fuori delle società di produzione, e semplicemente dal punto di vista della determinazione di una giusta retribuzione del lavoro. Il Thiinen si affaticava con poco uccesso alle sue poderose indagini intorno ad un « salario naturale »: e così le sue, come altre ricerche, conducevano i più alla persuasione della insolubilità di un tale problema. Questa opinione è espressa con diverse parole ma presso a poco nello •stesso senso eia moltissimi, e 11.011 ci sappiamo trattenere dal citare qualche breve passo: << E' impossibile sceverare nel reddito della prcduzione, dice il Mithoff, la parte dovuta al concorso del lavoro, quella dovuta al concorso del fattore naturale (terra), ~ quella dovuta al concorso del capitale .... Ogni tentativo per giungere alla determiuazione di una misura cli salario, di interesse, di profitto e cli rendita «giusta» nel senso da noi accennato, è destinato a fallire ». E, parlando delle societù di procluzio11e, egli osserva com.e ostacolo gravissimo sia per loro « la impossibilità di trovare una stregua obiettiva per la ripartizione del prodotto netto della intrapresa fra il lavoro ed il capitale; impossibilità per cui anche in seno delle associazioni di produzione l;:i, lamentata opposizione fra capitale e lavoro verrebbe a ri-sorgere » (o, diremmo noi, si sostituirebbe a quella ora esistente fra impresa e lavoro). E lo Schaf fle: « Errore grossolano e pericoloso è il ritenere che si possa trovare qualche costituzione del processo di rendita, per la. quale si assegni all' operaio precisamente quella parte del reddito della produzione sociale, che fu ottenuta mediante il suo lavoro»: osservazione che lo induce ad abbandonare il criterio della giustizia, per ricercare invece la migliore ripartizione in « un sistema che assegni a tutti la massima somma di soddisfacimento veramente umano ». Ed anche noi, spiegando le ragioni della impossibilità cli risolvere un tale problema, osservavamo che capitale e lavoro sono entità assolutamente eterogenee;
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==