Una città - anno IV - n. 33 - giugno 1994

da Napoli SENZA RECIPROCITA' NULLA FUNZIONA Dove è normale devastare una scuola, minacciare i maestri, dove è altissima la percentuale di ragazzi a rischio. La storia di uno schiaffo. L'importanza di dare importanza. La bontà di una scuola in cui ci siano sia il figlio del carabiniere che il figlio del ladro. L'interessamento del ministro dell'istruzione. Intervista a Cesare Moreno. Puoi dirci cosa è successo nella scuola in cui insegni? La mia scuola è stata distrutta, per un intero piano, in modo sistematico, con tutta l'apparenza di qualche cosa di preordinato. La domanda che ci è stata fatta è stata: "Ma come mai è successo questo e in questo momento?", la risposta è che questa, in realtà, è una situazione ordinaria, da anni siamo bersagliati. Questa volta la cosa è stata peggiore di altre e per una serie di circostanze siamo riusciti a mettere in moto la macchina delle comunicazioni di massa, che altre volte non eravamo riusciti a mettere in moto, perché l'entità del fatto era tale che era abbastanza chiaro che non era più semplicemente in gioco la questione dei vetri, ma l'esistenza di questa scuola come tale. L'altro motivo per cui la cosa è diventata forte è che, per la prima volta, questa situazione ha visto una direttrice che aveva intenzione di dare battaglia, non accontentandosi delle solite cose formali. In quale ambiente è inserita questa scuola? L'ambiente è un quartiere della periferia degradata di Napoli, con caratteristiche comuni a tutte le periferie, il problemaèchequestascuola in particolare sta in un sottoinsiemé ancora più degradato, quello a più alta concentrazione di degrado e di criminalità: tra il '91 e il '92, nel raggio di 150 metri dalla scuola, sono state ammazzate 14 persone, nel corso del '92 i carabinieri hanno effettuato quasi 200 arresti e una novantina sono stati fatti nei primi6mesidel '93. Inquestazona abbiamo poi livelli di analfabetismo strepitosi (nella mia classe ci sono 4 madri sui 25-27 anni che firmano con la croce) da parte di persone nate e cresciute in piena età repubblicana, praticamente a cavallo del '68, e se non sono analfabete totali è come se lo fossero. Probabilmente, per quello che ne so e per quello che dicono i carabinieri, siamo in una di quelle situazioni in cui veramente la criminalità viene dal basso, diciamo che è una zona in cui si può toccare con mano che cosa significa il controllo del territorio. quando arrestano il padre a un bambino Un territorio che non è stato conquistato dalla camorra, ma gli è stato, e gli viene, regalato: non c'è nessuna presenza istituzionale, salvo la scuola che, come tutte le scuole di periferia, è in uno stato di abbandono, nel senso che, per i normali meccanismi istituzionali, è una scuola dove i direttori e gli insegnanti non restano. In una situazione in cui l'attenzione istituzionale alla scuola è molto bassa, in cui i modi della promozione sociale passano attraverso la camorra o ilclientelismo -il quartiere di Barra faceva parte dei grandi elettori di Cirino Pomicino; il presidente del consiglio di circoscrizione, socialista, è stato arrestato non per corruzione, ma perché sul suo computer c'era l'elenco per la riscossione delle tangenti- è chiaro che la promozione sociale non passa attraverso l'istruzione e la scuola. La scuola più che essere un elemento di contraddizione, rischia continuamente di essere assimilata nel meccanismo. Io non sono in grado di dire chi, e perché, ha fatto questa devastazione, ma quello di cui sono B sicuro è che chipuc abbia l:~ l'ha fatto con la certezza di fare un'operazione a costo zero, senza incontrare assolutamente nessuna forma di condanna morale da parte del quartiere, che è abituato a tollerare queste cose. Chi sono i bambini che frequentano la tua scuola? Nella nostra scuola, su 250 bambini, ne abbiamo 100 che hanno difficoltà di vario tipo: orfani; con forti disturbi psicologici; coi genitori in carcere, alcolizzati o drogati; oppure vengono da famiglie molto povere. Sono bambini sistematicamente connessi con la situazione cruda che vivono; uno dei casi più eclatanti è quello di un bambino che, nel giro di tre mesi, ha avuto ammazzati in vendette di camorra tre zii, fratelli della madre. Naturalmente non è obbligatorio che se uno è orfano debba essere per forza disturbato, ci sono bambini che hanno i genitori poveri, o delinquenti, o in carcere, che si comportano in modo perfettamente normale: in classe ho due bambine il cui padre è stato arrestato 15 giorni fa, ma vengono a scuola regolarmente, hanno un carattere abbastanza allegro, abbiamo anche parlato, molto indirettamente, del1'arresto del padre. Ovviamente noi dobbiamo dire che queste sono situazioni a rischio, nel senso che il bambino che ha subìto questo trauma intanto si trova senza il genitore, in secondo luogo si troverà in difficoltà economiche, in terzo luogo si troverà coinvolto in certe reti criminali e via dicendo, quindi noi dobbiamo dire che, quando andranno alla scuola media, questi bambini saranno già svantaggiati, già a rischio. Basta, per esempio, il semplice fatto che altri ragazzi comincino a provocarli perché il loro genitore sta in carcere e si crea una catena di incidenti, esclusioni, emarginazioni, per cui questi che oggi sono bambini normalissimi. per certi versi brillanti, prendano una strada strana. Quale è stata la reazione dei bambini di fronte al tentativo di distruggere la scuola? E' stata la reazione migliore. Una bambina per la prima volta ha scritto nel compito che l'espressione che viene sempre usata, "Fatti i fatti tuoi", che è un invito omertoso, è giusta se ci sono due che litigano e tu intervieni prendendo le parti di uno senza conoscere i fatti, però, quando si tratta della scuola, sono fatti miei. Anche recentemente hanno fatto delle scenette in cui ci sta una persona che invita un'altra a farsi i fatti suoi e quell'altro dice "Sì, mi sto proprio facendo i fatti miei". Secondo me, siccome questa bambina è una delle due figlie dell'arrestato di cui parlavamo prima, non dicendo che l'espressione "Fatti i fatti tuoi "è sbagliata, ma cominciando a distinguere situazioni in cui può essere giusta ed altre in cui è senz'altro sbagliata, dimostra che siamo riusciti a creare quel che in gergo pedagogico si chiama "dissonanza cognitiva", cioè abbiamo fatto vedere che c'è contrasto tra un sapere precostituito e un'esperienza. Quel che abbiamo fatto è stato trasformare la rottura dei vetri in un'esperienza conoscitiva che è entrata in contrasto con le precedenti conoscenze e quindi i bambini si stanno interrogando sulla validità delle conoscenze precedenti. Insegnare nel le zone degradate non significa far la predica sui valori morali, civili, esistenziali, antifascisti, culturali, ma significa riuscire a scardi are del le conoscenze CO che affondano le radici nella carne della gente, non nei libri che hanno letto o non letto. La scuola deve essere un luogo dove si rifonda il contratto sociale, dove il contratto sociale viene rinegoziato; dobbiamo renderci degni dei bambini e non l'operazione inversa, cioè dobbiamo essere capaci di consegnare a questi bambini le regole della nostra civiltà, ma consegnargliele, non imporgliele, quindi abbiamo il dovere di ridiscuterle, di far finta che le stiamo inventando in quel momento. Allora la regola di convivenza che dice che non si rompono i vetri della scuola è valida sotto qualsiasi bandiera o civiltà, però va rifondata: questo è il risultato e io credo che attraverso i bambini il messaggio stia arrivando anche al le famiglie. Lavorare in queste situazioni, comunque, è veramente difficile. Quasi tutti i miei colleghi vivono sotto minaccia, nel senso che tutti sono stati minacciati di pestaggi o di subire attentati all'automobile, e anche se non sono stati minacciati direttamente, l'aura della minaccia c'è su tutta la scuola. Cito per tutti il fatto che persino il personale amministrativo, cioè persone la cui firma non compare assolutamente, temeva rappresaglie anche solo a spedire le cartoline per segnalare i bambini inadempienti. Sono tanti gli episodi che rinfocolano la minaccia. Per esempio, un bambino, quello che ha avuto gli zii ammazzati, è in una famiglia criminale e ha dei genitori molto anziani -pertre anni mi hanno addirittura fatto credere che quelli non erano i genitori, ma i nonni e lui chiama mamma la sorella maggiore. che tiene 20 anni di differenza da lui- e si è scatenato completamente quando la sorella, che lui chiama mamma, ha deciso di sposarsi edi trasferirsi a Ravenna. L'ho tolto due volte dalla finestra perché cercava di buttarsi giù, altre volte ha aggredito dei compagni con crisi violentissime, tutti i giorni si mette ali' esterno della balaustra delle scale per vedere se cade giù, insomma fa continuamente cose autolesioniste e aggressive. Una delle ultime volte è successa di nuovo una scena di violenza e l'ho immobilizzato (cosa che con lui non era mai stata necessaria perché ero sempre riuscito a convincerlo con le parole). a quel punto ha cominciato a insultare i compagni, questi hanno cominciato a reagire e io, per sedare questa crisi di rabbia, gli ho dato uno schiaffo. L'ho fatto in modo assolutamente freddo, senza eccessiva energia, e il bambino si è calmato, dopodiché i genitori hanno montato una canea su questa cosa. per quello schiaffo mi sono denunciato Siccome avevamo fatto una riunione nel collegio dei docenti in cui c'era persino stato chi aveva richiesto ufficialmente le pene corporali o le sospensioni, mentre in tanti avevamo ribadito che la cosa è assolutamente fuori discussione e che chiunque alzi le mani sui bambini va punito. ho fatto immediatamente un'autodenuncia: ci tengo che questa cosa dello schiaffo sia di pubblico dominio. Questo anche perché nelle famiglie, e qualche volta anche nella scuola, esiste la pratica diffusa non dello schiaffo occasionale. ma del pestaggio, che è tutta un· altra cosa e c'è una altrettanto diffusa omertà su questo, ma è una situazione che deve venire fuori perché non è una pratica accettabile. Chi vuole dare uno schiaffo a un bambino, cosa che io ho fatto, deve anche pagare un prezzo e secondo me è un prezzo che vale la pena pagare. lo ho portato immediatamente la mia denuncia al Tribunale dei minori perché intervenga a definire la questione e soprattutto per dare un segnale a tutti i miei colleghi, della scuola e non, che intraprendere una battaglia per l'accettazione della scuola da parte della comunità significa intraprendere una battaglia perché, innanzitutto, la scuola sia totalmente corretta negli atteggiamenti verso i bambini, perché li rispetti in modo profondo, perché il danno maggiore non è lo schiaffo, ma è il disprezzo, il distacco che ci sta. Questo è anche il senso del discorso che ho fatto a "Milanoltalia'', che era precedente all'episodio del bambino, cioè che questa non è una materia che possa riguardare il ministro o le istituzioni in quanto tali. ma è materia che riguarda il rapporto tra una comunità e l'educazione dei bambini. Di questo rapporto la scuola è una parte, ma non esaurisce il compito educativo. Quindi il mio atteggiamento è che si faccia venir fuori la difficoltà di fare opera educativa in queste situazioni, rispettando fino in fondo i diritti dei bambini. Credo che insegnare sia comunque difficile. Nel sud, poi, c'è un forte abbandono della scuola, una forte dispersione ... Il problema grosso è che questo mestiere non può essere assolutamente concepito come pura e semplice trasmissione di un sapere e di conoscenze, deve essere concepito come parte di un'attività educativa, che è una cosa difficile e complessa, soprattutto per quello che attiene l'integrale rispetto della personalità del bambino. Riguardo alla dispersione il problema è questo: l'estraneità antropologica fra la cultura dell'insegnante, della scuola, e la cultura della gente. Le persone di Barra sono persone che hanno una loro cultura e noi dobbiamo fare i conti con questa, cioè dobbiamo dire che la rottura dei vetri fa parte della cultura di Barra e noi dobbiamo assumerla, farla nostra; non dobbiamo accettarla, però dobbiamo partire dal vetro rotto per creare la dissonanza cognitiva non solo a Barra, al Pioltello di Milano, nelle borgate di Roma, Palermo, Catania, Cagliari, alle Vallette di Torino, ma anche nel migliore dei licei della migliore borghesia della migliore città. Lì non abbiamo più a che fare con la cultura del quartiere, ma con la cultura del ragazzo e da tutto quello che leggiamo sui giornali sappiamo che non c'è nessuna voglia di assumere la cultura del ragazzo, sentiamo soltanto prediche: ci dispiace che gli piaccia Ambra o Jovanotti o Fiorello e il Karaoke. ci dispiace che si rapino a zero, ci dispiace che facciano le svastiche, cioè tutto quello che fanno i giovani. Il problema non è quello di farcelo piacere. ma di capire che tulio questo fa parte della loro esperienza, quindi dobbiamo partire da lì, da dove sta il ragazzo e non da dove stiamo noi. Questo è il difficile, perché il problema non riguarda solo gli insegnanti, ma riguarda un intero popolo, direi che riguarda l'intera umanità: l'umanità si vuole occupare di se stessa nel senso più elementare del termine, nel senso di occuparsi dei bambini? Un altro dato su cui insisto è che noi siamo arrivati alla crescita zero della popolazione solo come risultato del benessere o anche come risultato di un crescente rifiuto di avere a che fare con l'infanzia? E' proprio vero che non si fanno figli perché ci sono pochi servizi? lo dico il contrario: non si fa un figlio per affidarlo ai servizi, si fa per affidarlo a se stessi, perché ci piace. Se questo è vero, ci vogliamo allora rendere conto che al la gente non piace avere a che fare con i bambini, con i giovani, e che non si capisce che ci stiamo a fare su questa terra se non ce ne fotte niente delle generazioni successive? L'altra cosa che volevo dire a proposito della dispersione è che dobbiamo smettere di avere atteggiamenti da benefattori, qui non ci sta nessuno che non voglia beneficiare qualcuno: i volontari, i ministri, i partiti, ognuno vuole fare qualche cosa di buono per gli altri, specialmente per i bambini. Questo non funziona, la cosa che bisogna dare ai bambini è "importanza": noi non dobbiamo fare delle cose per loro, ma fare in modo che il bambino faccia qualcosa pernoi. Oggi c'erano due bambini che stavano in giornata no e quando stanno in giornata no e io devo fare qualche faccenduola nella scuola se gli dico "Tu stai facendo il cattivo, allora ti porto con me in modo che non litighi con i compagni" il bambino s'incazza e fa peggio ancora, ma se io, facendo finta di niente, gli dico ·'Senti, siccome devo andare giù a fare delle fotocopie, non ce la faccio a portare la carta, mi puoi dare una mano?" iI bambino è contento. Allora oggi, siccome due stavano in giornata no, me li sono portati dietro a fare le cose. C'erano i bidelli che stavano trasportando delle sedie, allora ho proposto di portare le sedie e loro hanno urlato di gioia. La loro gioia era quella di fare una cosa utile, adesso sono ritornati a casa e avranno detto "ho trasportato le sedie", che non credo gli abbia fatto fare dei passi avanti dal punto di vista dell'istruzione, ma oggi non avrebbero combinato niente comunque, però gli ha dato molta soddisfazione. Una delle cose che ha sconvolto in senso positivo i bambini è stato che i primi giorni di scuola, quando non sapevano né leggere né scrivere, io prendevo appunti di quello che loro dicevano, mi hanno chiesto che cosa stavo scrivendo, "Quello che voi dite", "Ma perché?" "Perché è importante". Anche in questa vicenda dei vetri, delle minacce che ho ricevuto, l'unica consolazione l'ho avuta dai bambini e non in senso retorico, ma perché il modo attivo con cui hanno reagito a queste cose, il modo in cui hanno saputo consolarmi, io l'ho sentito. Se sappiamo capire che i bambini hanno qualcosa da darci, allora pure il bambino più degradato si accorge che sono contento di fare questo lavoro con lui. La cosa fondamentale è la reciprocità, se non c'è reciprocità niente funziona; l'amore o è reciproco o non c'è. la grande felicità di vedersi superare dal figlio Nella relazione educativa la questione è: tu sei disposto a imparare qualcosa da me se io imparo qualcosa da te, quindi il punto chiave della dispersione scolastica è assumere la realtà del bambino, la reciprocità nella relazione educativa. Senza queste due cose si possono fare tutti i progetti del mondo, ma falliscono uno dietro l'altro. Queste due cose sono insegnabili? La mia risposta è sì, e lo dico contro tutti quelli che sostengono che I'insegnamento è frutto di geniale artigianato, di vocazione. di passione. La cosa pazzesca è che un mestiere così difficile cominci senza apprendistato. Ogni mestiere prevede I' apprendistato: dal medico al pilota, dall'operaio ali' avvocato. Solo I' insegnamento non lo prevede. perché c'è l'equazione sapere, uguale saper insegnare. Che rapporto c'è fra le cose che

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