Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Stato e Chiesa in Italia da Pio IX a Pio Xl Accanto alle sei propaggini del partito popolare, il ministero Mussoli– ni conteneva anche due propaggini della massoneria di palazzo Giustiniani e tre di piazza del Gesu: Quattro ministri soli erano fascisti. Tutti gli al– tri provenivano da tutti gli altri partiti, meno i due partiti socialisti (rifor– mista e rivoluzionario) e il partito comunista. Ma non fu colpa di Musso– lini se anche i socialisti riformisti non fecero bella mostra di sé nell'arca di Noè. Mussolini avrebbe voluto imbarcare anche qualcuno di loro: egli concepiva il suo ministero come un firmamento, in cui non mancasse nessun sistema planetario, a patto che tutti girassero intorno a lui sfolgorante ~n soglio. Alla loro volta i deputati socialisti riformisti, se fossero stati chiama– ti a sacrificarsi, non avrebbero detto di no. E i rivoluzionari e i comunisti li spingevano ad accettare purché ottenessero la cessazione degli atti di vio– lenza contro le organizzazioni operaie e contro i deputati: quando non avessero avuto piu paura di essere bastonati, si sarebbero affrettati ad accu– sare i socialisti riformisti di aver tradito il proletariato, partecipando a un governo "borghese." Furono i nazionalisti che imposero al duce di esclu– dere dal ministero i socialisti riformisti. Alcuni alti dignitari della massoneria di palazzo Giustiniani avevano contribuito, con tre milioni e mezzo, alle spese della marcia su Roma,3 e dopo la vittoria fascista il gran maestro Torrigiani comunicò ai giorna– li del p novembre 1922 una dichiarazione nella quale mandava a Musso– lini "il saluto augurale" dell'ordine, e affermava che "tutte le forze nazio– nali dovevano seguirlo nell'ardua impresa." Quando Mussolini si presentò per la prima volta alla Camera dei de– putati, il 16 novembre, dichiarando che avrebbe potuto fare dell'aula parla– mentare un bivacco per le sue camicie nere, non lo faceva per il momento, ma dipendeva dai deputati stessi se la Camera dovesse vivere ancora due giorni o due anni, un solo deputato socialista lo interruppe gridando: "Vi– va il Parlamento!" Tutti gli altri inghiottirono in silenzio insulti e mi– nacce. Non erano uomini, erano ombre di uomini. Nella votazione di fiducia Mussolini ebbe 306 voti a favore e 116 contrari. Dei 107 deputati popolari, due soli si ribellarono alla viltà dei lo– ro colleghi e votarono contro; quattro o cinque non parteciparono al voto o si astennero. Sessanta deputati appartenenti a gruppi nettamente antifasci– sti non parteciparono al voto: una diecina appena doverono rimanere assen– ti per malattia o per altri gretti motivi; gli altri si resero latitanti per vi– gliaccheria fisica. Cominciò in quel giorno l'agonia delle istituzioni parla– mentari in Italia. Molti deputati, pur votando la fiducia al nuovo ministero, ci teneva– no ancora a conservare qualche aria di indipendenza. Parecchi giornali, pur sostenendo Mussolini, affermavano di non essere legati al partito fascista. Tutti giustificavano la loro attitudine di benevola aspettativa o di esplicito 3 E. CHIESA, La mano nel sacco, Roma, Libreria Politica Moderna, 1925, p. 6. L'autore era in grado di essere ben informato, essendo un alto dignitario della massoneria. 268 BibliotecaGino Bianco

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