Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Stato e Chiesa in Italia da Pio IX a Pio Xl la sovranità: il governo italiano non era il suo carceriere, ma il responsabile della sua sicurezza. di fronte al mondo. Nello stesso tempo la Santa Sede poteva lamentarsi di non sentirsi sicura della sua libertà, e si presentava ai cattolici dei paesi lontani circonfusa con l'aureola romantica di chi è vittima di una ingiustizia, ma rifiuta di piegarvisi. Nessuna genialità diploma– tica avrebbe potuto escogitare a pri'ori ed offrire alla Santa Sede una "non soluzione" della questione romana, piu comoda di questa che si era venuta elaborando di anno in anno, grazie all'accumularsi di infinite, piccole e grandi "combinazioni." Roma, che nel 1870 aveva 226 mila abitanti, ne aveva raggiunti 500 mila nel decennio 1900-1910. Quest'aumento era dovuto in massima parte al fatto che la città era diventata il centro politico e amministrativo di un paese abitato da 34 milioni di anime. Quale papa avrebbe potuto affrontare la crisi economica, in cui Roma sarebbe stata travolta, se due terzi della sua popolazione si fossero trasferiti altrove insieme con gli uffici della ca– pitale? Tutti i vessilliferi della Santa Romana Chiesa, tutte le guardie no– bili, tutti gli assistenti al soglio, tutti i camerieri segreti di cappa e spada, che erano proprietari di case nella città di Roma, si sarebbero precipitati in Vaticano per scongiurare il papa di non ridurli alla miseria, provocando su Roma una disastrosa crisi edilizia. L' on. Orlando, che fu ministro della Giustizia fra il 1907 e il 1910, racconta di avere domandato a un prelato quello che il papa avrebbe fatto di Roma, se il governo italiano gliel'avesse restituita. Il prelato rispose alzando le braccia al cielo: "Dio ce ne liberi! " 4 D'altra parte, dove la Santa Sede avrebbe potuto trovare le forze per ridurre alla discrezione il governo italiano? Nell'estate del 1903, quando Pio X ascese al pontificato, le relazioni austro-italiane erano torbidissime, e la diplomazia vaticana poteva illudersi di trovare a Vienna quel punto d'appoggio che le era venuto meno a Parigi. Ma nel 1904 le nubi comincia– vano a dissiparsi, e fino alla fine del 1908 i rapporti rimasero corretti, se non intimi; ebbero una nuova crisi fra il 1909 e il 1911; ridivennero ami– chevoli nel 1912. Nessun aiuto c'era da sperare dalla Germania: l'Entente cordiale anglo-francese sorta nel 1904 rendeva piu necessaria che mai alla Germania l'alleanza con l'Italia. Piu che interessarsi della questione romana, i governanti tedeschi lavoravano ad evitare che gli attriti fra l'Italia e l'Au– stria diventassero inconciliabili: era vano illudersi che essi mutassero questa politica per meritarsi la riconoscenza del Vaticano. Ad una intesa col governo francese, non era neanche da pensarci. Nella Camera francese, la protesta di Boni de Castellane contro la visita di Loubet a Roma non raccolse nel- 1'aprile del 1904 che 10 voti e fu subissata da 499 voti favorevoli al governo. Nel Senato, 244 voti furono per il governo e 2 contro. 5 Era ben lontano quel 22 luglio 1871, quando mons. Dupanloup mobilitava nell'As- 4 V. E. ORLANDO, Su alcuni miei rapporti di governo con la Santa Sede. Note e ricordi, Napoli, Sabina, 1930, p. 45. 5 A. DEBIDOUR, L''P.glise catholique et l'Etat sous la Troisième République, cit., vol. II, p. 398. 182 BibliotecaGino Bianco

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