Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Stato e Chiesa in Italia da Pio IX a Pio Xl la sua condotta "soltanto su comunicazioni precise che venissero dalle su– periori autorità gerarchiche." Dopo di che il cardinal Gasparri fece smentire che lo scritto di mons. Pucci fosse "ispirato dal Vaticano. " 9 Mons. Pucci allora spiegò, ìl 28 giugno, che sul suo articolo si potevano fare due questioni ben diverse: "Se io lo abbia scritto in nome della Santa Sede, o se io lo abbia scrittò rispecchiando le idee della Santa Sede." Quan– to alla prima domanda, la risposta non poteva essere che negativa; ma quanto alla seconda, era "ingenuo supporre" che egli avesse potuto scrivere "in materia cosf delicata [ ...] cosa non corrispondente al pensiero della Santa Sede. 1110 Nessuno lo smentL Anzi, due giorni dopo, quaranta solennissimi per– sonaggi, fra i quali tre prfncipi, un duca, sei marchesi, un barone, dodici conti, due vessilliferi di Santa Romana Chiesa, quattro brigadieri generali _ delle guardie nobili, quattro camerieri segreti di cappa e spada, due guardie nobili e altri consimili sopravvissuti al ripulisti del 1870, pubblicarono un "appello ai cattolici italiani" per annunziare che, in quell'" ora di matura– zione politica e di crisi spirituale della Nazione," essi davano il loro con– senso completo, "senza infìngimenti e sottintese riserve, 11 al governo fasci– sta.11 L'Osservatore romano del 2-3 luglio annunziò che quei membri del movimento cattolico agivano "indipendentemente dall'Azione cattolica, 11 per iniziativa puramente personale. Ma tutti sapevano che neanche uno di quei papalini della stretta osservanza avrebbe partecipato a un pronuncia– mento di quel genere, se non fosse in precedenza convinto di far piacere al papa. Pio XI e il cardinal Gasparri tiravano contro don Sturzo le sas– sate, ma nascondevano le mani. Don Sturzo tenne duro ancora per una settimana. Ma il 10 luglio si dimise da segretario del partito. Le "comunicazioni precise dalle superiori autorità gerarchiche, 11 evidentemente, gli erano arrivate. In che cosa esse precisamente abbiano consistito, non si è mai saputo in maniera chiara, e don Sturzo, quando è interrogato su questo punto, diviene muto come una tomba. L'Osservatore romano del 12 luglio 1923, lodando in un untuoso articolo le "inattese 11 dimissioni di don Sturzo, si guardò bene dall' affer- h "d "d 11 " 11 d 1 V . mare c e esse non erano state es1 erate o provocate a attcano: si limitò a spiegarle col fatto che "da varie parti - sia pure senza intesa, anzi contro la volontà di chi regge la cosa pubblica (si·c) - si facevano correre sinistre voci di imminenti offese contro il clero e le opere cattoliche estranee alla politica. 11 Il giornale LA stampa di Torino dette la seguente vers10ne: In Vaticano si temette che l'ostilità fascista venisse ad estendersi al clero in gene– rale. Infatti, dalle alte sfere fasciste giunse in Vaticano l'avvertimento dell'impassibilità di mantenere l'incolumità, sia della persona di don Sturzo, sia dei sacerdoti in genere, nelle varie regioni d'Italia. Il Vaticano si mostrò preoccupato di tale situazione, e poiché 9 "Corriere della sera," 26 e 27 giugno 1923. 10 "Corriere d'Italia," 28 giugno 1923. [N.d.C.] 11 "Il popolo d'Italia," 3 luglio 1923; "La civiltà cattolica," 1923, vol. III, p. 184. 292 BibliotecaGino Bianco

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