Volontà - anno XVI - n.2 - febbraio 1963

me scrive lo Schmid - « potremmo be– nissimo definire l'esperienza delle co– munità come la vittoria sui maestri •. E' la libertà assoluta che domina in tutti gli aspetti della vita scolastica. « Sono le sette e mezzo del mattino. Noi non incominciamo generalmente che alle otto, ma ecco che suonano al mio appartamento: è Lisbeth che do– manda la chiave del giardino. Discen– do subito dopo anch'io e trovo in giar– dino diversi fanciulli che stanno già lavorando. I miei arnesi sono scom– parsi: sono naturalmente i ragazzi che li hanno presi. I piccoli, dopo la mia mezz'ora di scuola, stanno facendo i calcoli con molta attenzione. In riva al fiume un gruppo di bambine sta ascol– tando Marie che legge e commenta un racconto di Andersen. Arriva Marthe che mi assale con ., in se g n a e i la canzone che hai cantato l'altro gior– no! ~. Noi l'apprendiamo insieme. Fra una settimana tutto il gruppo la sa– prà, fra un mese tutta la scuola, fra tre mesi tutto il vmaggio » (Fritz Stahl in « LclpzJgcr Schulwart " . fase. VI ciel 1922). Inizialmente fino al 20% degli scola– ri non frequentava la scuola ed anche in classe esisteva la libertà di movi• mento. Wilhelm Reese scrive in propo– sito: « In classe gli alunni vanno e ve□• gono a loro piacimento. le nostre co– munità d'altronde non conoscono la classe della scuola ufficiale alla quale gli alunni sono incorporati senza che si domandi loro l'opinione o la prefe– renza e nella quale l'alunno stesso è costretto a rimanere fino a quando il suo profitto è considerato almeno suf– ficiente. A questa classe rigida si è sostituito un gruppo elastico e libera– mente compostosi intorno all'insegnan- 70 te. I fanciulli scelgono essi stessi il gruppo al quale vogliono appartenere ed è possibile cambiare di gruppo. Gra– zie a questo sistema i fanciulli posso– no scegliere i loro compagni ed il loro maestro» (11 Unscre Schule »•fase. del dicembre 1922). Si è arrivati fino ad accogliere la richiesta di un gruppo di cambiare il loro insegnante con un al– tro pili stimato dagli alunni. I maestri annunciarono d'altra parte subito ai loro alunni che non esisteva– no più nè punizioni, nè altre sanzioni disciplinari: essi avrebbero potuto agi– re in piena libertà. Il primo risultato fu il caos, ma questa confusione scom– parve a poco a poco senza il minimo intervento coercitivo da parte dell'in– segnante. « Quando gli alunni appresero che non potevano contare sull'insegnante più che su se stessi, essi si occuparono di ristabilire l'ordine e lo fecero » - scrive lo Schmicl - ., Delle assemblee generali furono convocate ed in esse i fanciulli si rimproverarono a vicenda il disordine decidendo di rimediarvi. Si promisero di vigilare per un buon andamento attraverso un controllo co– mune. Dopo le risse tra i « tranquilli » ed i « chiassosi » che disturbavano du– rante le lezioni, si arrivò alla calma con la decisione, presa collettivamente, che « la classe è un luogo di lavoro e chiunque vuole fare altra cosa che lavorare deve cercare un altro luogo più conveniente"· Gli alunni si inte• ressarono pure con zelo delle assenze frequenti, investigando di persona sul– le cause della mancata presenza a scuo– la, stimolandosi vicendevolmente e sti– molando i genitori a mandare a scuola i figli!». La risposta dei maestri libertari (« Ci

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