Una città - anno IV - n. 30 - marzo 1994

di religione e altro I Il buddismo, una religione immune da fondamentalismi. Un "modello a rete" dell'universo. La distruzione, per noi insopportabile, dell'io. La stranezza dei processi di contaminazione culturale, spesso giudicati superficialmente. Intervista a Giangiorgio Pasqualotto. Giangiorgio Pasqualotto insegna Storia della filosofia e estetica all'Università di Padova. Sembra che, tanto in Europa che in America, ci sia una grande "voglia d'Oriente", qual è il significato di questa voglia? Capire il perché oggi molti si avvicinino al buddhismo è difficile, bisognerebbe andare a vedere quali sono le motivazioni e queste sono una diversa dall'altra. Anche parlando con coloro che si sono avvicinati a questa o quella scuola presente in Italia è difficile che emerga il perché: ci sono motivi palesi, manifesti, ma sono quelli meno importanti. Azzardando delle ipotesi su questo fenomeno, si può dire che il buddhismo ha un fascino che gli deriva dall'essere una visione del mondo basata sull'esperienza corporea, che, contemporaneamente, non trascura il mentale, lo psichico. Il buddhismo, anzi, è una delle forme di analisi psichica più profonde che siano state prodotte, almeno fino alla psicanalisi: questo mettere insieme l'attenzione ai livelli corporei, fisici, dell'esperienza quotidiana con l'analisi psicologica profonda, è una cosa che nel la tradizione occidentale non abbiamo quasi mai avuto. Questo è uno degli elementi che hanno determinato il successo del buddhismo. Poi ci sono anche elementi contingenti, come il fatto che in Occidente abbiamo prodotto una serie di teorie che ormai sono arrivate al fondo. la psiche col corpo, le menti e i corpi tra loro, eccetera La stessa psicoanalisi, per esempio, è arrivata in molti casi a dei vicoli ciechi e non è un caso che gran parte degli interessi verso il buddhismo provengano da studiosi di psicologia o psicoanalisi in cerca di nuova suggestione. Un'altra ipotesi che si può fare, e può essere anche abbastanza banale, riguarda la caduta delle ideologie e delle grandi tradizioni religiose occidentali. Queste sono state talmente implicate nelle vicende storiche e politiche da venire rovinate, contaminate, da queste vicende, per cui assistiamo, e assisteremo sempre di più, a un radicalizzarsi dei fondamentalismi che provengono da queste tradizioni e che mettono insieme religione, politica, storia. Ovviamente molti sentono disagio per questi fondamentalismi, che spesso conducono alla violenza; il buddhismo, almeno come appare modernamente, è del tutto immune dal virus mortale del fondamentalismo; anzi, in alcuni periodi storici questa mancanza di rrgore dogmatico è stato ciò che ha procurato grandi svantaggi al buddhisl)l_Ostesso. Un altro elemento che può attirare verso il buddhismo -anche se non è proprio solo di esso, ma è anche di altre religioni orientali come il taoismo- è l'interesse per i fatti, chiamiamoli così, della natura, per il pensiero ecologico, per il pensiero della interrelazione, per il modello a rete, per la visione olistica, per l'interdipendenza. Nei fondamenti del buddhismo, sia nelle versioni indiane che in quelle cinesi e giapponesi, c'è sempre questo sottolineare che tutto l'universo è interrelato, che la psiche è interrelata col corpo, le menti lo sono tra loro, i corpi tra loro, eccetera e anche questo si lega alla grande tematica della non violenza. Poi, a parte la crisi delle ideologie e i fondamentalismi, si è percepito anche che il problema non è tanto della bontà delle teorie o delle ideologie che vengono proclamate, ma dell'attitudine mentale, del modo, con cui ogni teoria viene applicata. Forse, cioè, ci si è accorti che non è tanto importante definirsi "di destra" o "di sinistra", ma vedere i soggetti, il loro funzionamento mentale, e anche i comportamenti che seguono le modificazioni mentali, che stanno alla base di chi si proclama di destra o di sinistra. Molto probabilmente, comunque, sotto a tutte queste motivazioni ce ne è una più radicale, cioè il fatto che il buddhismo invita a riflettere ed analizzare quello che una volta si chiamava il "fondo dell'anima", quel che è alla radice dei nostri comportamenti; qui l'elemento assolutamente originale -talmente originale da essere al limite dell' insopportabilità- del buddhismo è di decostruire, di scomporre, l'idea stessa di persona, di "io", di soggetto, come centro portante di tutto un nostro modo di essere, idea che non muta anche se visto da destra o da sinistra con una teoria altamente formalizzata. Analizzando la storia della cultura occidentale si trova che, a parte pochissimi esempi, al fondo c'è sempre la coltivazione . ::Tu!h dell'io, la costruzione quasi ossessiva della personalità; ancheJung e Freud, massimi studiosi del fondo dell'anima, tuttavia non rinunciano assolutamente a questa idea forte che viene messa in crisi dal buddhismo. Molto probabilmente chi pratica il buddhismo non sempre è consapevole di questo, però è questa la vera rivoluzione mentale che esso comporta. E' ipotizzabile che il buddhismo possa proporre degli elementi di superamento della cultura nichilistica occidentale? lo credo di sì, anche se devo anche dire che molto spesso secondo il senso comune ma anche per molti soggetti che si autoproclamano buddisti o che dimostrano di avere interesse per il buddhismo, si interpreta iIbuddhismo stesso come una forma di nichilismo perché appunto si dice che la distruzione del sé è il massimo del nichilismo. Ma è proprio qui che bisogna specificare che per il buddhismo il RELIGIONI DI FINE SECOLO In una recente presentazione televisiva del suo ultimo film, Bernardo Bertolucci rilevava, per sottolineare l'attualità del messaggio del Buddha, il grande cambiamento di valori in atto nella nostra società, che dalla ''trasgressività" è passata alla scoperta della "compassione". Veramente, con tutto quel che si sente dire proprio in questi giorni -qui da noi, nelle nostre città dove si fa violenza alle donne in pieno giorno, si ritorna ai pestaggi politici, si aggrediscono gli immigrati "perché sono violenti", per sorvolare poi sulle novità del gergo elettorale- non pare proprio che lo spirito della tolleranza buddista abbia fatto scuola nel nostro tempo. Al più, c'è estraneità e indifferenza; non proprio l'amorosa compassione verso il prossimo; ma "badare a se stessi" è più la lezione di don Abbondio che di Siddharta. "L'Europa è felice come un Buddha", intitolava un mese fa un Bos1ro ~uotidiano con la spiecata gentilezza che caratterizza la nostra stampa quando si tratta delle religioni degli altri popoli. A parte la mitezza e la tolleranza buddista, è comunque un fatto che, anche religiosamente, stiamo cambiando: pluralismo e scelta personale subentrano all'omogeneità e alla tradizione del passato. In Francia, i buddisti raggiungono il mezzo milione; anche qui da noi in Italia, ormai toccano i cinquantamila. Moda? Può essere; ma è più probabile che si tratti proprio del contrario della moda: una ricerca di autenticità umana e spirituale, a cui il nostro modello occidentale non ha offerto risposte adeguate. Certamente, in questo genere di fenomeni ci si infiltrano anche tanti motivi di superficialità; dalla religione ci si può aspettare igiene della vita fisica, una suggestione emotiva, o una tecnica antistress. Vero. Qualcuno ha già ricordato però "Guai a voi ipocriti, che ripulite il piatte dal moscerino ed ;:=t CO ingoiate il cammello". Non sarà che critichiamo facilmente, perché non vediamo il bisogno dell'uomo del nostro tempo? L'interesse religioso può essere segno dei tempi; l'apertura alle grandi religioni degli altri popoli come ricerca autentica di nuove dimensioni dell'uomo. Buddha ha qualcosa da dirci: ha parlato del dolore dell'esistenza, ha rivelato l'interiorità dell'uomo, ha praticato il silenzio e vissuto l'ascesi, ha insegnato la compassione universale per ogni senziente. Ha fatto gli uomini più buoni. Voce di uno che grida da un altro mondo. Del resto, già cinquant'anni fa, Romano Guardini, uno tra i migliori teologi cristiani, preannunciava che il vero confronto spirituale si sarebbe svolto tra Cristo e il Buddha: il Dio crocifisso o l'uomo che si libera dal dolore del mondo; l'annuncio della grazia di Dio o l'appello alla libertà dell'uomo; l'amore tragico per il prossimo o la riconciliazione interiore dello spirito. Due mondi religiosi diversissimi, eppure misticamente così vicini: un confronto fecondo. Non siamo preparati al dialogo religioso; ci intendiamo piuttosto di polemica. E nel vuoto, la gente si rifugia più facilmente nelle corpose sette apocalittiche dove trova moralismo e pessimismo, oppure nelle facili dolcezze della "new age", nella consolazione dell'Acquario. Fatichiamo a distinguere tra le grandi religioni della storia e le religiosità disperse dei tempi di crisi; tra i grandi, originali movimenti, ricchi di mistici e di pensiero e le deviazioni che ne sono derivate, come loro fenomeni parassiti; tra chi ha contribuito alle civiltà dell'uomo e chi si esclude dalla storia. Un motivo in più per conoscere e valorizzare islàm, buddismo ed ebraismo e per prevenire il suicidio del pensiero dei gruppuscoli religiosi. Sergio Sala nichilismo è, come dire, un'illusione, una forma di certezza che si basa sulla presunzione di sapere che qualcosa non c'è, oppure, in maniera molto più banale, che nessun valore vale la pena di essere posto, seguito, che non vi è nessuna consolazione, nessun fondamento. Di fronte a questo il buddhismo ha un aspetto "depurativo", nel senso che elimina le pretese di ogni fondamento, sia sostanzialistico che nichilistico, di ogni verità; ma, nel contempo, propone anche una via di costruzione che non è costruzione di nuovi modelli, di nuove ideologie, di nuovi valori e verità: è la proposta di una via di ricerca personale che si può costruire soltanto quando si sono azzerate tutte quelle precedenti. Quindi, c'è sì un aspetto distruttivo, ma ce n'è anche uno propositivo, solo che questo non è più inteso secondo vecchi modelli -cioè che distrutto un valore se ne costruisce un altro, di solito meta-individuale che sovrasta i singoli- ed è che ognuno deve farsi la propria strada, che è la cosa più difficile. Si può dire che il buddhismo ha anche troppo successo: probabilmente non si vedono le grandi difficoltà che in esso ci sono, soprattutto per noi che siamo sempre stati abituati ad avere maniglie forti, cioè valori, verità a cui aggrapparsi in ogni momento. Il buddhismo, invece, in tutte le scuole, in tutte le sue manifestazioni, comporta non solo la fatica di rinunciare a qualsiasi certezza, ma la capacità di costruire una certezza non fissata, non oggettiva, mai data una volta per sempre. Dio è morto, ma è morto anche il luogo di dio, quindi non è che al posto del dio cristiano o del dio laico della ragione possiamo mettere qualcos'altro magari Buddha: è morto proprio il luogo, non c'è più questo spazio. La questione è riuscire a vivere non solo senza il contenuto di questo luogo metafisico, ma anche senza il contenitore, senza questo al di là. Per questo, secondo me, il buddhismo è molto più difficile di qualsiasi altra via, tant'è che, storicamente, per riuscire ad accalappiare le simpatie di milioni di persone ha dovuto in qualche modo edulcorarsi. Nel canone buddhista per l'individuo che ricerca c'è spesso l'immagine del rinoceronte o del leone solitario: solitario non nel senso che è solo rispetto alla comunità, agli uomini, ma solitario rispetto ai valori, alle certezze. Per addolcire queste durezze della ricerca solitaria il buddhismo popolare, nelle sue versioni più devozionali, è pieno di riti, di immagini, basti pensare a quello più fantasioso che è il buddhismo tibetano pieno di immagini, di preghiere, di recitazioni, di colori ... Loro sanno benissimo che questi sono solo degli strumenti, lo ripetono continuamente, anche se poi molti si aggrappano solo a questi. Certamente nel buddhismo c'è un aspetto nichilista, nel senso però di una riduzione, non di un annientamento: uno degli elementi centrali del buddhismo è la meditazione e il cuore della meditazione è di fare il vuoto mentale, che significa togliere qualsiasi contenuto, sia psichico che teoretico o sentimentale, finché non rimane altro che la pura presenza mentale, cioè la mente presente a se stessa. Questa è la condizione per poter costruire qualcosa senza che questo qualcosa venga da fuori. "solo quello di cui riuscite a fare esperienza" C'è un famoso passo del canone buddhista in cui Buddha dice "Non accettate mai nulla per sentito dire o perché c'è un'autorità o un libro che lo dice, ma accettate solo quello che riuscite a fare per esperienza personale": questa, che sembra una strada molto semplice da seguire, è in realtà difficilissima, perché si fa fatica a vivere senza certezze precostituite. Nel buddhismo il nichilismo è, per così dire, la condizione di partenza necessaria: però non è il fine, perché il nichilismo finirebbe per essere qualcosa a cui attaccarsi, una certezza su cui riposare. Quella dello statuto del nichilismo è una vecchia questione della filosofia occidentale. Hegel, per esempio, dice che lo scettico ha il merito di essere un grande critico, che però ha un difetto logico: non è scettico nei confronti della sua capacità di porre indubbio tutto; quindi si autocontraddice. Quindi il nichilismo è autocontraddittorio, è credere che il nulla ci sia e sia fondamento; mentre bisogna che il nichilismo sia portato al di là di se stesso con le sue stesse mani; il buddhismo dice: guarda che anche il nulla è relativo e imperrnanente (anatra e anicca). In questo senso la via buddhista è ancor più radicale del nichilismo perché non permette di riposare su niente, né sul pieno né sul vuoto, né sul valore, né sulla negazione del valore. Non è che, nel pensiero occidentale, proprio questo andare oltre il nichilismo possa essere concepito come bisogno, volontà di salvezza? Dicevo prima della questione della mente ... In effetti, al di là di tutte le teorie e di tutte le ideologie, la vera crisi è quella delle motivazioni profonde che si ritrovano nella mente, e alla base di questo credo ci sia proprio la volontà di salvezza, il volersi salvare nonostante tutti i crolli che abbiamo subito, e quindi, visto che ormai abbiamo consumato tutto quel che c'era nel magazziCoop. Cento Fiori LAB. ART. fITOPREPARAZIONI Via Dragoni. 39 - Forfi Tel. 0543/401248 - Estratti idroalcolici in diluizione t: t O da pianta fresca spontanea o coltivata senza l'utilizzo di prodotti di sintesi. - Macerati di gemme. - Opercoli di piante singole e formulazioni con materia prima biologica o selezionata. - Produzioni su ordinazione u .s.. :.J. u

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