di impresa, inaccettabili teoricamente nella cooperazione, e ritenute ingiuste, tanto ingiuste che in fondo b societù di produzione si costituisce appunto per sostituirle od almeno per modificarle sostanzialmente. Ripetiamo però che, come espediente pratico, come « transazione», questo sistema è indubbiamente il migliore: e solo osserviamo che esso è stato escogitato no11 dalla scienza ma dalla pratica; e che ben pochi degli economisti, che pure hanno così ben rilevato i di- [dti delle società cli produzione e l'insolubilità del problema teorico della distribuzione, ne hanno tenuto conto e ne hanno riconosciuti gli incontrastabili pregi. Da ultimo noi dobbiamo far cenno cli una difficoltà o «difetto», che dicemmo essere di ordine misto, economico e psicologico: la tendenza che hanno le società di produzione, specialmente quando riescano, a degenerare, e ad assumere, almeno in parte, i caratteri dell'impresa speculativa. E' questa per noi la obbiezione più grave, e che intacca più seriamente la portata ccl il valore sociale dei nostri istituti. Ma essa non è stata posta in luce che di rado e molto imperfettamente nella scienza, e qui ci dobbiamo limitare ad accennare alle traccie che ne troviamo nei pochi economisti che l'hanno intraveduta. D'altra parte noi la rilevammo gia a pm riprese nella seconda parte cli questo lavoro, e la riprenderemo ad esaminare per conto nostro a suo luogo. Questa tendenza a degenerare è stata osservata da cliversi punti di vista, che possiamo ridurre a tre: 1) La società, quando il suo lavoro aumenta e supera la capacità cli lavoro dei soci, non potendo lì per lì reclutare elci soci nuovi, deve nceessariamente assumere al suo servizio dei lavoratori come salariati, ed altera re così la sua inclole cooperati va; 2) I soci che, dopo anni di lavoro in società, hanno accumulato un certo capitale, non di rado preferiscono abbandonare i loro compagni, per stabilirsi per proprio conto come imprenditori, quasi che il restare nell'a sociazione sia per loro un sagrificio;
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