Volontà - anno VIII - n.2 - 1 giugno 1954

grandi battaglie; ma che cosa ha fat– to per le donne russe? Le ha fatte usr.frc dal.la loro situazione antica, ruarcata dalla schiavitù feudale e do– mestica, e le ha spinte nell'officina, così com'erano, cioè senza avere ri– svc~lialo la loro J>ersonalità, suscetti– bile di aspirare ad una condizione più umana. E' riuscito a dar loro l'illusione d'una liberazione, mante– nendole in istalo di schiavitù; è riu– scito a scardinare la famiglia, questa fortezza delJa vita privata, ed ha po. sto la donna in una situazione in cui continua a sacrilìcarsi, ma questa volta in un modo perfeltamente di– retto e controllato da.Ilo Stato. Una constatazione di Stalin ha de– finito il senso deUa « emancipazio– ne » della donna russa: « Le donne formano la metà della popolaziotte del nostro paese; eue ravprcsent.atto un immenso esercito del lavoro ». Nell'URSS si è ripetuto lo stesso (auo di cui siamo stati testimoni in Europa occidentale e in America, ne) corso del XlX secolo, quando la don– na fu trascinata nell'officina dall'esi– genza di un'industrializzazione in f>Ìeno sviluppo. V'è però questo di diverso: che la donna occidentale, in generale, fu as– sunta per dei lavori che non eccedeva– no le sue capacità fisiche. Invece, in Russia, la manodopera femminile è generalmente addetta a lavori pe– nosi e malsani; è s·pinta in un modo impressionante verso l'industria pe– san1e, essenziale per la preparazione della guerra, dove la mancanza di manodopera è più sen1i1a. In nn paese retrogrado dove il la– voro dell'oCficina è 8ncora una no– vitì1 1>erla maggior parte della po- polazione, l'immissione della doona nell'officina non può, in cerli casi, essere considerala come 1.m progresso della civiltà e della condizione della donna. TroJ)po spesso, per la donna orientale, dato il grado attuale del– la sua emanciJ)azione e del suo livel. lo culturale, il lavoro all'officina non rappresenta che fatica e miseria, in una condizione che non conviene nè alla sua dignità nè alla sua femmini– lità. La legittima as1>irazionedella don– na ad una vita aJ>1>ropriata al suo sesso non manca tuttavia tra Jn gran– de massa femminile sovietica. Ne troviamo la prova nella « Literatur– naia Gazeta » dell'll-12-52, dove leg– giamo: « Certe giovani donne e ragazze llamto prova d'una evidente cattiva volontà davant.i ai duri com,pit·i del– l'officina: esse preferiscono lavorare in un ufficio, nell'ammitti.slrazione della fabbrica, non fo~ che a titolo di .segretaria, a condizione che il la– voro sia « pulito ». Parlando del la– voro « sudicio » delle officine, esse dichiarano che « non è per questo che hanno fatto degli studi » o che (1 questo non conviene nUa loro na– tura». Tulle le statistiche dimostrano che la donna occidentale, in generale, prefrrisce i negozi e gli ulfìci, all'of. ficina e alla fabbrica. In Francia, la percentuale delle donne neU'indu• stria di trasformazione è nell'insieme in costante diminuzione dal princi– pio del secolo: 37% nel 1896 31,4% nel 1926 29,8% nel 1936 28,9% nel 1946. 91

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