Una città - anno IV - n. 29 - gen.-feb. 1994

Privato può essere a11ribu10personale e cosa le: nel primo caso indica decisamente privazione; ad esempio persona privata dei suoi dirilli o dei suoi beni. Un bene privato è invece un bene da mc pienamente posseduto senni doverne rendere conto ad alcuno. Una persona che si presenti sul mercato come mero soggcllo giuridico di diri11idi proprietà. si chiama privato. e non è come si potrebbe credere ctimologicamcntc uno che ha perso tulio, è invece uno che si identi fica con la roba posseduta. Vista secondo questa etimologia la scuola è tuIladi privati: i più privati di 1u11siono gli studenti che infa11i sono privi di ogni diri110,e persino di una loro precisa identità e capacità di possesso; anche gli insegnanti sono dei privati, non rispondono a nessuno nè delle proprie conoscenze nè dei risultati del loro lavoro: sono privati nel senso di sollratti persino agli sguardi del pubblico come le camere padrona) i negli alberghi. Sono privati anche perché fanno lezioni private, in classe e a casa: in classe in genere parlano solo per i '·bravi'', quelli più simili a loro per cultura e condizione sociale. Acasa fanno lezione a pagamento a quegli stessi che falliscono in classe perché troppo diversi. Infine ci sono i presidi: questi per definizione sono privati di ogni responsabilità rispc110ai risultati: devono solo applicare le leggi e le norme dettate dalla burocrazia. Come si dice sono "autoreferenziali'', non rispondono se non ali' interno di un apparato burocratico. Ora 1u11qi uesti personaggi, in cerca d'autore, in cerca di qualcuno che ne assuma la paternità, si sono uniti tutti assieme contro un altro privato: il grande capitale nella sua rappresentazione confindustriale, che avrebbe concepito un disegno di demolizione della scuola statale. Può darsi, ma il fatto è che la scuola statale non è pubblica, e che idiversi privati che ci stanno dentro stanno facendo di tutto per demolirla con le loro stesse mani. Cosicché se la congiura c'è può anche risparmiarsi le spese di demolizione. Pubbliche virtù Dopo la lotta contro la privatizzazione i ragazzi che possono permetterselo andranno a lezione privata dagli insegnanti difensori della scuola pubblica contro l'invadenza del privato. 1disgraziati, come sempre, raccatteranno per strada qualche bandiera stracciata: per esempio quella del 36 garantito. Il professore -si fa per dire- ha dichiarato di essere di solidi e cristallini principi: o dentro o fuori. Se c'è lezione vengo, se c'è autogestione a scuola non metto piede. Tanto lo stipendio per questo mese di autogestione gli viene accrcdi lato direttamente in banca. Quando gli studenti hanno preso a registrare presenze ed assenze degli insegnanti hanno cominciato a ristabilire il giusto rapporto tra la struttura statale e l'effettiva erogazione di un servizio pubblico, i diritti degli utenti. Ma i maitrcs a penser erano distraili e non hanno colto l'importanza della cosa: oppure no, hanno capito fin troppo quando hanno visto tante "A" rosse accanto al proprio nome nel registro degli studenti. In alcuni istituti, utilizzando le ore di spacco gli insegnanti della scuola pubblica si recano ad insegnare a pagamento in istituti privati: qui comunicano agli elc11ipaganti alcuni dei ~egrcti dell'arte che categoricamente si rifiutano di rivelare ai propri studenti: le corporazioni si sa, fin dai tempi più antichi hanno punito quelli che tradivano i loro segreti. In molte scuole i ragaai hanno dipinto le pareti. eseguito riparazioni, fallo pulizie, raccogliendo soldi e cercando di impiegarli nel miglior modo possibile. Certamente questi ragazzi sono preparati a sedere in un consiglio di amministrazione. che deve fra 1·altro amministrare i fondi per la manutenzione. molto più elci professori e di troppi presidi che non sanno neppure quanto costa un barallolo di pittura. Ma i ragazzi non sanno clipotere essere buoni amministratori, così come i contadini non sanno quanto sia buono il formaggio con le pere pur mangiandolo. Forse è per questo che i signori non hanno mai voluto far accomodare i contadini alle loro tavole e presidi e docenti e studenti temono di sedere ad un unico tavolo per amministrare la scuola. Lezioni private Una delle cose migliori delle autogestioni sono le lezioni "ordinate agli insegnanti". Intanto -almeno in alcuni casi di cui ho saputo- gli argomenti erano di tipo molto generale ed esistenziale, ciel tipo "da dove veniamo ... ecc". Queste domande danno l'idea della ripresa di un discorso interrouo: sono domande che ancora si possono sentire nei primi anni delle elementari, ma che non si sentiranno più in seguito non perché hanno trovato risposta ma perché seppellite sotto una congerie di nozioni e inibite dalle convenzioni sociali. Ma anche quando non si tra11avadi domande così generali si 1ra11ava tuttavia di una richiesta riguardante il senso di una materia o di un programma. Ora ci si chiede se è poi una richiesta così arbitraria pretendere che gli insegnanti espongano in modo preventivo il loro programma e che forniscano lemotivazioni delle loro scelte, che diano agli studenti almeno un'idea della meta verso cui pretendono di dirigerli. La psicologia della cognizione sarebbe in grado di fornire valide argomentazioni a sostegno di questa scelta, ma prima ancora basterebbe un elementare rispello umano, un minimo di buona educazione per imporre un similecomportamento. Ma a scuola diri11iumani e senso civico sono solo un capitolo cli uno dei tanti manuali. Un dubbio: è pubblica la scuola in cui almeno in modo simbolico -gli studenti possono ordinare delle lezioni -nell'ambito, s'intende, dei programmi- oppure quella in cui ciascun insegnante è libero cli imporre ogni genere di sua fissazione, ogni genere cli sua idiosincrasia? E' pubblica la scuola in cui almeno ogni tanto gli studenti possano stabilire un confronto con dei veri esperti. persone che sperimentano sul campo signiticato cd utilità delle disc ipi ine, o una scuola in cui chi per ventura abbia occupato una ca11cdrasarà il cletcntorc assoluto del Verbo per alcuni decenni? Ci sono paesi e cittadine in cui un singolo insegnante ha lasciato un'impronta che dura decenni ancora dopo il pensionamento. E' possibile che il bene più universale esistente sulla faccia della terra, la cultura e la conoscenza. siano gestiti in modo così esclusivo e privato? Gennaro Esposito Tutta la sceÙll chevuoi Vialedell'Appennino1, 63 - Forlì 1anco TER BRUCIATA L'incapacità di riconoscere la droga come una malattia. La diffidenza verso l'uso dei farmaci e il valore taumaturgico attribuito al lavoro. L'irresponsabilità del "tanto peggio tanto meglio". Intervista a Mario Massarenti, del SERTdi Bologna. A che punto siamo? La 1ossicoclipcnclcnzaviene affro111a1ian base ad opinioni allarmate e allertate da 15-20 anni. Si è dunque abituati a confrontarsi da fa1.ioni spesso opposte. Riguardo allaprevenzione, ad esempio. è vero che si spende molto male, ma non è vero che si spende poco. anzi, si spende molto e si è visto come. Si è visto che la logica perversa che sta dietro agli appositi finanziamenti è la stessa logica che ha accompagnato la prevenzione sulI'Aids: investire nelle campagne pubblicitarie. Una prevenzione per slogan e spot, che non morde. che non cambia il clima di rigc110del tossicomane. e non cambia neanche la scarsa conoscenza sulla tossicodipendenza stessa. Di conseguenza, abbiamo una ricaduta anche a livello di reinserime1110, perché si fanno molti progelli, si scrivono programmi collellivi cli reintegrazione del 1ossicodipcnclen1enel tessuto sociale, ma non si riesce ad integrarne nemmeno uno. La sensibilità sul problema è ancora insufficiente: c'è chi si limita a dire che i tossicodipendenti hanno dei problemi; qualcun altro, invece, che bisogna mellerli in galera; altri, che bisogna licenziarli. Solo termini ideologici, dunque. Non si capisce che è anche una malallia. Così, si spende poco e male anche per le cure. Cosa pensa dei progetti nati per affrontare sul posto di lavoro la dipendenza dalla droga seguendo i tossicomani inseriti nella produzione? Mi colpisce che si dica che sono state ottenute nuove nonne clitutela, quando si arriva ad un inserimento che non va al di là di qualche mese di sperimentazione-formazione. Pochissimi accettano. Ed il rifiuto è doppio: del datore di lavoro, ma anche degli stessi operai. Chi si cura ha bisogno di un margine maggiore sul lavoro. Deve frequentare l'ambulatorio, con un crescente aumento delle visite mediche, dei colloqui e dei relativi permessi: cose che portano ad individuarlo come tossicodipendente, con la conseguente diffidenza, con accuse che portando ad un processo graduale di espulsione. Se il tossicodipendente ha diritto a cure, dovrebbe avere diritto anche ali' immunità. E in questo senso c'è da lavorare ancora molto. Ma non certo sposando la tesi clidon Oreste Bcnzi, che ci riporterebbe indietro di anni. Tesi che. come abbiamo constatato, spinge uno su dieci a curarsi. mentre ne abbandona nove al proprio destino. E non è assolutamente dello che il lavoro abbia comunque un valore educai ivo. C'è gente drogata di lavoro. Per i 1ossicoclipcndcn1i.come per le persone normali. il problema è trovare la ~odclisfazionc di ~é;quel piacere che va al cli là delle gra1ifica1.ioni economiche. Sonoconvintochc il lavoro sia importante. ma non un progcllo cs~cnziale. I tossicodipcnclcnti. in realtà, sono molto divcr- ~i gli uni dagli altri. Ci sono tossici che, per loro storia, hanno come ragione la difficoltù a trovarc comunque la soddisfazione, il piacere. Dirfìcollà a volte nevrotica, a volte depressiva. Altri, quelli più esposti alle sostanze, rischiano di trovare in esse il piacere che non arriva facendo cose soddisfacenti. Quindi si costituiscono delle forme di tossicodipendenza striscianti, di lungo periodo, che sono spesso compatibili con il lavoro. La logica di molti sembra essere quella della "terra bruciata". Finché il tossicodipendente non tocca il fondo non ne verrà fuori. Il tossicodipendente è affello da una mala11iacronica, difficile da condividere con la società. La vergogna, il rischio di reato, le leggi, lo espongono come un caso particolare. Dovrebbero valere i discorsi che si fanno sui soggelli nevrotici, così diffusi. Cioè: perché egli non può, per certi periodi, compatibili con il lavoro, andare a curarsi per vedere se riesce a risolvere il blocco della propria soddisfazione? Molti tossicodipendenti che sono già stati in comunità 2-3 volte, si sono sposati, hanno figli e sono anche ricaduti, inmaniera strisciante, nella sostanza: a questo punto, cosa gli servono i soldi? Per vivere, come a tulli. La terra bruciata li esporrebbe solo al ricallo di una società espulsi va, che Ii maltratta o li consegna allo spacciatore. Dovrebbero, invece, individuare laboratori di riferimento per evitare di passare dal "buco di tanto in tanto" al.fallo di diventare schiavi della sostanza. In questo senso, oltre alla psicoterapia, ai colloqui e così via, la terapia più sensata può essere l'utilizzazione dei farmaci. Farmaci antagonisti e di lungo periodo come l'antaxone, che rende improbabile il desiderio di bucarsi. Il metadone, anch ·esso farmaco di lungo periodo impiegato in una terapia a scalare lentissima, che è una sorta di mantenimento clinico. Chi saprà liberarsi dalla sostanza, avrà a disposizione questo farmaco, per il quale non esiste nessuna tossicofilia. I tossicodipendenti cercano il metadone per riposarsi dal l'eroina. E' quindi un farmaco saggio, e valorizzato in ambito scientifico come la terapia più sensata, non come una droga di stato. ·'Mantenimento" è un termine cinico. In un continuo processo evolutivo, si rinettc e si può anche decidere di guarire. Se la psicoterapia di una nevrosi si prolunga per anni, non si capisce perché per la tossicodipendenza non si debba mellere un ombrello farmacologico nel tempo, masi debba forzare il tossicodipendente a liberarsi totalmente da qualsiasi sostanza. Stranamente, l'ideologia anti-farmaco non la si ritrova nell'utilizzo del Tavor, o nell'abuso sociale cli1a111ailtri farmaci. Un uso sensato, razionale. seguito dal medico, non è una droga. Il tossicodipendente sa. come lo sa il medico che gli somministra un farmaco, che si traila di una mala11iain corso, di una realtà eia superare. In realtà non si vuole riconoscere la tossicodipendenza come una mala11ia,sociale. ma sempremala11ia.Unavvelenamento che porta a modificazioni durevoli del ~istema nervoso che vanno affrontate tecnicamente e scienti (icamcntc. non moralisticamente o idcoloDIFFUSIONE SPECIALISTA RTICOLIDABAMBINO CENTROCOMMERCIALE«ILGIGANTE» BABYCROSS · GIGANTE ViaCampodeiFiori47100ForlìTel.0543/721023Fax0543/724797 BABYCROSS · RIMINI ViaNuovaCirconvallazion2e1, 47037Rimin(iFO)Tel.0543/777552 gicamcntc. Alcuni anni fa, non si era creato parallelamente alla somministrazione legale del farmaco, un mercato nero del metadone? Se un servizio è ben organizzato, gira poco metadone. E anche quel poco non è, mediamente, un grande problema. E' eroina in meno che si fa il tossicodipendente incallito. Il metadone ha molti vantaggi rispello all'eroina, dal punto clivista igienico, della delinquenza, perché viene preso per bocca, perché non sballa. Il dosaggio medio (40 milligrammi), un tossicodipendente da strada lo sente appena. Sicuramente non gli toglie la voglia di eroina. lnfalli nei primi giorni di somministrazione, la voglia resta, perché non copre quei centri cerebrali che hanno bisogno della sostanza, che sono le zone del piacere. 11metadone non arriva a dare quella spinta che necessita a queste cellule per essere stimolate. Quindi, secondo me, il metadone è stato demonizzato in maniera veramente indegna. Esi pensi che farmaci come iIdarkene e il roipnol, per esempio, che sono ipnotici, vengono venduti come sonniferi. E dato che interferiscono con gli stessi centri in cui interferisce l'eroina, molti giovani tendono a prendere roipnol in grandi quantità, e con ricelle mediche. Con l'uso di questi farmaci, affiora l'area cielpiacere, come con l'eroina, in più si ha uno stato di agitazione, di euforia, di distruzione, di cleptomania, di cui poi nessuno si ricorda. Su queste esperienze, comuni a coloro che si occupano di tossicodipendenze, non si è sentita volare una mosca, non si è demonizzato, eppure costituiscono la quintessenza della delinquenza, anche medica. Un medico non può dare un farmaco senza pensare e capire a cosa serva. Non si possono mettere persone impreparate, non integrate in un processo di cura, in condizione di usare un farmaco in modo sbagliato. Certo, non è serio neanche dare il metadone nei parchi, nei luoghi di ritrovo dei tossici, anche se l'intenzione è di istaurare un rapporto e, eventualmente, dare un servizio: se l'intenzione fosse veramente questa, andrebbe usato come farmaco, non come droga. Altrimenti si è alla follia. Una follia che però non è di coloro che hanno scel10iImetadone come farmaco, ma di quelli che, nell'ignoranza, l'hanno usato come aggancio, come seduzione. Non è compito del medico sedurre, beq~ì proporre un rapporto terapeutico. Perché, ad esempio, l'eroina non può essere terapeutica? Perché -ha una rapidità tale per cui prima altera sopra le righe. portando ad uno stato euforico. dopodiché, rapidamente, si passa ad una fase sotto le righe. quando la persona comincia a sentirsi a disagio perché non riesce a stare integrata con la propria esistenza. Il tossicomane è vincolato ali' eroina perché, per conservare quello stato medio, non fa altro che passare in continuazione da sopra le righe a sollo le righe. Così, l'eroina riesce a servire solo da droga, non da margine terapeutico. Alcuni farmaci, come il metadone nel nostro caso, hanno la proprietà di pcrme11ereore consecutive in cui si riesce a riprendere contatto con la realtà, ad essere non troppo euforici, non troppo depressi. A questo punto della terapia cliventa necessario trovare iI lavoro per riuscire ad integrarsi. Anche le famiglie hanno l'atteggiamento di dire: '' se non cc la fa stavolta, con noi ha chiuso." E' I' effe110della terra bruciata. Ma anche di un 'impostazione che mette poco l'accento sulla cura cliuna patologia, di una ~offcren1.a insita nella ~ocicti1,che può capitare a chi è più esposto e che non dovrebbe essere colpevoliuata. La concezione stessa di malattia sociale data a suo tempo alla tubercolosi, portò all'aumento dei sistemi di cura, a ridurre il senso di impotenza, di vergogna e cli colpa che anche le famiglie, con l'interessato, erano condannate a vivere. Una situazione che melle l'accento sulla colpa, sulla vergogna, sulla violenza, finisce per criminalizzare, per colpevolizzare le famiglie. Famiglie che spesso hanno fallo degli errori, ma che, dopo aver già dato tanto, è comprensibile che non ce la facciano più. Soprallutto se vengono male aiutate. Alcuni operatori sostengono che se anche la famiglia obbliga a fare una scelta fra l'eroina e loro, la salvezza del figlio tossicodipendente è più vicina? No, assolutamente! E' una ideologia da caccia alle streghe. Capisco una famiglia costretta a scegliere questi a11eggiamenti, ma che diventi una ricella non sono d'accordo. Anzi, è un messaggio pericolosissimo, perché quando ti ho cacciato nelle strade non è vero che la comunità poi ti prende nel giro di 15 giorni. Chi ti prende subito è il giro dello spaccio. Questo significa consegnarti alla delinquenza. E' un messaggio folle, forse nemmeno in buona fede. Così come è una follia la teoria del licenziamento, è una assurdità che porta ali' opposto dell'integrazione. Il tossicodipendente è marchiato e, dato che la tossicodipendenza può ricomparire anche dopo 5 anni, si capisce come la malfidenza, il rigetto e il trallamento morale, quando verrà riassunto, gli diventerà insopportabile. Questa non è solidarietà. Non si dice: "V ai dal medico.", come per una qualsiasi malattia. Si dice, invece: "Stai male? Per il tuo bene, ti facciamo intorno terra bruciata". E' una logica veramente diabolica. Inoltre, la tossicodipendenza è associata ali' Aids. Cosa succede, allora, ad un tossicodipendente sieropositivo che perde lo strt'lmento economico? Lo si consegna a una famiglia che vuole buttarlo fuori di casa? Anche nelle comunità, il lavoro, finché ce l'hai, è una grande risorsa, ma non si può dire che sia l'unica forma di liberazione. E' forse civiltà mandare chi si sta ammalando a lavorare coricato, come succede adesso? C'è chi non deve dire che è sieropositivo, oppure firmare che appena avrà dei guai si Iicenzierà. Vengono cacciati da tutte le pani, incoraggiati al suicidio. Gli è stata negata ogni assistenza, anche i sussidi che si danno ingravi casi psichiatrici. Non è previsto come debbano sopravvivere. Allora si uccidono. Oppure si arrangiano. lo non mi sento di dire che se uno per mangiare va a rubare è più immorale di una società che dice che non gliene frega niente del suo mangiare. L·immoralità è della società che, identificato il colpevole, gli geua addosso una condanna a morte. La nostra, è una società ciell'abbandono. del la repressione. del magma di diseredati, e la tossicodipendenza ne è lo specchio più evidente. C'è la possibilità di coinvolgere direttamente gli ex-tossicodipendenti in gruppi di lavoro finalizzati al reinserimento e? Rispetto alla partecipazione civica del tossicodipendente, ali' utilizzo di questi fondi, sarebbe giusto favorire i gruppi di auto-aiuto, l'utilizzo diretto da parte del cittadino in difficoltà dei fondi a disposizione. Ma il tos ico parla poco, perché condannato alla vergogna. Allora, prima bisogna me11erc in discussione questo, poi bisogna rendersi conto che i tossicodipendenti fanno fatica ad organizzarsi. Lo si è visto con I' Aids. Mentre gli omoscssual i,per una loro percorso. sono riusciti ad auto-rappresentarsi, i tossicodipendenti no, sono quasi allo sbando. Nella nostra associazione di tossicodipendenti la difficoltà maggiore riguarda proprio la capacità di gestione del denaro . • UNA CITTA' 7

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