Massimo d'Azeglio - Discorso ... e altri pronunciati ne' banchetti tenuti in Pesaro

23 vjsa, lacerata, fatta cadavere, ed oggetto di scherno a quegli stessi popoli, a cui faceva tremare le vene e i polsi. Forsechè i Romani fuggenti davanti al brando barbaro, non avevano nerbo nel braccio e vita nel cuore, come i Romani vincitori d'E piro, di Cartagine, della Numidia, delle Gallie, del Mondo? Forsechè i Lombardi, que' medesitni che disfecero tre poderosi eserciti, che discacciarono per tre volte dalle terre italiane lo scomunicato Barbarossa, pot-erono in poco di tempo tanto cangia re la natura loro, da divenire façile preda di ceni o Tirannetti, la memoria dei quali oggi muoverebbe a riso, se non avessero fatto pianger troppo? Quale fu adunque la occuha forza, che noi lrasse in citna d~ ogni potenza mortale? Quale fu quella che ne avvolse uella miseria e nella vergogna? - La Concordia ne fece primi, la Discordia ullimi! - I Romani concordi nell'amor della patria, nel desiderio della gloria ebbero gli Orazi, i Deci, i Curzi, i CamiJli, e tanti altri di quella schiera generosa, che il mondo tuttora meravigliando ammit·a; e Roma fu Regina in Campidoglio, facendo sgabello della vittoria, collo scettro di ferro nel pugno, 1' aquila sul capo. - Si divisero gli animi, si divisero gli afl"etti, si divise 1' imperio ; la poi enza a poco a poco scemando cadde, e Roma fu schiava. I Lombardi uniti nell'amore della libertà, nell'odio allo straniero, mostravano quanto possa l'uomo, che sa morire pel più santo dei diritti, la Indipendenza, e vins~ro: i Lombardi sazi di quella vittoria fugace, si volsero a g?re. munici p a l i , tiusero i ferri i t ali ani nel sangue 1tahauo, e chiamato così Jo sdegno di Dio su l loro_ c~po, perdcttero il senno, la forza, c furono schiaVI! Ora sul nostro orizzonte è ricou1parsa la Stella Italiana sfolgorante di luce nuova, che ricondurrà il bel tempo della gloria passata, se noi saprem? seguirne il cammino. - L'Italia deve mautenere 1 suoi Principi, ed essere indipeudcote col mezzo de, •

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