Angelo Maria Ricci - Elegie ed epicedi

42 Poi eh è Morte, e,he tutto urta e dissolve, Nulla annienta quaggiù, di quanto un giorno Dio fece amando, e riamando volve Al reparahil vortice d' intorno, In cui vive la vita, e al fin risponde Del Tempo edace e della Morte a scorno; In quest'erbe, in quest'aure, in queste fronde~ Vivon pur le memorie inosservate Di quei che già passar su queste s·ponde, Per cui senso d'incognita pietate In noi riversa tutta la natt1ra, E ne avvicina le persone amate. N è tutte a noi così Morte le fura, Ma per distanza tal da noi le arretra, , Che ·il desir mai non pago, eterno dura..: Così c.ontraria forza urta per l' etra Le innamorate stelle, e sì le aggira, Che l'universo del suo Fabbro è cetra. Ma non è questo fral ch'ama e s'adira, N è questo cor cl1e sente arcani istinti, Nè questa polve, che ad amar ci tira; Anzi qui troppo da vicino avvinti, Da contraria vertigine o deliro Siam per sovercl1io amo1· quasi l"espinti..

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