Una città - anno V - n. 42 - giugno 1995

. . • ❖• : . . ·•. :' . : . : ; : : . : ...,.'.");;,,-~~i ;_,.; numeroso e quindi la strategia del- ]' offerta fa sì che, a fronte di un progetto politico e di una proposta di governo assolutamente monolitica e unitaria, vi sia convenienza nel rastrellare consenso sotto cinque o sei insegne diverse. E' elementare e tristemente evidente che questo avviene. Infine, neppure il rapporto fra mandatario emandato è cambiato, anzi. Il nuovo meccanismo elettorale ha favorito ancor più la leadership e quindi il voto al leader che basta a rappresentare lo schieramento, anche se il candidato del collegio è perfettamente sconosciuto. D'altra parte, era ingenuo pensare che la gente votasse un candidato di collegio per tutelare gli interessi di un territorio: nessuno che viva in un paesino. per quanto sperduto, manda in Parlamento un candidato per le fontanelle o per i fiumi o per la raccolta delle immondizie. Addirittura ormai si ragiona su canali di comunicazione e su ideologie che sono mondiali ... Nel frattempo questo circo ha privato i I paesedi una rappresentanza, nell'assemblea legislativa, effettivamente proporzionale e variegata, come la diversità delle opinioni chesi riscontra nel paesetutto sommato meritava. La vostra ricerca risale a un anno fa. Vede dei cambiamenti significativi intercorsi nel frattempo? E' passato del tempo rispetto ai nostri dati, però non mi sembra che sianoavvenuti fenomeni dirompenti. Gli elettorati restano stabili e non credo che siano maturate le condizioni per cui si possanoattendere grandi movimenti di popolo dall'uno all'altro versante. E non tanto perché degli spostamenti significativi non sarebbero teoricamente possibili, -ci sarebbero tuttora percentuali che possono spostarsi da una parte e datr altra-, ma è la proposta che, per la paura e le difficoltà delle forze politiche, in questo momento sta diventando sempre più standardizzata. In realtà nessuno tenta più alcun tipo di sortita, neppure Berlusconi, che è nato con una sortita; nessunocerca di ottenere grandi exploit. E non è che siano successecose inaspettate. né ci sono state rivelazioni inB rcf1lofeuca2r aG del 51 % contro il 49% mi sembra una situazione di stallo destinata a perdurare. Guarda caso, sono subito ripartite, di fronte a questa evidenza, tutte le logiche di tattica di medio periodo per cui, adesempio, le elezioni vengono spostatedi settimana in settimana. Nessuno ritiene, a torto o a ragione, di poter fare il colpo grosso dal punto di vista elettorale. La tristezza di questo quadro è ancora maggiore perché nel frattempo. dal punto di vista demografico, socio-culturale ed economico, la situazione sta precipitando verso mutamenti epocali. Forse la grande rivoluzione elettorale e politica, anchesetroppo enfatizzata, poteva arrivare aseguirne la gravità. Invece abbiamo di nuovo una politica completamente bloccata, ingessata, mentre il paesestacontinuando una corsa estremamente sconclusionata e pericolosa. Sevogliamo responsabilmente partecipare al gioco alla calma che tutti stanno facendo, facciamo pure finta di niente, continuiamo aminimizzare, però sono dieci anni che minimizziamo e i problemi non sono stati minimamente risolti e i fattori di preoccupazione, non tanto congiunturali, quanto di lunghissimo periodo, strutturali, si aggravano. L'Italia è un paesecon unacarenza strutturale di investimenti e di ricerca, con una sperequazione nei redditi e nello sviluppo che negli ultimi cinque anni è tornata a galoppare. Da due anni c'è una ripresa produttiva di cui nessuno ha ancora visto gli effetti nésui redditi né sull'occupazione. Non c'è stato sviluppo nel tenore di vita, non c'è stata redistribuzione di ricchezza. né vi è stata redistribuzione delle spese. Potrei arrivare all'eccesso destri stadi dire che non mi interessa nulla se i poveri stanno meglio, ma resta comunque il fatto che, nella carenza infrastrutturale ciel paese. il momento magico dovuto al boom delle esportazioni e al recupero cli produttività non è stato utilizzato per capitalizzare e rilanciare un'economia su basi solide. La situazione della disoccupazione ègravissima, non solo per i numeri, ma per le caratteristiche: c'è un 10% di di o upati, ma quel che è no anca peggio è che una gran parte è ormai difficilmente riassorbibile e si sta cronicizzando. Tutti i paesi moderni, e l'Italia più di tutti, si sono accorti che trattare la disoccupazione come un fenomeno unitario è impossibile: la forza lavoro disoccupata non è più una risorsa spendi bi le indifferentemente in settori diversi. Negli ultimi dieci anni il progressoeconomico di alcune aree di sviluppo, altamente specializzate, nell'industria e nei servizi, ha fatto sì che la domanda di lavoro non potesseesserecoperta malgrado un'offerta teoricamente sovrabbondante. In Triveneto sui giornali si legge "offerta. offerta offerta", ma i posti di lavoro rimangono scoperti perché il tipo di lavoratore richiesto purtroppo non corrisponde al profilo dei disoccupati che abbiamo. disoccupati ormai • • cron1c1 e inutilizzabili Ancora: l'Italia è colpevolmente carente in termini di formazione scolastica di base e di aggiornamento per la formazione professionale. E' dieci anni che si parla del1' elevamento del!' obbligo scolastico, abbiamo unapercentuale di laureati che fa ridere rispetto al ruolo che dovremmo avere nello scenario economico mondiale e non è un mistero che per le aziende che fanno selezione del personale la ricerca di personale qualificato è un problema. Spiace dirlo dei propri concittadini, ma non è che ci sia una grande proliferazione di cervelli e di tecnici sul mercato. C'è una grande disoccupazione giovanile. però bisogna anche chiedersi per quale lavoro, alle soglie del 2000, non sia essenziale una conoscenza informatica. di diritto, cli lingue, di marketing, di organizzazione aziendale, non dico a livello specialistico. ma quanto meno a livello elementare. Non ho titolo per parlare, solo una qualche sensibilità per argomenti collaterali al mio lavoro, ma si dice che in Italia il credito non svolga appieno la sua funzione di trasformare il risparmio in capitale cli rischio. Siamo il paese con la più elevata propensione al risparmio, ma non traduciamo questa propensione in volume di investimenti. Allora, o la teoria keynesiana era sbagliata, e in parte forse lo era, oppure c'è qualcosa che non va nel nostro sistema bancario e creditizio. Il mercato azionario è asfittico, la grande industria inesistente, salvo pochi luminosi esempi. Ci si consola dicendo che l'Italia è il paesedella piccola emedia industria e dell'impresa familiare, ma va anche detto che le areedi punta in cui il famoso made in ltaly trotta sono in realtà aree soggette a grande fluttuazione e non sono certo aree di alta tecnologia o di ricerca avanzata. I telefonini non li abbiamo inventati noi, i fax neanche e dei treni ad alta velocità è già tanto se ne abbiamo uno che sorpassa i 200 chilometri orari, mentre di là delle Alpi stanno già progettando quelli su sospensionemagnetica. Sono casi; è vero che ogni episodio in realtà non ha valenza sistemica, però si tratta di segnali oltremodo preoccupanti. Aggiungerei il fatto che siamo quasi fuori dall'Europa: nessuno si prende più la briga di andare a vedere se siamo al quarto o quinto posto nella classifica dei paesi più ricchi, perché scoprirebbe che siamo ben più indietro. Sarebbeancoramezzogaudio sefossemal comune, ma la triste verità è che di questo quinquennio di grande trasformazione altri paesi hanno approfittato per preparare le condizioni di un balzo tremendo. La Germania è riuscita a recuperare l'Est a un tenore di vita elevato e industrializzato in un ballerd' occhio, con costi rilevanti, certo, ma ridicoli se pensiamo a quello che è stato in Italia il tentativo di industrializzazione del Mezzogiorno. La Germania Est era in condizioni molto peggiori, moltopiùgravi. Loerasolocinquc anni fa, ora non lo è più. Saranno considerazioni ciniche, gravi, pessimistiche quanto si vuole, però effettivamente i I paeseè un paese che sta rivoluzionandosi in maniera drammatica e la politica ha fatto la mossa, ma ha fatto solo quel la, per interpretare questa evoluzione. Nell'entusiasmo iniziale forse si era creduto che potesse recepire, dare forma, cultura eschema organizzativo al rinnovamento del paese, invece, il rinnovamento politico è naufragato nella maniera più clamorosa. Non credo che la situazione politica del '95 sia migliore di quella del '90. Per cui io la vedo cupa, ma proprio cupa. Sono sicuro che queste cose prima o poi si pagheranno. Sul piano culturale, del costume, dei valori, si sta discutendo se gli anni '80 sono finiti ... Certamente le trasformazioni ci sono, magari non siamo in grado di dare delle tendenze precise sui modelli a cui ci si sta avvicinando, però alcuni fenomeni collaterali a queste trasformazioni sono molto chiari. Uno di questi è la lacerazione in atto negli stili di vita, nelle culture, nei profili etici e cc>r!1portamentali dei cittadini. Tutti i dati Istat sulla distribuzione quantitativa del reddito indicano che la piramide sociale dei redditi non si staassolutamente abbassando, anzi. Il che vuol dire big money per tante persone che operano e tutto sommato una società elitaria, gerarchizzata, può essere una società buona come un'altra, a me non piace, però anche la società di massa del collettivismo ha i suoi difetti ... Certo è che in questo momento la tendenza è nell'altra direzione. Aumentando notevolmente la sperequazione nel tenore di vita e nell'accesso alle risorse cultura! i, alle opportunità di svago e soprattutto aumentando enormemente la divaricazione fra un sud riprecipitato nel disastro economico e un nord che ha invece trovato l' occasione per sviluppare novità, questo paesesi va eterogeneizzando sempre di più. Equestoè il più evidente segnaledi inversione di tendenza rispetto aun periodo in cui la parola d'ordine era sembrata " benessere di massa''. La stessa comunicazione di massa, così all'avanguardia negli anni '80, non forni cc più grandi opportunità dal punto di vista economico, di inserimento e di profitto. Le tendenze più interessanti e innovative nella comunicazione sono oraquelle della comunicazione di dettaglio, d'élite, di nicchia. La stessacosasuccedenella·produzione di beni e servizi. E' molto difficile capire quali siano i valori delle generazioni emergenti, ma certamente non sono banalmente emulativi e consumistici come potevano essere negli anni '80. L'avvento delle marche private e dei discount è indice di una cultura dei consumi più consapevole, cheasuavolta segnalaun'evoluzione nei modelli culturali. C'era sul Wall Street Joumal di qualche giorno fa un bellissimo articolo secondo cui le agenzie di pubblicità, in Italia come nel resto del mondo, stanno mettendo in dubbio la validità del modello di pubblicità banalmente emulativa e imitativa, perché in un paese nel quale le grandi massesociali hanno fatto un esercizio di restrizione dei bilanci abbastanzadrastico le donnine che girano in Rolls Royce cominciano a infastidire. la fine della pubblicità imitativa Sono modelli che tanto più diventano lontani, tanto più diventano ridicoli e tanto più l'effetto retroattivo del fastidio va ad incidere sul- !' effetto positivo del desiderio di appartenenza. Questo è sotto gli occhi di tutti, basta accendere la televisione e guardare gli spot che sono diventati molto più furbescamente cauti. Sono sempre più numerosi gli spot estremamente connotati dal punto di vista territoriale, culturale, sociale, di classe, con personaggi che parlano con evidente inflessione del nord o di altre regioni. Segno che i pubblicitari parlano sempre meno a unagenerica popolazione e sempre di più strizzano l'occhio a nicchie di mercato. E quelli stanno molto attenti a queste cose. - Insieme a quanti l'hanno conosciuta, ricordiamo la nostra cara amica e collaboratrice Fortunata Barbaro (Tina) deceduta tragicamente. UNA CITTA' 3

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