senza una guerra d'aggressione promossa da una potenza estranea al– l'alleanza? E in questo caso, l'obbligo della solidarietà armata non era forse una logica, per quanto implicita, guarentigia territoriale? La Triplice allean– za-. dichiarava il principe di Bismarck a monsignore Galimberti nel 1887- è un semplice patto di difesa contro aggressioni esterne, e lascia "libera internamente la questione romana": cioè la Germania e l'Austria sono li– bere da ogni solidarietà col governo italiano, in quanto le rivendicazioni ter– ritoriali pontificie sono problemi di politica interna dell'Italia; ma sono te– nute ad intervenire a fianco dell'Italia, qualora quelle rivendicazioni possa– no dar luogo ad una guerra d'aggressione esterna contro l'Italia. E che al– tro mai poteva desiderare il Governo italiano, se non che la questione roma– na uscisse dal terreno della politica internazionale e fosse ridotta a faccen- da interna dell'Italia? · Crispi non era, dunque, fuori della realtà politica, anche se peccava con– tro la materialità delle formule diplomatiche, allorché affermava che la Tri– plice assicurava il possesso territoriale degli stessi alleati. E i pubblicisti al Vaticano non sognavano, quando ge~evano che la Triplice era "l'ulti– mo chiodo sulla bara della questione romana." Oggi il problema del dominio territoriale pontificio è cos1 esinanito, da non rappresentare piu un pericolo apprezzabile, né per il funzionamen– to interno giornaliero della amministrazione italiana, né per i riflessi che la questione può avere nella politica internazionale. La generazione, che vide la fine del dominio temporale e partecipò alle passioni di quel tempo, è estinta ormai quasi per intero; i maestri elementari, i medici condotti, i 318 BibliotecaGino Bianco

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