Una città - anno V - n. 45 - novembre 1995

fisico o giuridico, ma quando la situazione può essere rimediata perché magari può essere ristorata con un risarcimento successivo, non la concediamo mai. Per esempio, non la concediamo nei casi di carriera, nei casi di svolgimento di una professione, perché è possibile una ricostruzione a posteriori. Il caso più difficile, più delicato, è quello degli appalti, di gare in cui si aggiudica un lavoro. In questo caso il ricorso. normalmente fatto da chi ha perso la gara, porta con sé problemi delicati: da un lato va valutata la posizione dei due contendenti ed anche l'interesse dell'amministrazione che una certa opera vada avanti. D'altro lato non c'è dubbio che il danno di chi, avendo perso una gara, avendola impugnata. non ottiene la sospensiva, può essere irreparabile: i lavori vengono eseguiti, quel! 'opera il ricorrente non la può eseguire più, ha solo diritto ad un risarcimento danni, che deve far valere in sede civile. Risarcimento per di più faticoso e complicato dalla divisione delle competenze fra il giudice civile e quello amministrativo. Lo ripeto, questo è un caso molto difficile riguardo alla sospensiva. le migrazioni fra giurisdizioni diverse Quindi ci rendiamo ben conto del problema, però va anche ribadito con forza che una regolamentazione degli atti e dei comportamenti del!' amministrazione, un controllo e una verifica, sono indispensabili in un paese civile. La giustizia amministrativa si afferma in paesi ad elevato grado di democrazia. E' laddove non c'è democrazia che le amministrazioni hanno mano libera, non c'è controllo, il cittadino è totalmente esposto alla buona e alla mala amministrazione. Riguardo alla divisione delle competenze fra magistrature diverse, avete proposte? Già nella commissione bicamerale si parlava di unità delle giurisdizioni, di rivedere le competenze delle singole giurisdizioni, proprio per evitare che si debba ricorrere al giudice civile per una cosa, a un altro per quel! 'altra e a un terzo per quel!' altra ancora. Noi proponiamo che venga istituito il giudice della pubblica amministrazione: tutte le cause che riguardano un rapporto in cui è parte una pubblica amministrazione devono venire al giudice amministrativo, indipendentemente dal fatto se sono in causa diritti soggettivi o interessi legittimi. Al cittadino non interessa la differenza di lana caprina fra i due istituti, il cittadino vuol essere tutelato e per avere una tutela effettiva si deve andare da un solo giudice. Allora: il giudice civile avrà tutte le cause che riguardano i diritti soggettivi, il giudice amministrativo tutte le cause in cui è parte una pubblica amministrazione. il giudice penale tutte quelle in cui si contesta un reato. Questa redistribuzione consenti rebbe al cittadino di risparmiare, ol!re che un sacco di soldi, le penose migrazioni fra una giurisdizione e l'altra. Inoltre, in questo modo, si darebbe anche un ·omogeneità alla trattazione di determinate cause, ci sarebbe una giurisprudenza che parla lo stesso linguaggio. Oggi una volta parla il giudice civile, una volta parla il giudice amministrativo, ma culturalmente e concettualmente sono due mondi diversi e questo non può non avere una ripercussione negativa sui cittadini. I ricorsi su cosa vertono? Il Tar ha un settore che è il pubblico impiego perché, finora, il 40-45% del lavoro riguarda vertenze interne al pubblico impiego. Siamo i giudici del lavoro del pubblico impiego, l'equivalente del pretore del lavoro. Ora tutto quello che è materia contrattuale, tra qualche tempo, grazie alla privatizzazione, dovrebbe passare al giudice ordinario. Ma, essendo la riforma del pubblico impiego una privatizzazione solo parziale, rimarrà di nostra competenza tutto quello che attiene alla funzione discrezionale dell 'amministrazione, alle scelte cioè, nonché i rapporti di lavoro di diplomatici, polizia ed esercito. Per il resto passano da noi i contratti della pubbi ica amministrazione, le concessioni, l'edilizia, l'urbanistica, la sanità. Vediamo passare tutti gli aspetti della società. - L'ACCE IONE Il venir meno del medico di famiglia ha esasperato il lavoro di pronto soccorso. Dai ricoveri notturni di ubriachi e drogati in overdose a quelli festivi di anziani, dai ricoveri di bimbi con varicella, a quelli gravi, d'urgenza, a cui bisogna trovare, spesso disperatamente, un reparto adatto, un posto letto, in altri ospedali. Intervista a Claudio Esposto. Claudio Esposto, medico, vive e lavora a Roma. Tu per un certo periodo sei stato ali 'accettazione al pronto soccorso in un grande ospedale romano di quartiere. Puoi raccontarci la tua esperienza? L'accettazione è un ruolo più organizzativo che medico. L'accettazione è immediatamente dietro al pronto soccorso. Al pronto soccorso un gruppo di medici valuta i malati e decide se c'è necessità di ricovero o meno. Se decide che e' è necessità, il malato passa da me e io devo sistemarlo in un posto letto, il che spesso è un'impresa titanica. L'ospedale di cui stiamo parlando è medio-piccolo, con 250 posti letto, in un quartiere di Roma est, fra Tuscolano e Casilino, con circa 600.000 abitanti. Sono già dati allarmanti: come primo pronto soccorso copriamo una zona vasta come Firenze che ha almeno quattro volte il numero dei nostri posti letto. Noi facciamo più di 40.000 pronto soccorsp l'anno. Di questi uno su quattro viene proposto a ricovero, per cui l'anno scorso sono stati fatti 11.000 ricoveri in un ospedale in cui normalmente, in una giornata, sono disponibili per I'accettazione 15-20 posti di tutte le specializzazioni. Naturalmente la stragrande maggioranza di questi pronto soccorso sono stupidaggini, ma fra questi ogni tanto capita un politraumatizzato, capita un paziente che ha bisogno di una Tac d'urgenza, di un neurochirurgo, cose che noi non abbiamo e per le quali non c'è neanche tanto tempo da perdere. A quel punto il mio lavoro è attaccarmi al telefono. Naturalmente essendo noi il pronto soccorso più vicino, oltre alle ambulanze che devono venire per legge nel pronto soccorso più vicino al punto in cui avviene la chiamata, c'è anche la gente che non ha urgenza, che viene con la speranza che magari quella volta si trovi il posto. In genere il nostro lavoro è quello di sistemare i malati in ogni parte della città, a volte anche fuori Roma. C'è gente che, sapendo che trasferiamo e che siamo vicini a luoghi come Frascati o Marino, ci tratta da piazzisti: "Tanto qui non c'è posto, potremmo andare a ....?". E sono innumerevoli le volte che al telefono ci sentiamo dire: "Ancora voi!". Il dramma è soprattutto la notte perché il giorno, bene o male, i problemi si risolvono più facilmente. Il nostro è un quartiere dove ci sono tanti problemi e una delle funzioni di base che svolgiamo è quella di "ammortizzatore sociale". Ci sono notti -e sono quelle che vanno bene- in cui ti portano quattro ubriachi che devono passare la notte e tre o quattro tossici di cui uno in overdose: a quello fai la terapia, lo lasci dormire quattro o cinque ore, alla mattina si sveglia e se ne va. Abbiamo una dotazione di 5 barelle più 2 che possiamo rimediare in giro: possiamo tenere sette malati. L'ottavo malato non si sa dove metterlo e così capita che una nebo si debba farla su una sedia. Certe volte telefono alle due di notte ai colleghi di altri ospedali che fanno accettazione e dico: "Ti prego, per l'amor del cielo se hai un buco, fammi liberare una barella". A volte, presi dalla disperazione, ci è capitato di trattenere, per un malato grave, la barella dell'ambulanza che l'aveva portato. Una volta hanno minacciato di denunciarmi per interruzione clipubblico servizio, perché l'ambulanza non poteva più essere usata. Poi c'è iI problema del la gente che si lamenta perché non capisce le precedenze. Quando vedono passare avanti quelli portati dall'ambulanza dicono: "Sto a fare la fila da molte ore, la prossima volta chiamo anch'io l'ambulanza". La gente si fa furba in situazioni di questo genere, capisce che per farsi ricoverare lì, vicino a casa, bisogna chiamare l'ambulanza verso le sei e mezza del mattino, per piombare nel momento in cui ci sono le dimissioni. Il peso psicologico di un lavoro simile è spaventoso e lo dico io che mi considero un mulo che corre, corre e va avanti. E' chiaro comunque che un lavoro simile lo puoi fare solo a tempo determinato perché ne va della tua integrità C'è stato un aumento insensato dell'uso del pronto soccorso'? Non c'è dubbio che tanta gente, se fosse seguita meglio dal medico cli famiglia, potrebbe anche evitare cli venire in ospedale. E infatti quando c'è un attimo di tempo in più, il problema si risolve prendendo eia parte i familiari, spiegando un pochino la situazione: se è gente ragionevole, capisce. Ma è un lavoro che dovrebbe fare il medico di famiglia. E' chiaro che per il medico di famiglia è comodo scaricare perché le urgenze danno fastidio a tutti. Se c'è qualcuno a cui scaricarle viene naturale farlo. Il problema è riscontrabile anche dal nusso .festivo. Mentre nelle prime ore ciel mattino stai tranquillo, dalle nove alle undici hai I'aumento degli interventi che toccano il massimo verso mezzogiorno. Sembra che il pronto soccorso faccia parte cli un giro: la passeggiata, la messa, le pastarelle, il pronto soccorso. Sono quelli che ti dicono: "Il mio medico è andato via venerdì a mezzogiorno, ritorna lunedì alle cinque ciel pomeriggio, io ho la febbre, eia chi vado?" E' ciel tutto comprensibile. Questo poi è fondamentale per i bambini. Tutti i bambini del quartiere che hanno l'innuenza e la varicella, che non dovrebbero mai venire al pronto soccorso perché, tra l'altro, non esiste un pronto soccorso pedriatico, finiscono qui. Il sabato pomeriggio, prima del fine settimana lungo, ci ritroviamo regolarmente 20 vecchietti. E se vai a vedere, un vecchietto di novant'anni un motivo per ricoverarsi ce l'ha. Allora anche in quel caso devi tergiversare, dici: "lo non ho posto, dovrei trasferirlo e magari finisce dal!' altra parte ciel mondo. Siete sicuri? Il ricovero non è proprio strettamente necessario". Allora, se perdi un po' di tempo, alla fine poi la gente capisce e il solo fatto cli doverlo trasferire chissà dove diventa una scomodità che convince a firmare il rifiuto al trasferimento. Al sabato c'è la guardia medica, che spesso è fatta dai giovani medici. Sono loro che dovrebbero fare una parte del mio lavoro. Dovrebbe essere la guardia medica a sapere che, se uno ha un probabile infarto, è inutile mandarlo in un ospedale dove non c'è la terapia intensiva coronaria. A volte, invece, basterebbe dare un'occhiata o farsi raccontare cli cosa si tratta, per accorgersi che si tratta cieli' ennesima manifestazione di una malattia cronica e che quindi non c'è bisogno di anelare al pronto soccorso. Quante volte ci capita di vederci arrivare l'anziano stitico, con la diagnosi cli "occlusione intestinale"! E I'ottantenne stitico, che viene al pronto soccorso per fare un clistere, occuperà una barella, una lastra, una radiologia, degli esami cli urgenza, ciel personale che gli fa lo svuotamento manuale e il clistere. Il tutto avviene in un lasso di tempo che non è inferiore alle due ore, durante le quali non è che tu chiudi e non viene più nessuno ... E con i malati seri che succede? Il problema è il malato serio, perché ti rendi conto che per quanto tu faccia ci sono delle situazioni in cui risolvere il problema non dipende eiate. A me è capitato diverse volte, e per queste siamo finiti anche sul giornale: per esempio il caso cli un ragazzo che era stato coinvolto in una rissa e aveva preso una bottigliata in testa dal proprietario cliun garage; non aveva niente, neanche un ematoma. Era un po' mezzo scemotto, rideva e la cosa era passata in secondo piano, perché quella notte e 'era una gran confusione. Questo ragazzo però tendeva ad addormentarsi un po' troppo facilmente: era l'unica cosa, non aveva altri sintomi. Ho cominciato allora la solita trafila: mi sono attaccato al telefono per organizzare la Tac, la consulenza del neurochirurgo, l'eventuale necessità del posto letto se fosse diventato di competenza neurochirurgica, chiamare I' ambulanza con il medico. E' stato un po' difficile ottenerla perché tutti avevano urgenze, ma alla fine riuscì a fare la Tac al Policlinico e finì a mezzanotte. Mi telefona il medico del Policlinico e mi dice: "Questo ha un ematoma subdurale, che è una grave complicanza di un trauma cranico". Questo determinava l'esigenza cli un intervento neurochirurgico d'urgenza, ma io -fra l'altro erano i primi mesi che stavo lì- credevo cli aver esaurito il mio compito. Invece dal Policlinico mi dicono che avrebbero operato solo quando io avessi trovato un posto letto. Allora ho provato a cercare il posto e non c'era. Non vi dico l'agitazione. Fortuna volle che un ispettore cli polizia, venuto lì per fare indagini sul ragazzo, mi suggerisse di telefonare al magistrato di turno. C'era la Gerunda, una dottoressa famosa per essere sempre in mezzo a questioni cliquesto genere, che mi disse: "Dottore, lei telefoni al Policlinico e dica: voi operate che il posto poi salterà fuori". Questa fu per me una salvezza. Mi sentii come Nembo Kid. Il problema è stato risolto alle tre. Parlando poi con degli avvocati, ho saputo che, per la legge, se fai rientrare I' ambulanza perché il tuo intervento è finito, non ti capita niente. Non l'ho fatto mai, ma sono contento così, perché, alla fine, i problemi li ho sempre risolti. Com'è il rapporto con gli utenti? E' evidente che la gente pensa.che noi abbiamo interesse nel ricovero per cui trasferiamo chi non è raccomandato e ricoveriamo eh i è raccomandato. Ma anche qui ho verificato che basta coinvolgere le persone e far vedere loro fatti indiscutibili. Probabilmente capita pure che in mezzo ti infilano quello che conosce qualcuno nel momento in cui ti hanno dato la disponibilità del posto letto. Ho sempre detto che se avessi fatto questo tipo di lavoro in un altro quartiere, tipo ai Parioli, non avrei rischiato tanto dal punto di vista fisico, ma certamente avrei rischiato molto dal punto di vista delle denunce. Qui magari la gente non ci pensa proprio. Allora io tento sempre di coinvolgerli facendo vedere il foglio delle presenze giornaliere. E' chiaro che qualcuno ti capisce e altri non hanno proprio voglia di starti a sentire. Tu stai per lasciare. Che bilancio fai di questa tua esperienza? A un certo punto ho avuto la fortissima volontà di andarmene perché ho visto molto da vicino il rischio di incancrenirmi in quel ruolo per tutta la vita. Anche dal punto di vista della capacità di lavoro alla fine la praticaccia ti prende la mano. Non hai più tempo di approfondire le cose, non hai più la possibilità di confrontarti con gli altri. Persone che fanno questo lavoro da dieci anni ali' interno del l'ospedale sono contestatissime dal punto di vista professionale, ma anche giustamente, arrivo a dire, perché il lavoro che fanno gli ha atrofizzato il cervello. Se fai questo lavoro per dieci anni, o anche meno, professionalmente sei finito. Non è giusto, invece, quando sei considerato I'ultima ruota del carro in ospedale: spesso, se sbagli, il medico di reparto, che può guardare le cose con calma, ti rimprovera, senza mettersi nei panni di chi deve decidere in fretta. E' profondamente ingiusto capovolgere il giudizio: stai lì perché sei uno che sbaglia, fai il lavoro peggiore perché sei il meno qualificato. Purtroppo non si valuta per niente la responsabilità di far funzionare bene la struttura. Si sta diffondendo il costume di ricorrere al legale? Sinceramente ti devo dire che la mia realtà è ancora un po' lontana da episodi di questo genere, anche se ci sono stati. Per il tipo di quartiere in cui operiamo, noi rischiamo il procedimento di lesioni a persone gravissime perseguibile di ufficio, più che la denuncia di parte. Non ho nemmeno bisogno di persone che mi denuncino, le cose possono succedere. Per cui noi ci com portiamo sempre con una certa accortezza. C'è un mio carissimo amico che è stato chiamato in causa per un episodio in cui non ha veramente nessuna responsabilità, non corre rischi, maha una causa incorso da un paio di anni, sono già quattro o cinque volte che va in procura, deve pagare l'avvocato. Così, ora lui, per quanto gli è possibile, non dimette più nessuno. Al momento in cui gli arriva un malato con una proposta di ricovero, per lui è ricoverato. Noi un paio di volte al mese dobbiamo fare la cartella di tutti i malati che abbiamo visto, che l'utente potrà richiedere, anche se è stato lì solo un'ora. Allora, quando andiamo a chiudere il nostro centinaio di cartelle a testa, nelle sue ci sono tutti i timbri con le firme, nelle mie: "domicilio, domicilio, domicilio ..." Lui mi dice che sono scemo a fare così, ma a me non va cli trattare allo stesso modo venticinque persone di cui venti non hanno niente e cinque hanno necessità. - CASSARURALEDARTIGIAN-AFORLI' NEL CUORE DELLA CITTA' UNA CITTA'

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