Giacomo Debenedetti - Otto ebrei

GIACOMO DEBENEDETTI OTT·OEBREI PREFAZIONE DI · CARLO SFORZA ATLANTICA EDITRICE Biblioteca-Gino Bianco

Biblioteca Gino Bianco i

,. .. I Biblioteca Gin'OBianco

Biblioteca Gino Bianco

GIACOMO DEBENEDETTI OTTOEBREI A ATLANTICA EDITRICE - ROMA Biblioteca Gino Bianco I

; PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA Autoriiza:ione Commissione Naiionale per la Stampa n. 348 Biblioteca Gino Bianco

Prefazione Caro Giacomo Deberiedetti. Le confesso che ho cominciato a leggerLa con la diffidenza di chi ha avuto tra mano troppi libri di ebrei su ebrei, saturi di invettive messianiche e di sarcarsmi alla Heine. Da Lei, invettive mai; il sarcasmo affiora bensì, qua e là, ma appena visibile, nascosto com'è da una pacatezza, sia pure amara, che pervade tutto il Suo scritto. Il cui merito maggiore - dal punto di vista· morale, che è poi quello che conta - mi pare questo: che quando, per esempio, descrive calcolate bontà di farisei o generosità filosemitiche che ricorI Biblioteca Gino Bianco

dano il « doppio giuoco >> di ieri, l'impressiÒne che provoca è più di accorata pietà che -di·sdeéw; e identica pietà, penso, nei discendenti dalle catacombe e in quelli dalla sinagoga che - i nostri risibili razzisti non ci pensarono -·- esistevano in Roma fin prima della Chiesa. il Suo libretto permette anche di spingere lo sguardo nei più nascosti ripieghi delle anime e scoprire se certe ferite son rimarginate o tuttora sanguinano, dopo il più antiitaliano dei contagi: l'artificioso antisemitismo che una banda nazionalista copiò dalla straniera Germania. Dico il più unti-italiano perchè è bensì vero che in ogni nostro periodo di depressione nazionale - e il fascismo fu uno - soffrimmo di pompose fe6bri a base di Imperi romani di cartapesta; ma, almeno, il nostro universalismo ci aveva sempre . fatto rigettare un ant;j,semitismo che ci eravamo perfino rifiutati di capire. Scrivendo, Lei avrà a volte creduto che un vago fondo ereditario La ispirava. No, chi Il Biblioteca Gino Bianco

legge sa meglio di chi scrive: Lei ha scritto perchè italiano e come italiano. Ed è in me l'italiano come Lei che Le è grato d~ una testimonianza che onora la nostra millenaria civiltà cristiana e italica. Che i tedeschi abbian potuto credere sul serio all'antisemitismo sol perchè furono convertiti dieci secoli dopo di noi? Con cordiali augurii, Roma, Natale 1944 CARLO SFORZA - III Biblioteca Gino Bianco .

• Biblioteca Gino Bianco

1. LA CORVETTA CLAYMORE Biblioteca Gino Bianco

,, .Biblioteca Gino Bianco

Roma, 24 marzo 1944. Si sta manipolando la cosiddetta cc prima lista » per le Fosse Ardeatine. I tedeschi, per conto loro, hanno già prelevato dieci ostaggi. cc Dissi a Carretta di cancellare dieci ,wìm:i. In fondo c'erano i nomi d'i otto ebrei. Abbiamo pensato che foss~ro stati aggiunti all'ultima ora per completare il numero di 50. Così Carretta Zi ha cancellati insieme con altri due nomi scelti a caso >>. In questi termini, secondo i resoconti dei giornali, si sarebbe espresso, davanti l'Alta Corte di ,Giustizia p~r la punizione dei· reati fascisti, il signor Raffaele Alianello, commissario di' Pubblica Sicurezza, appositamente « distaccato >> da un campo di concentramento, perchè venisse a de, porre come teste al processo Caruso. E' noto che il cervello degli sbirri obbedisce a meccanismi molto elementari. Nell'esercizio delle proprie funzioni, e soprattutto agli occhi delle vit- • 5 Biblioteca Gino Bianco I ,

, . time, lo sbirro può anche apparire diabolicamente ingegnoso, penetrativo, psicologo. Che guizzi di spiritata fantasia, quali sataniche escùgitazioni, che prontezza e perspicacia di lettore d'anime, di radiologo delle coscienze, che bravura di commediante consumato nel passare dal patetico al sardonico, dalla bonarietà accorata e paterna alla glaciale ferocia. Senonchè questa specie di nefasta intelligenza non gli· appartiene in proprio, anzi gli proviene da una doppia delega. Una delega, per così dire, dal basso: nel senso che la vittima, ridotta all~ stato di pass 1 ività, proietta sull'aguzzino la propria intelligenza imbavagliata,' e a lui la attribuisce: è la psicosi della vittima, che prende corpo nella figura dello sbirro e le regala tutte le proprie fantasie morbose, le figurazioni dei propri incubi, le sottigliezze delle proprie apprensioni. E una delega poi dall'alto: nel senso che quell'intelligenza, da cui lo sbirro si sente soggettivamente animato, non è eh.e una investitura scesagli per li rami da un qualsiasi irraggiungibile « LUI ». Di Lui si osa appena accennare con un gesto sornione del pollice, che indica dietm le spalle verso l'alto; si osa appena sussurrarne il nome. Lo sbirro crede e si appoggia ai propri capi, i quali alla loro volta credono e si appoggiano ai propri capi, e così di seguito fino al Capo. E questo Re della Camera Oscura, questo Dottor Mabuse, facendo perdere lungo la trafila l'esatta nozione di sè, si lascia supporre pressochè onnipotente, impunibile quant'è impunito, e capace di procurare l'impuni6 Biblioteca Gino Bianco

tà. cc Questa è l'arte di non farsi conoscere - riflette il tiranno Oloferne, nella Giuditta di Hebbel - di restare sempre un mistero ». Ed è la grande regola per fondare le tirannidi e il terrore. :!:..acosa si è vista bene in Germania, quando i nazisti si impos~essarono del paese. I gregari ripetevano la loro energia e ogni altra risorsa dai gerarchi, i quali la ripetevano da Hitler, il quale 1 parlava di un arcano cassetto, dove teneva chiuso un piano econÒmico-sociale per la rigenerazione del Reich. Rauschning ci ha rivelato che quel cassetto era vuoto. Alla base di ogni tirannide, o terrore, c'è quel cassetto vuoto. L'apparente intelligenza e cap~cità degli esecutori - perspicacia di poliziotti o audacia di militi - dipendono dalla fede in quel cassetto. Aperto il cassetto e trovatolo vuoto, anche Alianello è ricaduto nella originaria semplicità. E probabilmente avrà ragionato: cc Non solo i signori dell'Alta Corte e i pochi invitati seguono il processo del mio ex-capo Caruso, ma l'opinione pubblica di tutta Italia e, in certo senso, di tutto il mondo. Quanti occhi abbiamo addosso. E il guaio è che in questi giorni gli affari vanno male: oggi è il campo di concentramento, e 'domani chi sa. Forza, cerchiamo di renderci benevoli tutti questi occhi, di impressionarli favorevolmente. Una occasione come questa è difficile che si ripeta: qui però bisogna far centro· al primo colpo, non c'è tempo da perdere. Occorre dar subito, 'dare abilmente, tra le righe, la pr~va provata, palmare che, mentre 7 Biblioteca Gino Bianco

i cattivi collaboravano coi « nazifascisti »; noi eravamo invece tra i buoni. Ma il problema, in fondo, è semplice. Quello che ieri era nero oggi è diventato bianco, e viceversa. Qual'era, sul cartellino segnaletico del fascismo, il connotato più caratteri&tico? Quali le impronte digitali del fascismo? Diamine, la persecuzione degli ebrei. Quale, di conseguenza, il più incontrove-rtibile connotato dell'antifascismo? La protezione degli ebrei. I fascisti, quando comandavano loro, deploravano: peggio, punivano il pietismo verso gli ebrei. Mostriamo di essere stati pietisti, di avere avuto questo coraggio, e risulteremo senz'altro iscritti, iscritti d'ufficio, senza ombra di contestazione, mii ranghi dell'antifascismo. Pài, giovinotto, attàccati agli ebrei, tutto fa brodo, anche la carne sbattezzata. Fai vedere di aver derivato a favore degli ebrei il cavo preferenziale della benevolenza >>. Concluso così il suo silenzioso ragionamento, il teste parla. E, giurato di dire la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità, pronuncia queste parole, che giustamente confida sieno per diventare memorabili: cc Dalla prima lista delle Fosse Ardeatine ho sùbito, per prima cosa, cassato i nomi di otto ebrei ». Dentro di sè, Alianello si frega le mani: ha messo, non già al muro, ma spalle al muro, Alta Corte, invitati, opinione pubblica d'Italia e del mondo intero. Il nembo di sospetti e di prevenzioni che lo fasciava, và ora svaporando, si va ora tingendo di un dolce colore di nube rosata: 8 Biblioteca Gino Bianco

,una di quelle nuvole che somigliano a cigni, o cherubini in volo. Salvare delle vite umane, e .delle vite innocenti, è tale atto che nessun errore o debolezza successiva possono infirmarne la bontà. Ma certo ]a deposizione del teste Alianello nel processo del 20 settembre rifluisce sui gesto del commissario Alianello durante la giornata del 24 marzo, e gli si sovrappone in maniera, quanto meno, ambigua. Guardiamo la sovrapposizione da una prospettiva di ebrei. Il sentimento che essa suscita è mescolato e complesso. Gli ebrei hanno l'impressione di trovar!!i a bordo .della Claymore, la corvetta di cui Victor Hugo, parla nel romanzo del Novantatre. Un marinaio per negligenza l'ha messa a repentaglio di naufragio. Con sovrumano valore e disprezzò della propria vita, il marinaio si riscatta, salva la nave. Il marchese di Lantenac lo .decora al valore, e poi immediatamente lo fa giustiziare. Ce ne fossero stati, ce ne fossero ancora tanti, degli Alianelli. Fossero stati ancora più numerosi qui a Roma, dove quasi non è casa, non è famiglia ebraica, nella quale, tornando dopo questi mesi, non si, abbia paura di chiedere notizie dei congiunti più stretti. Già troppe volte ci siamo visti opporre dei visi chiusi, severi, che si vietano qualunquè espressione come superflua, come sproporzionata agli avvenimenti: - Presi, deportati quella mattina del 16 ottobre. Non se ne è saputo più niente. - Dove ancora, in quel non aver più saputo, c'è un tentativo di eufemismo pietoso, uno 9 Biblioteca Gino Bianco

sfiduciato barlume di speranza, che cerca di smentire il presagio, il timore, forse la certezza, più fu. nesti. Ce ne fossero stati degli Alianelli e Varsavia e a Lublino, sulle banchine donde partirono, e partono, i vagoni piombati, furgoni senza più carico umano, ma solo carne da strazio e gemiti e pianto; nelle città, dove in qualche via signorile e un poco fuori mano, edifici stupidi, sordi, apparentemente senza destinazione, ville dalle persiane chiuse, nascondono nei sotterranei le camere della morte. Ce ne fossero stati, ce ne fossero ancora, dove ancora il nazismo fa strage. Benedetti gli Alianelli, e sciagurato chi si attentasse di togliere anche una virgola alla gratitudine che si meritano. Il mescolato sentimento degli ebrei, di fronte alle autodifese degli Alianelli, non vuole ~emmeno essere ridotto alla normale reazione di chi, senza sua saputa e senza mai avervi dato ansa, si ve'de ridotto a una delle due carte, e sia pure a quella favorevole - alla matta - del cc doppio gioco ». Che è ·poi una maniera di essere, e di sentirsi, giocati... Ques,to doppio gioco, applauditissimo in prima istanza e, come si dice, a botta calda, viene di giorno in giorno più adeguatamente squalificato. Tra l'altro ha il difetto di volere surretiziamente reintegrare con tutti gli onori, anzi agghindato di un'aureola di merito civico, il metodo dell'ambiguità canaglia, del contegno bifido e furbesco, del fine-giustifica-i-mezzil. Proprio quando, col Machiavelli di Mussolini, pare a tutti che basti. Il mondo ha finalmente il diritto di sentirsi pulito, Bibliotèca Gino Bianco

mentre gli eroi del _doppio gioco si adoperano a fargli ritrovare, alle sue stesse basi, nel suo stesso atto di rinascita, u'n certo tipo di manovra che non poteva essere inventata se non nel carosello dei corruttori-corrotti, dove la parola d'ordine, l'emblema era (chiediamo scusa) il « far fesso». Ma tutto questo riguarda ancora il cm,tume in generale, rientra nel comune senso di civismo. Abbiamo detto di voler guardarè da una specifica prospettiva ebraica. E scartiamo anche l'altra ipotesi: che soltanto a un soprassalto del millenario, proverbiale, duro-cervicato e protervo orgoglio, semitico si possa ascrivere il malessere di dovere qualche cosa a 'un Alianello, di essere trasci-· nati a figurare alla sbarra con lui, testi a discolpa . del teste. Da alcuni secoli gli ebrei sono perseguitati da un terribile tipo: tanto più pericoloso, perchè suscitato da un poeta eccelso, che gli ha soffiato il proprio dono di eternità. E in lui ha condensato antiche e nuove accuse della diffidenza antisemita: da quella dell'omicidio• rituale, se così può dirsi, a quella dell'esosità usuraia e inesorabile. Sl tratta del personaggio di Shylock. (Il Mercante di Venezia venne ripreso, negli ultimi anni del fa. scismo, da un astuto capocomico, oggi collaborazionista, per onorare con illustri lusinghe la campagna razziale). Facilmente si dimentica che Shylock agisce sotto l'assillo dell'amore paterno tradito, dell'onore e dell'istinto familiare conculcati. Shylock appare invece come nient'altro che Jl Biblioteca Gino Bianco I I

l'ebreo, il mèrcante ebreo, che non sente ragioni; che pretende, esige, si fa pagare la libbra di carne viva prelevata sul corpo del debitore insolvente. Offesi da. questa secolare denunzia, che tutte le ribalte del mondo hanno instancabilmente riproposta al giusto sdegno delle platee, che gli scaffali delle biblioteche di tutto il mondo quotidianamente ridiffondono, quale sentimento possono provare gli ebrei, quando gli tocca di accorgersi che Shylock non è solo un'ingiuria, ma una soperchieria: che troppe volte accade proprio a loro di essere le vittime di sempre nuove incarnazioni e imprevedute varietà di Shylock? E ora, mentre nei paesi liberati risorride per essi la luce, ora che ogni mattina, al riswgliarsi, si d.omandano se l'aria che respirano è proprio davvero l'aria di questo mondo, ecco che un nuovo Shylock viene avanti . e, forte del proprio credito, chiede non già un pezzo di carne viva ma una passiva complicit~ nel dimostrare la purezza, di lui Shylock, e l'intemerata sua fede antifascista. Avessero la fantasia di scherzare, gli ebrei si domanderebbero: - Chi è, nel senso ingiurioso della parola, nel senso dell'esosità, chi è il vero ebreo?. - E' probabile che il caso Alianello conti solo per quello che vale. Però è ·un sintomo. E alla sensibilità non ancora rimarginata degli ebrei dice che la campagna razziale non è finita. La persecuzione continua. Sappiamo la risposta: questa è ipersensibilità morbosa, da curarsi; è pignoleria talmudistica, è gusto corrosivo del paradosso, 12 Biblioteca Gino Bianco

vecchie malattie giudaiche. Se fosse sensibilità morbosa, cioè segno di mentalità poco socievole, ne chiederemmo scusa. Se possa apparire pignoleria talmudistica, rispondiamo che il pretesto Alianello non è accattato nè sofisticato per fatua libidine di casuisti: sarà un pretesto, ma per dire le nostre ragioni, per parlare a suocera e a nu~ra, a quelli che i fascisti chiamavano « ariani », e a noi stessi ancora. Che poi sia paradosso, neghiamo, e cercheremo di dimostrarlo. 13 Bililioteca Gino Bianco

Biblioteca Gino Bianco

2. IL GHETTO E L'ARCA DI NOÈ Biblioteca Gino Bianco

Biblioteca Gino Bianco

• Il caso che si presentava al commissario Alianello e al suo collega era il seguente: una lista :di 60 nomi, di cui 10 in soprannumero. Dunque, 10 persone da salvare: da salvare, se così può dirsi, legalmente, a rigore di diktat, senza lode speciale, ma anche senz'alea. Quei 60 erano tutti egualmente innocenti. In simili ca_sisi tira a sorte: è la regola di prammatica, subito dopo quella del « prima le donne e i bambini » : in tutti gli incendi, naufragi, alluvioni e altre emergenze del genere. Anche i' Alianello un giorno è stato bambino: a noi adesso pare impossibile, ma deve avere anche lui ruzzolato, giocato sui prati dell'infanzia. E avrà cantato anche lui, come tutti, la vecchia filastrocca del piccolo naviglio che non potea, non potea più navigar. E sul piccolo naviglio allor si gioca alla più corta paglia, per scegliere chi sopravviverà. Non se ne è ricordato nel pomeriggio del 24 marzo? Certo che se ne è ricordato: 17 Biblioteca Gino Bianco •

tanto è vero che lui e il collega, cancellati preventivamente gli otto ebrei, sc~lsero « a caso » (parole testuali del teste) gli altri due nomi. Perchè gli ebrei ebbero il privilegio, la. precedenza? Perchè, su dieci posti, se ne portarono via otto? L'ingiustizia era uguale per tutti. Non si dica che sugli altri pendevano accuse precise: che la loro sorte, anche senza quella rappresaglia, era già decisa, scontata. Primo: se due nomi furono scelti a caso, anche gli altri otto potevano essere scelti a caso. Secondo: sugli ebrei gravava l'accusa razziale, con cui sotto i nazi c'era poco da scherzare. Ma all'Alianello gli ebrei dovevano apparire come degli innocenti più innocenti, delle ingiuste vittime più ingiustamente vittime. Non invano, da anni, la propaganda fascista li additava alla 'esecrazione e all'eccidio; non invano, da anni, la propaganda degli uomi~i liberi rispondeva che la , campagna razziale era lobhrobrio numero uno, la tipica iniquità delle dittature reazionarie: che quello subìto dagli eprei era il primo torto da risarcire, che la riparazione verso gli ebrei doveva essere quasi il primo simbolo della riscossa, '.delle libertà restituite ai popoli. La gente del tipo Alianello - piccola borghesia suscettibile, credula, presuntuosa, impressionabile, eccitabile, laureata in legge, abbastanza evoluta per potersi credere delle idee, non abbastanza per averne - quella gente è la più plastica argilla per la propaganda. Sono gli ardenti neofiti di ogni verbo pubblicitario, i catecumeni dello slogan. Nel salvare preferen18 Biblioteca Gino Bianco

zialmente gli ebrei, in vista dei propri meriti fu. turi, l' Alianello subì una parola d'ordine pubblicitaria: come chi compra il dentifrici(') più lanciato, ripromettendosene per l'indomani i denti più bianchi. Obbedì a uno slogan. Avesse detto almeno: gettate le sorti, uscirono otto ebrei. Ma no: sottolineò il partito preso. Ancora un partito preso. Una « campagna >> di riparazione, che rovescia una « campagna » di distruzione: una campagna sempre. Sotto, i nazi, gli ebrei si sono sentiti, e si sentono, il soggetto o il predicato, il nominativo o l'accusativo o il dativo di uno slogan di morte: « scacciamo gli ebrei, sterminiamo gli ebrei ». Tra gli uomini che si avviano a ridiventare liberi, si sentono daccapo, con un parallelismo impressionante, i soggetti o i predicati di utto slogan benefico: « salviamo gli ebrei, ricompensiamo gli ebrei ». Soggetti o predicati: cioè, come insegna l'analisi logica, dei « casi ». Ciò che li preoccupa, che li mette a 'di-. Sl!.gio è appunto di rimanere un caso: l'eterno, irrimediabile caso ebraico. Lo slogan li rinchiude come un ghetto. Anche se, per avventura, somigli a11'Arca di Noè. Dentro la quale sono buttati, stipati a1la rinfusa, senza riguardo ai loro torti o meriti, ai vizi umani o al valore; senza che si. tenga conto, per loro, della no,zione - non diremo neppure dell'individuo - ma dell'uomo. Perseguitati, proscritti, ammazzati, non già per le loro idee o il loro comportamento, ma come facenti _parte di una entità collettiva, come cc raz19 Biblioteca Gino Bianco

za )), anch~ i loro benefattori, quando è -l'ora di salvarli, non li allineano tra gli altri ~omini, a parità di cimenti o di fortune; anzi, li salvano in blocco, rappresentanti quasi anonimi, e non meglio qualificati, di una « razza )): particelle segnacaso. Hitler, Mussolini e Alianello. Il cuore, come si sa, ha le sue ragioni, che prescindono dalla ragione, e perfino dal gusto, di avere ragione. Gli innamorati delusi reclamano, se non l'amore, quanto meno l'odio. Essere segno di affetti precisi, motivati è la sola maniera_, per il cuore, di sentirsi vivo : è, per così dire, la sua dignità. Odiava Mussolini gli ebrei? Sappiamo soltanto che nel 1938 li diede in cambio di PJU stretta alleanza con Hitler, li barattò come numerario, li" sillabò a mandibola protratta, come soleva per l'argomento forte delle sue concioni. Faceva, in quel momento, della demagogia internazionale. Ama Alianello gli ebrei? Sappiamo che, al processo ·Caruso, li barattò _contro la pulizia e illih'atezza de,lla propria fedina politica: argo- ,... mento di demagogia .ntifascista. Come con Mussolini non si sentirono oggetto di un vero odi,o sincero, passionale, fisico; così col soccorrevole commissario gli ebrei non hanno beneficiato di un vero amore solidale, caritativo e, per dire la parola, cristiano. \ Oh msomma: che 1 cosa vogliono questi ~brei? dell'odio? smaniano per una persecuzione autenticata di detestazione·? si permettono, coi tempi che corrono, il luss di simili masochismi? Non 20 Biblioteca Gino Bianco

hanno che da rivolgersi ai tedeschi! Ma anche qui:_ a parte gli isterismi di Hitler, a parte i vecchi e nuovi cavilli del tradizionale antisemitismo germanico, risultò subito - e lo spiegò Trotzki fin dal 1933 - che Hitler, dovendo defraudare il proletariato tedesco della lotta di classe, in cambio gli largì la campagna razziale. Gli ebrei furono il primo « surrogato » nel Reich dei surrogati.· Furono· un argomento di demagogia sociale. Pare che, tra i mestieri umilianti, quello del1 'uomo-sandwich sia uno dei più umilianti. I .disgraziati vanno in giro, ostentando su cartelli rettorici, p~pazzettati, stentorei e sp~sso buffoni la pubblicità di prodotti che non li riguardano e che il più delle volte essi non conoscono. Gli ebrei, costretti nei' paesi di più severa persecuzione, a circolare tenendo in mostra bracciali o stelle gialle o altrettali gingilli di riconoscimento, hanno forse provato una sensazione da uomini-sandwiches: e infatti anche loro stavano servendo la pubblicità di un ritrovato demagogico, a cui erano estranei. Con la differenza che l'uomo-saf!,llwich ci guadagna la vita, e gli ebrei si guadagnano la morte. Si sa che cosa sono i portatori di malattie. Un giorno il pediatra vi càpita in casa, prende un « tampone » nella gola dei vostri bambini, e dopo 24 o 48 ore vi telefona che all'analisi si è constatato il bacillo della difterite. Grazie al cielo., i bambini stanno benissimo: nell'esuberanza 'della salute, si esaltano all'idea delle placche in gola, della febbre a quaranta, dell'iniezione di siero. 21 Biblioteca Gino Bianco

La difterite gioca, invisibile, ai « quattro cantoni >> nella camera .àei giochi. Ma intanto i bambini sono dichiarati « portatori >> e costretti alla quarantena. E vi assediano di domande: non capi- ,-cono che cosa sia l'essere ammalati, quando si è sani. Anche gli ebrei vennero, più o meno di improvviso, dichiarati << portatori >>: e invano cercarono il germe ch'erano accusati di tenere addosso, invano si guai·darono d'attorno per vedere se avessero contagiato qualcuno. Gli « altri », intorno a loro, splendevano di salute. Gli « altri » si sentivano, così forti che avevano perfino voglia di menare le mani, di spendersi negli sports più esuberanti: e infatti, di lì a poco, cominciarono la guerra. Dal momento che alla persecuzione non c'era mezzo di sfuggire, gli ebrei tentarono quanto meno di trovarne i motivi, di dare ragione ai loro pesecutori; che sarebbe stato un modo di alleviarsi la pena, riconoscendone almeno la logica. Con tutta la buona volontà, non vi.riuscirono. Qual'era il vizio, quale il peccato, che così inesorabilmente faceva di loro un pericolo pubblico? Le persecuzioni del passato si spiegano ancora, quasi come guerre locali: a quei tempi gli ebrei costituivano, volenti o nolenti, una cellula, un nucleo chiuso, uno specifico conglomerato, sociale. che riusciva facile di contrapporre agli altri - c..,me la tribù di zingari accampati all'orlo della città, provocanti per la loro stranezza e diversità di co• . stume, offensivi per quella stessa singolarità e isolamento, a cui lì si era astretti - e dichiarargli 22 \ Biblioteca Gino Bianco \

guerra con gli editti o coi bastoni. Ma stavolta? Bisognò cominciare col rifabbricare, in astratto e con procedimenti da laboratorio, il gruppo « ebrei )); poi farvi confluire gli individui, strappandoli dalla loro individualità, dal mondo in cui vivevano, dalle loro abitudini e lavori e commerci e scambi pratici e spirituali, svellendone le radici, a costo di qualunque lacerazione, non solo degli estirpati, ma di tutto il suol;o in cui allignavano. La astrattezza di una simile operazione si vede anche dal lavoro che fu necessario per compierla: arido lavoro di statistica e di anagrafe, censimenti, moduli, dichiarazioni, registri, stampati, caselle, colonnine e fìnche. Ripetiamo: non si isolava un gruppo umano; si confezionava uno dei termini grammaticali per una frase propagandistica a grande effetto. Parentesi. Che cosa sia l'ebraismo negli ebrei, è questione da non venirne così facilmente a capo. In ogni caso, si tratta d'una faccenda di stretta intimità. Non si nega che ci siano modi interiori, originali, profondi di sentirsi ebrei; ma son cose di privato sentimento, tutte confinate nella zona dei pudori, non mai est.·overtite nell'azione: e non toccano quindi il contegno sociale dell'uomo, nè lo differenziano da quello dei suoi simili - e tanto meno ve lo contrappongono. (Chi volesse fare il sottile direbbe, se mai, che la sola differenza è nello sforzo di non differenziarsi, che talvolta può anche essere ingrato; ma comunque è offensivo più per chi sia costretto a farlo, che per 23 Biblioteca Gino Bianco

chi l'abbia in qualche modo provocato, e in,nessun caso è tale da turbare l'ordine del mondo o a.a minare le basi della società). Sentirsi ebrei sarà un sentir rinascere, dal fondo - nelle ore di p~ù geloso raccoglimento, ore quasi inconfessabili tanto sono intime - di vecchie cantilene sinagogali, udite I ai tempi dell'infanzia nella pigra monotonia di grevi crepuscoli, in una luce di ceri stanchi che tremavano sulla berretta 'del cantore, sol,o, in piedi, laggiù sul tabernacolo deserto: e su quelle cantilene l'anima si inflette in errabonde ricerche del ·- tempo perduto: desolati a tu per tu con squallori senza tempo, bruciori di lacrime mal rasciugate, tremolar di sorrisi senza scampo, un abbracciarsi con le ombre dei limbi, -struggenti agnizioni di avi mai conosciuti, e un segreto di inenarrabili malinconie, e il crollare indefesso contro invisibili muri del pianto. Ah, il pensiero non va più sull'ali dorate, più non si posa s'ui clivi e sui colli. Lungo i fiumi di Babilonia, pel cammino dei salici, l'eterno errante troverà forse una sua via, e un antico passo e un gesto ancestrale, per calarsi nella regione delle Madri, per andare a ,interrogare liJ « bocca d'ombra ». E in ciò si veda pure un'equazione personale tra l'uomo e la Natura, tra l'uomo e Dio: non mai un'equazione personale tra l'uomo e la società, tra l'uomo e la storia contemp9ranea. E d'altronde non erano queste le cose, che potesi sero venire ascritte a colpa 'degli ebrei. E gli ebrei continuavano )Il domandarsi quella colpa quale fosse, e <love. 24 Biblioteca Gino Bianco

Un aperto e umamss1mo scrittore ha bollato la mostruosità delle leggi razziali, osservando che esse colpivano « non le azioni responsabili delle creature umane, ma il delitto di essere nati>>. E chi veramente con la morte espiò quel delitto, non è tornato a dirci se, nell'ora del supplizio, ne realizzò finalmente la colpa. Certo i persecutori hanno saputo immaginare le camere a gas e tutte le più efferate maniere di uccisione: quelle che fanno morire con la faccia stravolta, col labbro contratto nell'urlo e nella maledizione, che tolgono al trapasso -i suoi sovrannaturali compensi e promesse, di pace almeno e di silenzio, le rasserenanti visioni di limbi o di elisii, l'erba sotto i piedi ·e l'azzurro sul capo. Tra gli orridi sudori e i ·geli di agonie terrificanti, quegli sciagurati avranno forse violato, con un raccapriccio più atroce della stessa asfissia, i talami remoti in cui si erano congiunti gli amori dei loro parenti: infausti connubi, che nel grembo delle madri dovevano deporre il seme di mostri maledetti, ora scontorcentisi nella soffocazione di quelle camere della morte. E il lezzo dei gas avrà ; oputridito le primavere nuziali, in cui i padri e le madri si erano scambiati il primo sguardo d'amore. Forse allora, in quei deliri, il delitto di essere nati si jJrecisò in una accusa contro chi li aveva messi al mon'do : come dicono avvenga, durante le crisi, ai figli dei sifilitici e dei tabetici, concepiti in un'ora di sozza e infetta libidine. Per un attimo potè sedimentarsi il senso di una colpa, risalire le generazioni. 25 Biblioteca Gino Bianco

Ma· era una bestemmia, strappata dalle torture. E l'avere strappata quella bestemmia è, per i nazi, un bel capolavoro. Pace ai nostri morti. Ma i vivi, che non 1 capirono e non capiscono il perchè della persecuzione, è giusto che si allarmino oggi di una indulgenza altrettanto regalata. Questo di chiudere tutti e due gli occhi, di creare delle eccezioni a vantaggio degli ebrei, non è un modo di riparare dei torti. Riparazione sarebbe rimettere gli ebrei in .mezzo alla vita degli altri, nel circolo delle sorti umane, e non già appartarneli, sia pure per motivi benigni. Questa è una antipersecuzione: dunque, fatta della medesima sostanza psicologica e morale che materiava la persecuzione. Se prima negli ebrei si puniva l'ebreo; oggi, al vedere la situazione, non già corretta, ma semplicemente capovolta con sì perfetta simmetria di antitesi, può nascere il dubbio che negli ebrei si perdoni l'ebreo. E il perdono richiama l'idea di una colpa, di un trascorso. Eccoli di nuovo, questi ebrei, messi nel rischio di · dover partire alla tort'urante, insolubile, offensiva ricerca di un perchè. E poi, di fronte ai ricorsi storici, che purtroppo essi sanno a memoria, è lecita la domanda: perdono o amnistìa? e fino a quando durerà? - Spieghiamoci con un esempio. 26 Biblioteca Gino Bianco I I

3. GLI ARATORI I DEL VULCANO • Biblioteca Gino Bianco

j. • • Biblioteca Gino Bianco

Tornavamo da Napoli, sul fastigio di un càmion di noci, sotto la pioggia battente. Uno strano tipo era salito con noi: barba di tre giorni,_ aspetto da fuggiasco o da· evaso, ma gli abiti stracchi tradivano ancora il taglio borghese, e borghesi erano la faccia, l'espressione, la sagoma, tutto quanto. Fino a qualche anno fa, tutti in casa dovevano averlo, chiamato il << signorino >>. L'ex-signorino gettò sulle altre valige una borsa da avvocato, da · cui sporgeva un lungo rotolo. - Uova di tonno - annunciò, e non cessava di raccomandarsi - per carità, queste non le debbt perdere, se no sono rovinato. -- Un borsanera, pensammo, alle prime armi: forse un professionista, che l'iniquità dei tempi costringe a questo mestiere così incongruo con le arti del Trivio, e del Quadrivio. Affettuosamente, a tutti i compagni, domandava nome, stato di famiglia, indirizzo, se i figli fossero maschi o femmine: quasi a propiziarsi l'amicizia di essi 29 Biblroteca Gino Bianco

compagni, a farsi proteggere, lui così spaesato e inesperto, da quell'ahbo-zzo di amicizia. Ingenuo, patetico, quasi. Più tadi, a un posto di bloeco, venimmo a !apere che l'ingenuo era un giovane funzionario della Questura, _di ritorno da una hre- .ve licenza nella nativa Palermo. Improvvisa metamo·rfosi di tutto il tipo. E' inutile, il « così è se vi pare » rimane sempre una grande trovata psicologica: e la Sicilia non cessa di d~re ragione al suo Pirandello. Dunque, tutto il capzioso gioco di indagini, di domande, di investigazioni, da parte di quel personaggio così in cerca d'autore, non era che un allenamento agli interrogatori futuri, volonta_ria propedeutica all'arte di tirare i vermi dal naso del prossimo, es-ercizi sulle cinque note per quando, seduto dietro il monumentale clavicembalo della sua scrivania di Questore, gli toccherà di eseguire le più virtuosistiche introduzioni, i più lisztiani accompagnamenti per « far cantare >> il pollo. In particolare, poi, quasi che le nostre facce fossero altrettanti specchi, l'uomo vi studiava gli effetti di certe espressioni mimiche, di un · certo, tipo di guardatura in tralice, come da oltre le lenti di inesistenti cchiali: uno sguardo connivente e furbesco, mite a un tempo e accusatore, uno sgu'ir_do che pareva dire: « sbottònati, a che pro nasconderci l'un l'altro? >>. Quando il nostro turno giunse, e noi senza ambagi gli declinammo il nostro nome, quel giovane e passionato domenicano della inquisizione poliziesca, quel futuro ripopolatore dei carceri d'lta30 Biblioteca Gino Bianco

lia, ebbe un balzo trionfale, come quando, nei lu- , mìnosi giorni della sua carriera, la sventata risposta di un malcapitato· gli permetterà di saldare fulmineamente una faticosa catena di induzioni, di conchiudere in u~ attimo, con un colpo di scena, una serie di indagini che si annunziava lunga e penosa; di scoprire nel testimonio un reo, di stringere a un tratto l'inerte congerie delle prove in una accusa lampante. Proruppe: cc Deben!Jdetti? ebreo?! ». E immediatamente quello sguardo professionale, da .dietro occhiali inesistenti, varcando dì sotto in su l'arco ciliare, ci dardeggiò di sghembo, e condensava un tumultuoso accavallarsi di sottintesi, di illazioni, di involontarie e quasi ripugnate complicità, ·di scontrose indulgenze: cc Ah, per questa volta ce l'hai fatta - esclamò quello sguardo - ma ringrazia l'amnisti a. Vattene, vecchia volpe, e bada di non ricaderci, l'aria del vigilato speciale non te la toglie nemmeno Domeneddio >>. Ci parrebbe di essere cattivi, se aggiungessimo che• in 'quell'occhiata tniscorse anche una sfumatura, un pizzico, un nonnulla di rimpianto: cc Però se niente niente ti avessimo colto, così in flagrante, qualche mese fa! >>• . . Non è moralmente vero, non è plausibile, che la revopa di un ordine diventi ipso facto una revoca dell'abitudine di eseguirlo. Il nuovo ordine ha bisogno di maturare per farsi ordine nuovo. E nessuno pre •ende che il mondo, questo mondo che è stato reato in sette giorni, si modifichi in un' o : se no, come credere che un'altra .ora non 31 Biblioteca Gino Bianco

gli basterebbe, quando che sia, per recidivare nel peggio, e tornare al propi·io vomito? L'esclamazione, l'occhiata del nostro questurino denunziavano lo sforzo di adattamento a un'ottica diversa, la necessaria, ancO'l·chè rapida, manovra per invertire la corrente. Il nostro sospetto è che la nuova ottica possa venire adottata come un comando « dall'alto )), una specie di Decreto promulgato dalla Gazzetta Ufficiale, e dunque di sua natura soggetto anch'esso a revoca, dettato. da necessità del momento, visto che... in considerazione di ... Il sospetto è che il nostro questurino si uniformasse ai criteri di oggi con la mentalità di · ieri, tenesse d'occhio quella onnipotente, inesorabile e oscura Divinità, in nome della quale si esaltavano ieri o siluravano funzionari, giornalisti,. alte e basse cariche: la c~siddetta « sensibilità politica ». Ordine di servizio: mostrare simpatia agli ebrei. Ma chi, come gli ebrei, ~a sete_ di libertà, una di quelle seti ·che tappezzano il palato: chi ha capito come la libertà sia letter;lmente una questione di vita o di morte, è pronto a riconoscere che, tra tutte le libertà che compongono la Liberrà, è compresa anche la libertà di essere antisemiti. Un antisemitismo di uomini liberi, un antisemitismo (se ·non c'è contraddizione) liberale, contro cui sia dato di opporre validi argomenti e pertinenti confutazioni, apparirebbe perfino tonico, ravvivante, rigeneratore agli ebrei che escono· ora dall'anchilosi dell'immobilità e del silenzio. Discutere finalmente all'aperto, misurarsi, farsi le 32 Biblioteca Gino Bianco

proprie ragipni, uom1m tra gli uomini, uomini di fronte agli uomini, non parrebbe nflmnieno vero a loro, che fino a ieri erano costretti a nascondersi, a ringhiottirsi reazioni e risposte, a cambiarsi i connotati, diffidati persino di pronunziare il proprio nome, cioè in parole povere di dirsi figli del proprio padre. Recensendo il libro di Wendell L. Willkie Qne World, Benedetto Croce ha trovato l'occasione <li ribadire « un bisogno fondamentale' dell'uomo, che è di vivere e di lavorare». Qui, da questa parte .della guerra, gli ebrei si vedono :di nuovo riconosciuto, dopo anni, il loro bisogno di lavo• rare. Rinasce in essi, complementare, il bisogno di soffrire. Forse che non hanno sofferto abbastanza? Sicuro che hanno sofferto, il mon'do sa quanto, e di là dal fronte della libertà ancora soffrono, e in tal misura, che questa n.ostra pretesa di soffrire può sembrare bestemmia, cattiva sfida, pr,ovocazione del destino. Ma la pretesa, a guardarci meglio, è unicamente di non accampare, nè vedersi riconosciute, speciali pretese. Il diritto di non avere speciali diritti. Speciali, cioè razziali. E quello che gli ebrei già liberi hanno patito, e quello che i perseguitati patiscono ancora, 'deside- • I • l l rano sia ,;versato, messo 1n comune, mesco ato a lungo, copettivo, unanime tributo di lacrime e di supplizi, f he gli uomini degni di questo nome hanno offerto, e offrono tuttavia, per assicurare al mondo la\ più lunga serie di secoli civili. Se una rivendicazione gli ebrei hanno da fare, è questa 33 Biblìoteca Gino Bianco

sola: che i loro morti di violenza e di fame, i piccini che non hanno resistito al primo sorso di latte finalmente somministrato, dopo mesi :di ina 0 nizione, nei paesi di asilo, le donne prese a calci e mitragliate, i poppanti lanciati in aria e impallinati come uccelletti, siano messi in fila coq tutti gli altri morti, con tutte le' altre vittime di questa guerra. Soldati, anche loro, con gli altri soldati. Per uniforme avevano il loro vestito di tutti i giorni, ma sbranato dai tormenti, vano sui corpi scheletriti. E alcuni, anche, àvevano armi: i bambini, che si stringevano sul petto le bambole di pezza e gli schioppi di latta, ritenuti indegni di divertire i figlioli dei tedeschi. Così hanno marciato verso i loro fronti, che erano i luoghi di pe• na e di tortura. Hanno fatto anch'essi i loro sbarchi, ma sulle rive dell'aldilà. Caduti bocconi, i loro volti - quelle facce che i redattori delle varie « difese della razza » fotografavano per inchiodarle sulle copertine di immonde gazzette - non i hanno mirato, con gli occhi che nessuna mano ha chiusi, il cielo alto e lontano. Questi soldati chiedono soltanto che i loro carnai siano ricordati tra i campi di battaglia di questa guerra. Chiedono che, se si farà l'appello dei morti, i loro nomi siano letti tr,a quelli degli altri soldati, caduti per questa guerra. Senza un più di gloria che, facendo . un torto ai commilitoni, offenderebbe quella giustizia per cui sono morti, la fraternità della morte, e parrebbe. un torto fatto a loro. Senza un supple34 Biblioteca Gino Bianco

mento di pietà - ·pietà per i poveri ·ebrei - che umilierebbe il loro sacrificio. E se un giorno, a questi caduti, si vorrà dare una ricompensa al valore, non certo noi, gli ebrei sopravvissuti, la rifiuteremo; ma non si conino _ apposite medaglie, non si stampino speciali diplomi: siano le medaglie e i diplomi degli altri soldati. ,e Soldato Coen... Soldato Levi... Soldato A.bramovic... Soldato Chaim Biumenthal, 'di anni cinque, caduto a Leopoli, in mezzo alla sua famigli.a, mentre, con le mani legate dietro la schiena, ancora difendeva, ancora testimoniava la cau,sa della libertà ». Queste motivazioni noi, indegnamente sopravvissuti, le ascolteremo sull'attenti, cercheremo di non tremare quando stringeremo la mano che ci verrà tesa, la nostra voce si sforzerà di essere ferma, quando risponderemo: - Grazie, signor Generale -. Poi rientreremo nelle mute, interminabili file che schiereranno i parenti degli altri caduti, le gramaglie di tutto il mondo, in quella solenne, religiosa parata dell'umanità. Quel bisogno di soffrire, di cui parla il Croce, non è se non il Bi~ogno di sentirsi vivi nella vita di tutti, partecipi\ a~pa immancabile lotta e contrasto, che il lavoro e \j compiti quotidiani costano in questo mondo. Il quale, se diventasse un mondo di idillio, nel momento stesso 'diventerebbe un mondo di morti che camminano, quand'anche fallacemente fo smaltassero e imbellettassero i colori della vita. Perciò gli ebrei chiedono questo onore di soffrire: cioè chiedono di non essere :de35 Biblioteca Gino Bianco

fraudati, neppure a titolo _di risarcimento o di riparazione dei danni, di questa loro parte dello umano retaggio. Per secoli e secoli hanno custodito, ripetuto, salmodiato,; nella penombra delle sinagoghe, nelle v~glie e nei digiuni, nelle penitenze e nei sabbati, nei ghetti e per le vie della diaspora, il messaggio dell'Antico Testamento. Come avrebbero dimenticato che l'idea del pane, cioè quella delle sorgenti stesse e del perpetuarsi della vita, è indissolubilmente legata all'idea della pena, del sudore della fronte? Essi non vogliono il paradiso terrestre per infrazione ai regolamenti. Senza dire che, ai privilegi e benefizi, è troppo facile adattarsi. Le agevolezze di vita rendono superficiali, assecondano le riparatrici e già troppo spontanee labilità della memoria. I dolori di ieri si dimenticano, anche e proprio quando furono più luttuosi e cocenti, e si dimentica quanto cordoglio e quante angoscie sia costato questo bene, che oggi pare largito _appunto. p~r aiutarci a dimenticare. Ci si abitua a essere amati, a vivere con facilità; e l'abitudine rischia di diventare presto un bisogno, e il bisogno acquisito rischia ,di creare la presunzione di un diritto. Può, questa nostra,' parere una riottosa, bizzosa, vittimistica, incontentabile paura di essere amati. Ed è soltanto paura di essere gratuitamente -;.mati, ingiustamente amati, cioè male amati: non più costretti a far nulla per meritarci questo amore. Ma domani, inévitabilmente, dovremo ricominciare a meritarce• lo: e allora? non saremo stati viziati? 36 Biblioteca Gino Bianco

Non già che gli ebrei si siano, in questi ultimi tempi, sentiti vittime di troppo corrive largizioni di vantaggi, fantocci di un tiro a segno della benevolenza. Ma noi ragioniamo su un sintomo, su una possibilità, della quale abbiamo raccolto, o subodorato, qualche indizio: ed è questo, anche, che scagiona il nostro discorso da ogni taccia di ingratitudine. Il quale discorso, l'abbiamo detto, ,vuole parlare a nuora perchè suocera intenda. Che disagio, per esempio, abbiamo provato quando alcuno, ridendo ma senza cattive intenzioni, e solo per il gusto di un documento psicologico, ci ha riferito la storiella di quei tali che, sbucati dai loro nascondigli all'arrivo degli eserciti liberatori, hanno sùbito, ai primi saluti, declinato la propria qualità di ebrei, come un titolo a particolari rico- / noscimenti, facilitazioni, indennizzi. E magari era la stessa gente che, sotto il diluvio, si era inventata i più incongrui ombrelli e più· diligentemente • si era industriata per cancellare ogni sospetto · d · << appartenenza alla razza ». Una sera, nei tempi più neri del diluvio, Bernardo Berenson si poneva l'eterno problema: perchè gli ebrei rimangono ebrei, malgrado il ciclico ritorno delle persecuzioni? E si rispondeva con un suo ricordo siciliano. Trovandosi in altri tempi a visitare le pendici dell'Etna, ne ammirava la fera- ' cità da Terra Promessa. Qualcuno però gli disse che periodicamente la lava scende a incenerire quei campi. - E perehè allora li coltivate? -_ domandò ai contadini. - Perchè quando i_ tempi 37 • Biblioteca Gino Bianco

tornano buoni, voscenza, così buoni sono, che ci ripagano di qualunque malanno -. Questo, commentava l'eminente scrittore, spiega per analogia la tenacità degli ebrei nel sopravvivere •. In quella sera di afflizione, l'aneddoto raggiungeva lo scopo desiderato: che era anche di confortarci, di farci credere nel ritorno di tempi migliori, di rinnestarci nella vita, assimilandoci se non altro a quegli aratori del vulcano. Ma Berenson non si dorrà se ora, al ritrarsi della lava, la sua storia ci piace un pò meno. Vorremmo dire che gli ebrei, non è che si inarchino sotto le sciagure degli anni delle vacche magre, per aspettare che rivenga il settennio delle vacche grasse. Sono uomini, certo, e amano anche loro la sicurezza, il benessere, magari la felicità. Le vacche magre· non piacciono neanche a loro. Ma non è vero, non deve essere vero che poi, in compenso, pretendano le vacche troppo grasse. Se non altro, per .'dignit~, per un equo senso della vita, per un loro umano amor fati, amore del rischio e del destino. Nè troppo magre, nè troppo grasse. Una cosa giusta. Settembre 1944. 38 Biblioteca Gino Bianco

INDICE La corvetta Claymore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 5 Il Ghetto e l'Arca di Noè ................... ·. » 15 Gli aratori del Vulcano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 27 Biblioteca Gino Bianco

POLIGRAFICO - ROMA Biblioteca Gino B,anco

ERRATA-CORRIGE A pag. 33, riga 11, anzichè: • di vivere e di lavorare », leggi: « di lavorare e di soffrire ,. Biblioteça G,.,0 Bianc 0

PREZZO NETTO L. 25 • Biblioteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==