Ricciotti Garibaldi - La camicia rossa nella guerra greco-turca, 1897

XVII. Da Aslanar alla tomba di Fratti. Era già notte fa tta qua ndo r ientrammo nel vi llaggio d i Aslanar, a un paio di chilometri dall' altro villaggio di poche case el i Kasimi r·, nel quale erano stat i deposita t i i nostri ferit i. I nostr i si dispersero subi to in cerca di cibo. Un buon tessalo mi diede una g rande fetta di pa,e, spalmata di miele, che fu subito divisa fra sette o otto. In un fondaco a ltri duo ind igeni vendettero, fin che ne ebbero, delle crost e eli pane e qualche boccione di mastica. Fu il solo cibo che s i ebbe per quasi due g iorni. Nella notte i nostri dottori, a iutati da altri volontari, poterono rnerl icarc alla meglio i nostri feri t i. F'u provvisto anchtl al seppellimento dei morti . Il bravo capitano Vara tassis, comanda nte la Leg ione filcllenica (il quale aveva avuto una palla at traverso g li intestini, quando la sua legione si unì ai nostri sulla dritta) cessava di vivere. Verso l ' una del mattino mi fu comunicato l'ordine del Diadoco di r it irarmi per la via di Dranitza a Lamia- c mi si diede notizia che tut to l'esercito g reco s i ritirava c che il P rincipe ereditario avrebbe difeso il passo eli Furca. Quest'ordine non mi sorprese e, confesso, ne fui contento. Convinto ormai che la g uerra non era che una farsa ordina ta dalla diplomazia per gettHe pol vere negli occhi al patriottismo greco - a nche la presenza della nostra Camicia Rossa stuonava o era per lo meno inutile . Perciò ero contento che non s i mettessero più in pericolo le vi te dci miei g iovani compagni , i quali g i<Ì avevano provato abbas tanza che il loro fil ellenismo non era da burla.

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