Volontà - anno IX - n.6 - 1 novembre 1955

hanno uno spirito aperto verso tutto e tutti e quindi una grande capacità di comprensione, ma vi sono anche alcuni che hanno una mentalità chiusa, per cui non intendono che se stessi e pensano di essere la mi– sura ed il centro di ogni verità. Ma si può dire che queste differenze non esistano anche tra giovani? Val– ga l'esempio del piccolo gruppo di giovani che si allontanò da noi pro– prio perclrè credendosi detentore della verità unica, voleva imporla a tutto il movimento, ed il movimen– to non ha accettato quell'imposi. ziooe. Di fronte al vecchio anarchico paternalista c'è i] giovane anarchico presuntuoso. Sappiamo di gruppi di giovani che lasciati Uberi di svol– gere la loro attività perchè non a.' vessero l'impressione che su di essi pesasse il paternalismo degli anzia– ni,, finirono per scomparire. L'entu– siasmo, la volontà di capire le si– tuazioni sociali del nostro tempo e di fare in esse non sono prerogative dei soli giovani. Ci troviamo molto spesso davanti a giovani o a grup..e_i giovanili che non sanno fare niente, proprio come accade altre volte tra i vecchi anarchici o i gruppi di an– ziani. Ogni distinzione tra vecchi e gio– vani è arbitraria e non corrisponde alla verità. Su queste constatazioni di elementare buon senso, ognuno di noi che voglia essere obiettivo, non può che essere d'accordo. Veniamo ora alla domanda che la C ..A.P.R,G. fa in vista deJla prossi– ma riunione a Livorno. Secondo noi i ,propositi di ricosti. tuire un movimento giovanile anar- 322 chico rischiano di mettere i sosteni– tori di tali propositi sulla strada il– lusoria della creazione di altri « or. ganismi », senza offrire in realtà nessuna nuo,,a possibilità di fare. Per contro, essi risusciterebbero tra di noi l'antica diatriba tra giovani e vecchi. È già accaduto un'altra volta, forse anche pili d'una volta. Basta ricor– dare il gruppo milanese che nel 1946 faceva (( Giovent:ù Anarchica)) a Mi– lano: un bel gruppo, con chiare in– telligenze, senza pettegolezzi né vo– glia di tollerarne, insomma che ~a• reva partito proprio bene e che in– vece finì.male, poichè i giovani si se• pararono alla fine dall'insieme del Movimento ed anche il loro giornale morì., nonostante le sue buone qua– lità. È una illusione ricorrente tra noi, specialmente in questo dopo,guerra, il pensare che cos1 come siamo non riusciamo a impiantare e condurre un'azione sociale caratteristica ed ef– ficace, ma che ·basterebbe riuscire a darci << una organizzazione )) perchè il miracolo avvenisse. Non si ricorda perciò mai ab– bastanza che le sole « orgcmizzazi.o• ni >) vive ed attive son quelle costi– tuir.e da persone ciascuna delle quali già di per sé fa il massimo che pub. In altri termini: nessuna organiz• zazione può fare se i suoi membri da soli n·on fanno. Organizzarsi può ser– vire per rendere la nostra azione più efficiente, ma non già per suscitare la nostra azione se essa non esiste ancora. Per ogni idea di <( ·Movimento gio– vanile >), o di (< Federazione Giova– nile)> o simili (il nome non importa) noi avanziamo chiara la stessa oh-

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