Volontà - anno IV - n.5 - 15 novembre 1949

Risoh-ere un problema anarchica• mente è lo stesso che risolverlo psi– cologic:tmcntc. Se non lo si risolve eon l'assentimento della mente e la buona pace della volontl, bisogna ri– correre infatti ad una o ad un'altra forma di costrizione. Osiamo dire di piìa (e non è una nostra scopc!ta): lutti i problemi si pos"ono imposta· re e risolvere psicologicamente. Ad ogni con.flìtto esterno 1corrispondf' un conflitto interno e se si vuole decide- 1·r quale è cam.i e <1ualc è cffcuo un c&tHllC rigoroso e Sf>a,e-ionalo incline– rà ad allribuire al conflitto interno !"onore d'essere causa. Ad ogni mo– do è certo che risoh-cnclo il primo sempre si risolve il secondo, nwntrc l'inverso 11011 è così cerio. Exempli causa: il confl110 di classe. Supcrfi– f'ialmcnte o, come -,i dice ~pcsso, og– g<'llirnmente considerato, es"o ap1>a– rf" dipendere da un'iniqua dis1ribu– zione della ricchezza e <lcl 1>oterc. ,Possiamo ridistribuire ambedue ep• pure non avremo risolto niente se rimar1·an110, t·omc rimarranno certo, delle volontà che non acccltino quel– la che stimiamo essere una e<1ua di– ftribuzione. Se invece smorziamo la cupidigia di ricchezza e di potere non "'è pii1 nulla el1e ne renda iniqua la disLribtizione 1 <1ualunque essa sia. Bcrlrand Russel, non senza predcecs– sori. ha rile,,ato come l'idea di giu– ~1 izia provenga do lW desiderio di J·hincita e l'ideale egualitario dal– Pim,idia. Se non <ti hanno desideri rii rh·incìta e se si cessa dall'invidia• r<> pii1 non si vede nel mondo nè in• giuslizia nè ineguaglianza nè queste pii, i·i fanno soffrire. Non si vuole qui predicare la rassegnazione e il <1uie1ismo. Si vuol solo avvertire che l'idl'ale di giustizia e di uguaglianza è la sublimazione di qualcosa niente affatto nobile e pulito e che appun– to perchè il suo fondo non è nè no– bile nè pulito si rivela per quello che è quando si traila di applicarlo. t cosi che con la superficie della co– scienza pcrrcttamente calma &i con· sumano nel nome della giu,.tizia e dcll'egm1glianza le più grandi ingiu• ~tizie e le pii', grandi ineguaglianze. Siamo eoi marxisti nel <lire che l'i– dealismo è una nrnschera (sissig:JOri, unche l'idealismo ,marx:isla) e siamo ancora eon loro nel dire che ciò ehf" la maschera copre son dei sordidi in• tercssi. Non siamo pili con loro <1nan· do si vuol determinare la natura e la causa di <1ucsti interessi. Essi tirano in ballo le eause economiche, chec• chè vogliano e possano significare, e noi diciamo iuv(-ce che questi in– teressi sono di nutura e di origine csclush·amcntc 1>sicologica, che co– minciano e •finiscono con r uomo, che l'uomo che li nutre e li obbedisce n'è <1ui11di responsabile in tulto e pn IUILO. Per l'anarehismo il problema ma~– simo cd uhi1no è l'abolizione elci go– , cruo. Quanto ha fatto finora è di provare logicamente che non è nè utile nè necessario. S'è però semprr tro,·ato contro una muraglia non tau• to d'incomprensione <1uanto cli scct• Licismo e di diffidcmm. La risposta che continuamente vien data all'anar– chis.mo è che il governo non si può abolire pcrehè ci vuol <1ualcuno el1e comandi. È un argomento che non "i può ribauerc. Finc.hè c'è chi pensa che ci vuol qualcuno che comandi, il governo non si può abolire e l'unar• chismo rimane un'utopia. Chi <.redc all'anarchismo passa per una perso· na cui. manchi il srnso delle realtà, 297

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