Angelo Maria Ricci - Elegie ed epicedi

34 l)eh ti consola, amico, e poni mente A' giorni estremi di mia vita, ond' io l1er quel presa go gel che in cor si sente, Mi staccava dal mondo, e il viver mio Più rnorte era che vita, ognor digiuna D ' altro piacer che d'aver pace in Dio. Ne' cari figli io ti lasciai più d'una Parte di rne, l'ossa alla terra arnica, Che n1i fu patria, e non n1i diè la cuna~ Vivendo io non cercai chi molto dica Di me, chè a' figli tuoi vivea soltanto, E fui di vota arnbizlon ne1nica. Che se all' obhlio mi toglie aura di canto, Il d.eggio ai V ati, onde il mio nome è chiaro, Alla loro pietade, ed al tuo pianto. (7) E se di me cantar vorranno al paro, Da pietà 1nosse, altr'anime cortesi, Cui teco lagrimar non fia disc aro, Sol vo' che dica n cl1e di te m'accesi, Che amai chi più t'amò; che il tuo lamento Armonizzato fra le stelle intesi. Ma s' erger rni volessi un monumento Da clussico scarpello ad eternarmi, Poichè il mio Fidia pria di tne fu spento,

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