Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Partito popolare, socialisti e fascisti alleanze verso destra; ma l'ordine del giorno approvato dal congresso offd l'alleanza ai soli socialisti, purché questi, "travolte dalla realtà le illusioni apocalittiche di un governo o di una dittatura di classe," accettassero una ·'~ politica di realizzazioni e di dirette responsabilità, contraddicendo alla in– transigenza anticollaborazionista. 1121 Se quest'offerta fosse stata accolta dai socialisti, le istituzioni parla– mentari si sarebbero probabilmente salvate dal disastro, perché un solido governo, appoggiato da una potente maggioranza parlamentare, sarebbe nato un anno prima della "marcia su Roma," e avrebbe ristabilito la pace pubblica in Italia. Ma i socialisti avevano giurato di non capir nulla di quanto avve– niva in Italia dopo la guerra, e riuscivano senza nessuno sforzo a mantenere il loro giuramento, gli uni perché intontiti dalle formule del marxismo intransigente; gli altri perché indecisi di volontà e paurosi di assumersi le responsabilità del governo. Ne conseguiva che i cattolici conservatori avevano il vantaggio di proporre una politica immediatamente realizzabile, quando insistevano per l'alleanza fra il partito popolare e i partiti conservatori non cattolici rinfor– zati dai fascisti. I democratici cristiani, invece, paralizzati dall'intransigenza o dall'indecisione dei socialisti, a cui offrivano inutilmente la loro alleanza, non avevano nessun programma di azione positiva. A rincalzo dei cattolici conservatori intervenne ancora l'Osservatore ro– mano. In un articolo del I gennaio 1922, il giornale ufficiale del Vaticano rimpiangeva i bei tempi, quando "l'azione cattolica teneva davvero il primo posto," mentre oggi "l'azione schiettamente e apertamente cattolica è meno sentita da uomini politici, da organizzatori e da scrittori." Subito dopo scese in campo il Cùtadino di Brescia, invocando un ritorno alla "gloriosa tradi– zione" e attaccando apertamente il partito popolare e le organizzazioni eco– nomiche dipendenti dal partito popolare, in quanto esse mettevano al primo posto non l'azione cattolica, ma la politica, e una politica "anche la meno soda. " 22 Intervenne terzo l'Avvenire d'Italia di Bologna, che da un anno predicava la necessità dell'alleanza fra il partito popolare e i fascisti: an– ch'esso denunciava il pericolo che "certi mastodontici organismi," cioè le organizzazioni dipendenti dal partito popolare, perdessero "quella forza vivificatrice che è solo rappresentata dall'azione cattolica." Anche l'U– nità cattolica di Firenze si mise a domandare con fervido zelo che i catto– lici italiani ritornassero alle "gloriose tradizioni." Ormai l'incubo del "bolscevismo" era passato; 23 le classi ricche avevano 21 E. VERCESI, Il movimento cattolico italiano, cit., p. 210. 22 "Il cittadino di Brescia," 7 gennaio 1922. [N. d.C. ] 23 Parlando alla Camera dei deputati il 20 giugno 1921, l'on. Federzoni disse: "Lo spirito pubblico italiano si va orientando rapidamente verso un programma di operosità e di pace, dopo che il fallimento del regime bolscevico ha distrutto le illusioni di coloro, i quali volevano condurre le masse alle realizzazioni di sogni pazzeschi [ ... ]. I socialisti sono molto mutati [ ... ]. Essi hanno già dato prova di voler abbandonare alcuni degli atteggiamenti assunti per il passato." ("Corriere della sera," 21 giugno 1921). Mussolini scrisse nel "Popolo d'Italia" del 2 luglio 1921: "Dire che un pericolo 'bolscevico' esiste ancora in Italia significa scambiare per realtà certe oblique paure. Il bolscevismo è vinto. Di piu: è stato rinnegato dai capi e dalle masse [ ... ]. L'Italia del 1921 è fondamentalmente diversa da quella del 1919. Lo si è detto e dimostrato mille volte." Il 1° 255 BibliotecaGino Bianco

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