Una città - anno V - n. 42 - giugno 1995

di storia del movimento operaio B Il sindacalismo rivoluzionario, basato sull'azione diretta e sullo sciopero generale e finalizzato al superamento delle divisioni ideologiche, non superò la prova della grande guerra. A differenza dei francesi, tanti interventisti italiani formarono l'ala movimentista del fascismo. Fra anarcosindacalismo, modello sovietico e un riformismo ormai statalista fu inevitabile il ritorno ai partiti e alle loro divisioni. La lezione, che resta, di un sindacalismo che comprenda anche gli esclusi. Intervista a Maurizio Antonioli. Maurizio Antonioli insegna storia contemporanea alla Facoltà di Scienze Politiche della Statale. E' autore di vari saggi sulla storia e sui leaders del sindacalismo rivoluzionario italiano. Cos'è stato storicamente il sindacalismo rivoluzionario? Il punto centrale è che non c'è stato un solo sindacalismo rivoluzionario, ma diverse forme di sindacalismo rivoluzionario che, pur facendo riferimento ad alcune idee forti comuni -sostanzialmente la pratica dell'azione diretta e lo sciopero generale-, si sono differenziate a seconda delle componenti sociali, culturali, ideologiche e politiche nazionali. Certo è esistito il modello tradizionale francese, definito l'archetipo del sindacalismo rivoluzionario, ma gli altri sindacalismi rivoluzionari hanno avuto dei percorsi, non sempre lineari, diversi da esso. Forse il sindacalismo rivoluzionario italiano è stato quello che, in una certa fase, ha maggiormente tentato di adeguarsi al modello francese, ma non è stato così: ad esempio, per le esperienze americane, per quella inglese, svedese, norvegese, o per quella spagnola, più specificamente anarcosindacalista. Ali' origine del sindacalismo rivoluzionario francese, che nasce come tentativo di superare il modo di fare politica dei partiti socialisti nati dopo la Prima Internazionale, c'è certo una componente anarchica molto forte -Fernand Pelloutier ed Emile Pouget, due fra i fondatori del sindacalismo rivoluzionario, erano dichiaratamente anarchici-, ma ci sono anche altri settori del socialismo, gli allemanisti per esempio, che, pur ap~ prezzando la forma partito, la ritenevano subordinata al sindacato. In Francia, quindi, ci fu la convergenza di diversi filoni dell'area socialista al di fuori del Partito Socialista, cosa che, invece, non accade in Italia, dove il sindacalismo rivoluzionario nasce come corrente della sinistra socialista, quindi non in rottura col Partito Socialista. Il sindacalismo rivoluzionario italiano è un'esperienza che si precisa piano piano, che cerca la sua identità partendo da un iniziale antiriformismo, da un rivoluzionarismo che non ha caratteristiche ben precise, e che solo gradualmente -attraverso la riflessione di alcuni personaggi come Arturo Labriola o Enrico Leone e esperienze come lo sciopero generale del 1904-precisa poi la sua identità in senso sindacalista. Al fondo delle primissime esperienze del sindacalismo rivoluzionario italiano rimase però una sorta di nostalgia per il partito e non a caso molti fra i primi sindacalisti ritornarono al partito, mentre altri tentarono la costruzione di esperienze politiche alternative. Fu solo attorno al 19091O, dopo lo sciopero generale di Parma del 1908 e la ricostruzione della Camera del Lavoro parmense che, acquistando un certo peso la cor:rente che faceva capo a quella realtà e ad Alceste De Ambris, si precisò anche una identità politica più· precisa e si concretizzò una corrente sindacalista rivoluzionaria vicina all'esperienza francese, al di fuori della Confederazione Generale del Lavoro, senza particolari nostalgie nei confronti del partito. E' questa corrente che si incontra con una parte degli anarchici che, dopo essere passati attraverso l'esperienza dell' insurrezionalismo, avevano optato per una soluzione di tipo sindacale. Dalla confluenza di queste correnti nacque l'Usi (Unione Sindacale Italiana), che in fondo contraddiceva il modello unitario francese. Mentre i sindacalisti rivoluzionari francesi della Cgt (Confédération Générale du Travail) avevano sempre puntato sull'unità sindacale, vista più che altro come simbolo dell'unità di classe, come trasferimento nella realtà del mito dell'unità della classe operaia, l'Usi nacque dalla confluenza di correnti che avevano nella pratica una identità di vedute, ma che continuavano a mantenere la loro specificità in quanto alla definizione ideologica, perché i sindacalisti rivoluzionari non si definirono mai anarchici egli anarchici non si definirono mai sindacalisti rivoluzionari. un sindacalismo al di là delle ideologie Anche se, come dicevo, fra i fondatori del sindacalismo rivoluzionario francese molti erano anarchici, in Francia l'espressione "sindacalismo rivoluzionario" nacque per unificare quello che la politica divideva ed il sindacalismo era concepito come un superamento delle divisioni ideologiche, ritenute dannose e superate. Per i sindacalisti italiani non fu così, non ci fu mai questo tipo di affermazione né da parte dei sindacalisti, né da parte degli anarchici, i quali, fra l'altro, erano profondamente gelosi della loro identità politica. Di fronte alla prima guerra mondiale la maggioranza della Cgt -quindi anche molti sindacalisti rivoluzionari, partendo da Jouhaux che era i I segretarioDIFFUSIONE SPECIALISTARTICOLIDABAMBINO CENTROCOMMERCIALE«ILGIGANTE» BABYCROSS · GIGANTE ViaCampodeiFiori47100ForlìTel.0543/721023Fax0543/724797 BABYCROSS · RIMINI ViaNuovaCirconvallazion2e1, 47037Rimin(iFO)Tel.0543/777552 appoggiò lo sforzo bellico e la cosa interessante è che quasi tutti i sindacalisti rivoluzionari che scelsero di combattere (non scelsero I' intervento, come accadde in Italia, perché la guerra se l'erano trovata in casa) diventarono poi riformisti, mentre una parte di quelli che rimasero internazionalisti entrarono nel partito comunista, anche se molti di essi furono subito espulsi. Lo scivolamento dei sindacalisti combattentisti verso la destra, a parte intellettuali come Lagardelle o figure come Yalois -che è un caso particolare: fonda il partito fascista in Francia senza successo, poi ritorna su posizioni di sinistra- fu tuttavia molto raro, mentre in Italia il fenomeno dell'interventismo rivoluzionario, cui partecipano molti sindacalisti rivoluzionari come Filippo Corridoni, darà molti quadri importanti al fascismo, come, in misura molto minore, ne daranno sia il Psi che l'anarchismo. La guerra rappresentò una decantazione delle anime della sinistra e del sindacalismo rivoluzionario in particolare: in Italia tutto ciò dette luogo ad una serie di fenomeni molto particolari che in larga misura portarono poi al fascismo. Quanto influì l'esperienza del sindacalismo rivoluzionario nella nascita del fascismo? Il fascismo, inizialmente, fu il prodotto di tensioni ed esperienze che si erano accumulate nella sinistra ed infatti, andando a vedere i nomi dei primissimi gruppi è comitati fascisti, ci si accorge di come la componente sindacalista rivoluzionaria fosse abbastanza consistente. Sicuramente queste persone portarono all'interno del fascismo alcuni tratti particolari della loro esperienza, soprattutto !'esigenze della partecipazione delle masse, ma il problema è stabilire quanto queste esigenze e queste voci abbiano poi contato e quanto un certo tipo di proposta politica sia durato all'interno del fascismo. e poiché una buona parte di queste figure tramontarono abbastanza rapidamente o vennero emarginate, sarei moltoprudente nel tracciare parai leii, o nel cercare eredità, fra sindacalismo rivoluzionario e fascismo. Il fascismo è stato un fenomeno estremamente mutevole e questo ha significato anche la conservazione a scopo propagandistico di affermazioni o di esigenze che venivano dal retroterra socia I ista o sindacalista di alcune persone, ma sono sempre fenomeni limitati e molto strumentali. Iocomunquecredochesia più produttivo, invece di cercare delle risposte generali, analizzare i casi individuali. perché attraverso GROUP INTERNATIONAL l'analisi dei casi individuali si riesce spesso a capire qual i sono state le motivazioni e le ragioni di determinate trasformazioni politiche e psicologiche. Recentemente, ad esempio, ho studiato la figura di Mario Gioda, morto nel '24, quindi poco dopo l'avvento del fascismo al potere. Fino al '14, quando divenne interventista, Gioda si definiva mezzo anarchico e semi-repubblicano, essendo sia vicino al Partito Repubblicano sia accreditato negli ambienti anarchici, ed era assai noto come pubblicista nell'ambiente sovversivo. In seguito acquistò posizioni di responsabilità all'interno del primo fascismo torinese, fino a divenirne uno dei leaders, scontrandosi con De Vecchi, cioè con l'anima monarchica e propriamente reazionaria. Questi scontri (che vennero tenuti nascosti in nome dell'unità del fascismo e dei sacrifici della guerra e si scoprono oggi, soprattutto nei carteggi) furono molto duri e trovavano quasi sempre una composizione, una sintesi, nella figura di Mussolini, capo carismatico a cui si demandava l'ultima parola, ma segnarono profondamente lediverse anime del fascismo e non furono estranei alla differenziazione fra il "fascismo-movimento" e il "fascismo-regime". il trauma della guerra fu decisivo Estremamente curiosa è poi l'evoluzione di alcuni sindacalisti rivoluzionari e di alcuni anarchici interventisti. Analizzando i loro progressivi spostamenti si nota come la guerra li traumatizzi completamente e piano pi!}no, da iniziali posizioni interventiste in aiuto della Francia, scivolino in una polemica sempre più accanita contro gli ex compagni, fino ad arrivare alla teorizzazione della necessità di un'anima nazionale della rivoluzione, un'anima che ai loro occhi è l'altra faccia, assieme a quella internazionalista, del vecchio sovversivismo. Questa "anima nazionale'', che non era specificamente nazionalista, ovviamente poi si perderà nel calderone nazionalista del fascismo. Nelle intenzioni di questi ex anarchici ed cx sindacalisti però, veicolava il tentativo di salvare i sacrifici della guerra, di non svalutare tulio quello che era successo. e sopraltutto veicolava i I tcntativo di trovare una nuova viarivoluzionaria. Tale "nuova via", che fin dall'inizio era estremamente confusa. non giunse mai a precisarFORLI' P.zza del Lavoro, 30/31 Tel. 0543/31363 Fax 34858 Corriere Executive: già consegnato. si perché altre urgenze politiche furono più forti e questi personaggi finirono, con salti abbastanza significa tivi, per accettare tutto quello che il fascismo comportò. Quello dei rapporti fra sindacalismo rivoluzionario e fascismo è comunque un discorso molto complesso, al quale è difficile dare risposte precise, anche se analizzando i percorsi individuali si possono vedere quali furono i passaggi attraverso cui, da un internazionalismo spinto, molti poterono traghettare verso forme particolari di nazionalismo. In questi passaggi quanto pesarono le teorizzazioni di Georges Sorel sul mito della violenza e la sua teoria della trasformazione della lotta di classe in lotta fra nazioni povere e nazioni ricche? La teorizzazione della lotta franazioni povere e nazioni ricche, le "plutocrazie" di Mussolini, è la trasposizione in chiave nazionalista della lotta di classe soreliana ed era la tematica centrale del pensiero di Corradini, già definito prima della guerra. Sicuramente queste teorie esercitarono un certo fascino su alcuni personaggi come il sedicente anarchico individualista Libero Tancredi, pseudonimo di Massimo Rocca, o come Paolo Orano che, già sindacalista rivoluzionario, col giornale "La lupa" segnò l'incontro di questo con un certo nazionalismo eversore e fortemente antidemocratico. Tuttavia non valevano per la maggioranza di quelli che erano stati contro la guerra di Libia e che divennero interventisti solo nel '14. Questi ultimi vedevano nella guerra non solo un'aggressione alla Francia, ma soprattutto il tentativo degli imperi centrali di imporre un ordine militaresco in Europa e non è un caso che i primi fenomeni di interventismo siano state le Legioni Garibaldine, a cui parteciparono in particolare i repubblicani, che furono i grandi organizzatori di questo tipo di esperienza. I volontari italiani morti nei campi di battaglia francesi furono molti, fra cui due figli di Ricciotti Garibaldi, ma ci fu anche chi, in nome della lotta al militarismo degli imperi centrali e della difesa della democrazia, andò a morire altrove, come accadde a Cesare Colizza, un anarchico individualista che aveva partecipato ad esperienze di giornali come "Uragano·•, che con un gruppo di giovani repubblicani andò a combattere in Serbia. Quali motivazioni possono avere spinto un anarchico ad andare a combattere in Serbia contro l'Austria? Fondamentalmente. mi pare, le stesse per cui Amilcare Cipriani andò a combattere con dei volontari, anche anarchici, contro i turchi nella seconda guerra di Candia. Cipriani è una figura emblematica di un certo modo di sentire: da ragazzino scappa di casa per andare con Garibaldi e combatte nella terza guerra di indipendenza, poi diventa colonnello della Comune di Parigi, per cui viene condannato al bagno penale, in seguito viene detenuto a Portolongone per un tentativo insurrezionale, liberato vuole correre a Cuba nella guerra contro gli spagnoli e, sempre inseguendo le guerre di liberazione, già più che cinquantenne combatte appunto contro i turchi. Come per Cipriani, per alcuni di questi sindacalisti rivoluzionari la suggestione è chiaramente quella della guerra liberatrice delle nazionalità povere e oppresse dagli imperi centrali, che erano ritenuti il baluardo della reazione contro la rivoluzione. C'era poi, soprattutto per i sindacalisti rivoluzionari come De Ambris, anche un profondo astio nei confronti della socialdemocrazia tedesca, che veniva considerata uno dei nemici della rivoluzione, il modello socialista negativo che aveva subito ceduto nei confronti della richiesta dei crediti di guerra. In Francia, invece, il discorso è diverso: la Francia era un paese in guerra e quindi non c'era il dubbio se si dovesse intervenire o starne fuori. Il problema era estremamente delicato e nel mondo sindacalista la divisione fu fra una maggioranza che appoggiò apertamente lo sforzo bellico e coloro che fecero una scelta di tipo internazionalista, cioè una scelta ideale che tuttavia non poteva danneggiare inmaniera sensibile un paese che si sentiva aggredito dal nemico storico. Anche isindacalisti rivoluzionari francesi avevano poi, come gli italiani, una certa antipatia nei confronti della socialdemocrazia tedesca, che era vista come un ostacolo al libero sviluppo del sindacalismo. Tuttavia, tranne qualche caso isolato, in Francia non si formò quel terreno di coltura che poi dette origine ad una destra molto particolare, come fu il fascismo. A parte il tentativo abortito di Yalois, solo negli anni trenta si formarono alcuni gruppi paramilitari, come quello di Coty, che scimmiouavano il fascismo. In Francia per molti anni la destra fu I' Action Francaise, nazionalista, monarchica, cattolica. Questo dipendeva da un radicamento della democrazia maggiore che in Italia? Sicuramente. La Terza Repubblica Francese, che pure ali' inizio èquelSOFTWARE - SYSTEM HOUSE CENTRO ELABORAZIONE DATI CONSULENZE INFORMATICHE CONSULENZE DI ORGANIZZAZIONE . . - - CORSI DI FORMAZIONE Soc. Coop. a r.l. Via A. Meucci, 17 - 47100 FORLI' Tel. (0543) 727011 Fax (0543) 727401 Partita IV A 00353560402

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