Giacomo Debenedetti - Otto ebrei

mentre gli eroi del _doppio gioco si adoperano a fargli ritrovare, alle sue stesse basi, nel suo stesso atto di rinascita, u'n certo tipo di manovra che non poteva essere inventata se non nel carosello dei corruttori-corrotti, dove la parola d'ordine, l'emblema era (chiediamo scusa) il « far fesso». Ma tutto questo riguarda ancora il cm,tume in generale, rientra nel comune senso di civismo. Abbiamo detto di voler guardarè da una specifica prospettiva ebraica. E scartiamo anche l'altra ipotesi: che soltanto a un soprassalto del millenario, proverbiale, duro-cervicato e protervo orgoglio, semitico si possa ascrivere il malessere di dovere qualche cosa a 'un Alianello, di essere trasci-· nati a figurare alla sbarra con lui, testi a discolpa . del teste. Da alcuni secoli gli ebrei sono perseguitati da un terribile tipo: tanto più pericoloso, perchè suscitato da un poeta eccelso, che gli ha soffiato il proprio dono di eternità. E in lui ha condensato antiche e nuove accuse della diffidenza antisemita: da quella dell'omicidio• rituale, se così può dirsi, a quella dell'esosità usuraia e inesorabile. Sl tratta del personaggio di Shylock. (Il Mercante di Venezia venne ripreso, negli ultimi anni del fa. scismo, da un astuto capocomico, oggi collaborazionista, per onorare con illustri lusinghe la campagna razziale). Facilmente si dimentica che Shylock agisce sotto l'assillo dell'amore paterno tradito, dell'onore e dell'istinto familiare conculcati. Shylock appare invece come nient'altro che Jl Biblioteca Gino Bianco I I

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