Una città - anno IV - n. 30 - marzo 1994

r, I J l i ! i J .. ! ' i ; B esati, nel suo senso letterale di "senza paese". Sono quei soggetti delle aree interne o delle aree deboli che avevano come riferimento minuto il maresciallo dei carabinieri, il prete, il farmacista, eccetera, ai quali è cambiato il mondo. I processi di omologazione, che sono stati estr~ mamente pervasivi, hanno fatto perdere loro la comunità di riferimento. Così hanno cominciato a riandare ai fondamenti e a reinventare la comunità lombarda che è una comunità che non è mai esistita. In secondo luogo, non c'è dubbio che, fra gli spaesati che votano Lega, c'è anche una parte di classe operaia. Non tutti, infatti, per reazione al la scomparsa della comunità operaia, hanno fatto prevalere il senso della nostalgia andando in Rifondazione Comunista. Molti hanno reinventato la comunità locale come punto di riferimento. Berlusconiha capito che il gioco è sugli interessi In terzo luogo, oltre agli spaesati composti da questi due soggetti deboli, c'è una parte che io chiamo stressati, che sono gli operatori delle piccole e medie imprese. Questi, di fronte ai grandi cambiamenti degli anni '80 che hanno significato soprattutto mondializzazione dell'economia,competizione, innovazione del ciclo per cui, per essere un imprenditore, non era più sufficiente l'auto-sfruttamento ed essere un buon lavoratore, un buon risparmiatore. Per essere un imprenditore bisognava avere anche conoscenze, innovazione di prodotti, innovazione di processo, marketing e competizione globale. Gli stressati sono questo tessuto intermedio della piccola e media impresa basata soprattutto sul ciclo della famiglia, il famoso sommerso del Censis, che non ce l'ha fatta e quindi si è incazzato e se l'è presa con lo stato imprenditore. Perché giustamente hanno detto "il primo problema non era la nostra incapacità di fare innovazione, sono state le tasse, perché ovviamente le tasse hanno bloccato il ciclo". Fin quando nella Lega c'erano spaesati e stressati era un movimento politico che andava al 10% di voti e aveva come parola d'ordine l'individuazione del nemico: essenzialmente il meridionale o l' immigrato. Se si pensa all'evoluzione della Lega la prima fase era "dagli all'immigrato, dagli al meridionale", perché erano individuati come i competitori che stanno sul tuo stesso terreno di scarsità. Il salto la Lega ha incominciato a farlo quando si è collegata a quello che io chiamo il motore immobile del benessere, che è il partito della rendita. Sono quei signori che in questi anni sono cresciuti con due operazioni: investendo in Bot e investendo in case, che erano fonti di rendita garantiti da extrafiscalità, al riparo dal rischio imprenditoriale. A un certo punto questi signori hanno capito che data la crisi fiscale dello stato questa rendita cominciava a venire meno. Ecco allora che la Lega nel momento in cui si collega con il partito della rendita, mentre prima era un movimento che stava nelle periferie -le aree deboli e le periferie sociali- ha cominciato a penetrare nelle città. Mail verosaltoqualitativoecheha suscitato un grande interrogativo sul suo futuro, la Lega lo fa quando agli spaesati, agli stressati, al motore immobile del benessere, si aggrega quella che si potrebbe chiamare la neoborghesia del competere. Perché il grande passaggio segnato dalla fine del fordismo ha significato essenzialmente che oggi come oggi si produce per competere, con un rapporto tra produttore e consumatore invertito: prima si produceva dando come automatica l'esistenza del consumatore, ora si produce in funzione del consumo, quindi si produce per competere per i mercati. Questo ha fatto sì che crescessero una serie di figure professionali, di lavoro autonomo, nuove: quelli che sanno fare marketing, quelli che sanno fare innovazione di processo dei prodotti, quelli che sanno fare comunicazione. l'impossibilitàdi inventarsi comunità simulanti Fra l'altro, in una società in cui la comunicazione sociale scompare, cresce il bisogno, quasi, di sacerdoti della comunicazione, che diano il senso dello spappolamento avvenuto, che diano le connessioni a gente che ormai vede solo segmenti. Non è un caso che siamo tutti lì a guardare Milano Italia, perché lì si vedono gli scazzi, i controscazzi, la guerra di tutti contro tutti ... In ogni città ci sono queste nuove figure professionali. E non pensiamo che siano figure di lavativi, di bastardi, anzi. E, fra l'altro, la maggior parte della sinistra si è riciclata lì. Questa neo borghesia del competere vuole essenzialmente, a questo punto, anche una modernizzazione, e qui è tutto da vedere come e dove si giocherà la cosa. Allora, facendo questi passaggi la Lega è cresciuta, ma è cresciuta essendo un partito contenitore. Quello che nessuno ha capito, se non Berlusconi, è che, o si fa la battaglia politica partendo dagli interessi e allora la Lega si spacca perché tra gli spaesati e i neo-competitivi ci sono interessi diametralmente opposti, che non puoi tenere assieme tutto questo rifacendo una democrazia cristiana dei tempi moderni. Tant'è vero che appena è sceso in campo Berlusconi, che certamente parla agli stressati e parla ai neocompetitivi, la Lega ha subito stemperato le sue dichiarazioni politiche, proprio perché Berlusconi e Forza Italia le fanno concorrenza sul terreno degli interessi. Quasi nessuno ha capito che bisogna tornare alla rappresentazione vera degli interessi e non star dentro a questa grande rappresentazione calda della politica in cui tutto è spettacolo. E la sinistra? lo vedo tre percorsi di ricostruzione di una sinistra. Il primo percorso è che bisogna cominciare a dire che in questa grande voglia di perirnetrazione e di ricerca di comunità l'altra cosa di cui io sono profondamente convinto è che lo spaesamento va assunto come categoria del moderno e non sarà possibile ritornare a invenzioni di comunità. Però in questo desiderio dell'essere in comune e di ricostruire la comunità c'è una prima discriminante fra chi ha un desiderio di comunità in un confronto con l'altro da sé e chi vuole solo confrontarsi con l'uguale a sé. lo credo che chi sta a sinistra è uno disponibile a confrontarsi con l'altro da sé, capisce che lo spaesamento significa il confronto con gli immigrati, il confronto con le diversità, non significa la riterritorializzazione perimetrata reinventando l'etnia, l 'appartenenza micro o andando a recuperare o a reinventare comunità simulanti. Questa è la prima discriminante. La seconda è quella tra comunità\ perimetrale che prendono l'altro da sé come nemico -i comitati dei cittadini rancorosi- e chi invece cerca di trovare una nuova forma di comunità in cui si costruiscono i comitati dei cittadini per una nuova partecipazione, per determinare le cose, anche qui territorialmente date, perché non è che vai più nel mondo, però per creare una nuova partecipazione ai problemi di sanità, ambiente, eccetera. Se tu li vedi da Funari, in questa grande spettacolarizzazione e rappresentazione del dolore, sembrano tutti uguali ma non è vero, ci sono comitati che vanno in una direzione e comitati che vanno nell'altra. chi vuol solo competere e chi ha un progetto di vita La terza discriminante riguarda il riposizionamento degli interessi rispetto al problema degli ultimi e al probl~ma del welfare. Attualmente si rischia di buttar via il bambino con l'acqua sporca perché è vero che noi avevamo l'assistenzialismo, lo scambio politico, le bustarelle eccetera, però si sta rischiando di buttar via, con questo, anche il welfare che è un sistema di protezione sociale. Il problema vero, semmai, sarebbe quello di cercare di recuperare un meccanismo di protezione sociale degli interessi degli ultimi che eviti la forma del ghetto. Quarto ed ultimo punto: le forme di spaccatura che avvengono dentro il lavoro autonomo. Tra chi vuole semplicemente un meccanismo di pura competizione e un lavoro autonomo che, venendo spesso anche da una cultura di sinistra, ha invece un progetto di vita e che si pone un problema di sol idari età, di cambiamento, di ridisegnare la propria città, di ridisegnare il proprio luogo, gli spazi. Ci si sta muovendo in questa direzione secondo te? Credo che ormai siamo dentro questo percorso di transizione. Quella dal partito di massa al partito di opinione è avvenuta, sta avvenendo la ridefinizione della collocazione degli interessi, sta emergendo una composizione sociale nuova, credo che a questo punto la cosa principale, per la ricostruzione di una sinistra, sia muoversi nei meccanismi di connessione sociale. Se tutto è orizzontale la sinistra deve ripartire da una politica come ars associandi, come capacità di associare e raggruppare. Se mi chiedi se questo problema sia al centro sul tavolo dei progressisti francamente non mi pare. Questo mi pare un raggruppamento ancora molto dentro alla categoria dell'autonomia del politico. lo privilegerei una categoria di prevalenza sociale. - ------------~ ABBONATEVI A UNA CITTA' ABBONAMENTO a 1 O numeri: 30000 lire. Sostenitore: 50000 lire. C. C. P. N. 12405478 intestato a Coop. Una Città a r.l. Redazione: p.za Dante 21, 47100 Forlì - Tel. e fax: 0543/21422. La redazione è aperta tutti i giorni, certamente dalle 17 alle 19. Una citrà si può trovare nelle librerie: a Bologna: "Feltrinelli", "Tempi moderni", e Libreria Delle Moline; a Cesena: "Dedalus", "Betrini" "Minerva"; a Faenza: "Moby Dick"; a Pesaro: "Pesaro Libri"; a Milano: nelle tre "Feltrinelli", alla "Utopia", alle librerie della Statale, "CUEM" di Via Festa del Perdono e "CUESP" di Via Conservatorio. eca~1no Bianco BERLUSCONI, CIOE' I.A DEMOCRAZIA E' ingenuo vedere in Berlusconi e nel suo gelatinoso movimento una minaccia per lademocrazia. Equesto non perché non si debba indulgere al catastrofismo -è veramente difficile, infatti, immaginare per il nostro futuro prossimo qualcosa di più disgustoso di una società plasmata sui valori propugnati dal cavaliere di Arcore e dai suoi seguaci-, ma per una ragione semplicissima, che spiega, al contempo, anche la probabilissima sconfitta della sinistra alle prossime elezioni. «Berlusconi» -nome-cifra del sospirato «nuovo» che ci attende al v_arco-è la democrazia, r)e è la sua compiuta ·manifestazione. No'nsi sobbalzi sulla s'èdia,denunciando la violazione sistematica della legalità, la manipolazione delle coscienze, il ricorso alle tecniche della disinformazione che caratterizzano la campagna elettorale del biscione. Non è certo la difesa di questi valori del liberalismo classico a qualificare il carattere profondamente «democratico» dell'esperimento berlusconiano, tant'è che questi ideali, non senza una certa ironia della storia, sono sbandierati proprio dallo schieramento awerso a quello che ama definirsi "liberal-democratico". Con Forza Italia si mira infatti all'essenza della democrazia, a ciò che fa di essa qualcosa di più di un sistema di astratte regole atte a garantire la libertà formale del cittadino, qualcosa che, invece di attardarsi in incomprensibili astrazioni (separazione dei poteri, autonomia del momento economico da quello politico, pluralità dei soggetti nell'informazione ecc.), parla direttamente al cuore dell'uomo-massa, lo seduce e lo incanta. La democrazia, con il karaoke e il linciaggio mediologico, si fa finalmente contenuto, dismettendo la sua arcaica, ottocentesca, veste formale e puramente metodologica. Non si deve eccedere nella sottovalutazione dell'intelligenza dell'elettore del biscione. Egli vede in modo sufficientemente chiaro ciò che gli awersari del cavaliere non si stancano di denunciare, ma col cuore sente che la posta in gioco è troppo importante -e direi troppo per lui gratificante- per essere sacrificata a questioni di dettaglio. E la libertà della coscienza, lo spirito critico, il rispetto delle forme, sono questioni di dettaglio quando la democrazia, appoggiandosi alla moderna tecnologia delle comunicazioni di massa, può finalmente dar corpo -un corpo immaginario senza sangue né lacrime- al proprio mito fondatore: la dittatura dell'opinione pubblica, l'universalizzazione dello spirito gregario, l'eliminazione, in ultima analisi, di qualsiasi gerarchia che abbia il proprio fondamento in qualcosa di diverso dal consenso rancoroso della maggioranza. La demagogia, infine. Un filosofo tedesco, assai contestato, lo aveva scritto più di sessant'anni fa: il mito della democrazia compiuta è il dominio dell'anonimo, del "si" impersonale, la sostituzione della·chiacchera universale aHaresponsabilità della parola. E, a ben guardare, se il tanto vituperato Berlusconi si sottrae al «confronto» per rintanarsi nel monologo vuoto e ossessivo, ciò accade perché ben sa che la sua parola, indipendentemente dal messaggio, è speculare al quotidiano mormorare del suo pubblico. E' questa sovranità immaginaria, questa possibilità di protagonismo offerta, senza canone, all'ultimo degli uomini -dopotutto basta rispondere ad un sondaggio o dire la propria opinione in una trasmissione televisiva-, e non la libertà, l'uguaglianza, la fraternità, a parlare al cuore dell'uomo-massa, di colui cioè che non è individuo se non nella idiosincrasia dei suoi inconfessabili vizi, ma che, quando pensa, pensa come «si pensa» e, soprattutto, si indigna come «ci si indigna». E' evidente che ben poco può fare contro tutto questo il semplice appello alla ragione. La sinistra legalitaria e liberale, illuministicamente, confida ancora nella maturità dell'elettore. Pensa umanisticamente al consenso come a qualCO$a,che si raggiµ_ngeal termine di un processo di formazione, nel diafogo e attraverso il dialogo. Se non alza la voce e si mostra béne educata è perché crede che sia l'evidenza a parlare per lei. Ma le evidenze della ragione franano sempre di fronte a ciò che è evidente al cuore, il quale, anche nel male, ha comunque una ragione in più. Rocco Ronchi I ILI CORRIERE ESPRESSO [IDX~© GROUP INTERNATIONAL FORLI' - P.zza del Lavoro, 30/31 - Tel. 0543/31363 - Fax 34858 RIMINI - Via Coriano 58 - Blocco 32/C - Gros Rimini Tel. 0541/392167 - Fax 392734 . . SERVIZIO NAZIONALE E INTERNAZIONALE 70 SEDI IN ITALIA Aut. Mln. n. 6/1758 del 2/10/93 UNA CITTA' 3

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==